RECENSIONI
UNO SCRIGNO con 99 RACCONTI
A cura di Antonino Leotta
Ho letto “LO SCRIGNO DEL MAESTRO” i 99 racconti Zen-Siculi di ITALO SPADA. Mi ha inviato lui stesso quel volumetto perché ha sentito fortemente una spinta a farlo: siamo cresciuti insieme a pochi metri di distanza nella stessa terra, nello stesso “Quartiere dei Morti”. Abbiamo condiviso l’esperienza dell’ascolto del racconto quando non c’era la TV e le serate d’inverno si passavano vicino al braciere in una stanza semibuia.
Io sono rimasto nella terra impastata di millenni di ricordi con il lievito di tante civiltà diverse. Lui è partito. Ma è sempre qui. Accanto a quel braciere. A sentire ancora quelle “voci”.
E le ha già trascritte quelle “voci” nella raccolta di poesie “Le voci smarrite”. E le trascrive ancora in ogni occasione di scrittura creativa o di momenti in cui si ritrova a relazionare, a tenere conferenze o lezioni, a conversare con addetti ai lavori o con gente comune.
Mi è capitato moltissime volte -e mi capita ancora adesso- di ritrovarmi, durante le ore della notte, immerso in sogni meravigliosi che mi riportano nei luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza. Vivo momenti magici accanto a compagni ed amici e rifacciamo gli stessi giochi e abbiamo una gran voglia di ascoltare gli stessi racconti.
Confesso che si tratta di una singolare bramosia di rivivere spensieratezze, gioie, impegni… tentando di riportare ambienti, climi, stili di vita, sensazioni, emozioni, stati d’animo nell’assurda realtà di oggi, dove i ritmi ci travolgono, le vicende ci spersonalizzano, le relazioni umane neppure affiorano perché vengono sconvolte e sommerse da altri interessi di utilità più immediata ma completamente privi di ogni calore, di ogni palpito.
Credo che questo stesso itinerario abbia spinto Italo a mettere insieme una raccolta di racconti per trascrivere quello che gli passa nell’intimo più che nel pensiero.
Rileggo ancora più volte quel suggestivo e ampio panorama di racconti per sognare, stavolta, a occhi aperti, al di fuori del sonno della notte. E ci riesco con molta facilità, con tanta intensità e con tanto interesse. Con una nostalgia che ritempra, che aiuta a riprendere messaggi pregnanti che rimettono le ali all’esistenza facendo riscoprire l’essenza della vita. Li riassumo i miei sentimenti riportando una immagine che Italo ha trascritto precedentemente in una lirica di “Voci smarrite”:
… nutrire il presente
come fossero olive di Bronte e vastedda di pane
cipolla, tumazzo e vino di Fleri.
E’ meraviglioso tentare di lanciare nell’orgia del presente messaggi che partono da un tempo ma non hanno tempo perché appartengono alla storia di ogni persona umana. Che ha sempre bisogno di alimentarsi di beni e valori che sgorgano dalla natura, dai luoghi, dai rapporti di un’esistenza con le realtà, con le espressioni di altre esistenze, con lo svolgersi degli eventi. Perché, purtroppo, la persona umana sta paurosamente svuotandosi anche di emozioni e sentimenti. Di relazioni arricchenti con altre persone, con luoghi e ambienti.
Con questa raccolta di racconti ne “Lo scrigno del maestro”, Italo lancia ancora quel messaggio di educarci a tenere in vita dei racconti. Anzitutto, cercandoli “come un orfano cerca ossa paterne tra le croci divelte di un cimitero sterrato”. Poi, ascoltandoli come un bambino interessato. E, infine, trasmettendoli in un racconto che parte dal cuore. Con la generosità di chi intuisce la preziosità della vita.
Aggiungo che ogni racconto di Italo lo leggi d’un fiato perché devi trattenere il respiro sino al momento della conclusione. I racconti spaziano da un argomento all’altro ma permane una caratteristica: la scena o la parola finale appartengono ad ogni tempo e ad ogni luogo. E ad ogni animo. E partono dalla saggezza antica di donna Mimma, la vecchia che “dopo avere deposto nella cioccolattiera l’ago, il filo e il ditale, iniziava con il suo solito ”C’era una volta”.
Mi piace riportare il pensiero di Honoré de Balzac che apre “Lo scrigno del Maestro”: “Se vuoi essere universale, parla del tuo paese”.
Voglio concludere con un racconto scelto tra i 99 dal titolo “La lacrima”. So che in quella paginetta c’è molto più di quelle righe. C’è un lungo vissuto di Italo:
“Solo quando il professore decise di mettere un po’ di ordine tra le sue carte, saltò fuori quello che inutilmente aveva cercato da anni: il più bel tema che gli era capitato di leggere. L’aveva svolto Natale quando, ormai uomo maturo, aveva deciso di sostenere da privato gli esami di licenza media.
Si stava avvicinando la ricorrenza dei defunti e la traccia prevedeva di ricordare i propri cari. Natale era riuscito a scrivere soltanto “Oggi il mio pensiero va ai miei genitori che non ci sono più”. Poi si era bloccato. Ai margini del foglio, quasi a volere giustificare l’improvvisa interruzione, c’era una macchia evidenziata con una freccia e con la scritta “lacrima”.
Natale non seppe mai quante frasi erano contenute in quella lacrima”.
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