Itinerari dello spirito
A cura di Nino Leotta
I testi biblici attribuiscono a Dio la “santità”: “Santo è il Signore. Dio dell’universo”. Perché Egli è al di sopra di ogni creatura. Che dovrebbe riconoscere la sua potenza e riservare a Lui lode, gloria e onore. I Salmi 95-98 sciolgono inni alla sua persona con espressioni che, nel loro insieme, riassumono i vari aspetti della sua “santità”. Riporto solo due versetti del salmo 95 : “Grande è il Signore e degno di ogni lode” e “Date al Signore, famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza”.
La storia -fino a quella che stiamo costruendo ai giorni nostri- ci dimostra che l’umanità tende a procurarsi potenza e gloria a dispetto di Dio. O, perfino, nel suo nome. Facendo leva -più che sui propri talenti e sulle proprie capacità- sulle proprie possibilità di violenza. Di prepotenza. Di malvagità. Di presunzione. E usa le proprie doti per raggiungere dominio sugli altri e possesso di beni materiali. Escludendo alleanze e prediligendo sfruttamenti e prevaricazioni.
Ma il Signore non è geloso dei suoi “beni”. Ce lo ha dimostrato ampiamente. E’ venuto in mezzo a noi anche per farci partecipi della sua “santità”. E dividerla con noi. Ci ha chiamati “beati” (Mt..5, 1-11) – cioè santi – quando ci presentiamo “poveri in spirito, “afflitti”, “miti”, “affamati e assetati di giustizia”, “misericordiosi”, “puri di cuore”, “operatori di pace”, “perseguitati a causa della giustizia”, “oltraggiati e falsamente accusati”. La vittoria sulla morte, la sua “resurrezione” è la sublimazione dell’umanità. La luce dell’alba della “Pasqua”, infatti, si è riversata sull’umanità. E ogni persona umana deve diventare “luce”. Deve uscire dalle tenebre della morte e, innalzandosi, deve fare luce a tutti quelli che stanno nella casa di questo mondo. E’ meravigliosa la nostra missione.
Quando, ragazzino, mi recavo, nel giorno della Pasqua, a porgere gli auguri ai miei nonni paterni, baciavo le loro mani. Erano come i rappresentanti di Dio Padre e Santo. Erano gli autori della trasmissione della vita. Erano il simbolo del lavoro dell’uomo che procurava il cibo, la serenità della vita e il futuro. I nonni mi ponevano le mani sul capo e ripetevano: “Sàntu, fìgghiu, sàntu”. La “Santità” di Dio scendeva sulla mia persona, mi accompagnava nel quotidiano, riempiva i giorni della mia esistenza.
Dopo la Pasqua, l’uomo è “Santo”. Diventa come Dio: dio dell’universo. I cieli e la terra possono godere della gloria senza fine. A condizione che non lasciamo un Dio morto dentro il sepolcro del nostro egoismo. Perché Egli non disturba i nostri programmi. Intende, piuttosto, aiutarci a realizzare una pienezza di vita, una “santità” per ogni uomo che vive sulla faccia della terra. Sia esso occidentale o orientale. Europeo o africano. Dirigente o operaio. Esodato o disoccupato. Normale o diverso.
Nel nuovo giorno che appare e sembra procurarci ombre, miserie, incertezze e drammi, splenda una Pasqua “SANTA”. Che ci renda tutti partecipi della santità di Dio. Che ci vuole vincitori di ogni morte.
Una “Santa Pasqua” a tutti.
(In allegato, Paolo Vasta, La gloria del risorto: “Gesù versa dal costato acqua e sangue”. Affresco in S,Maria del Suffragio, Acireale)
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