Recensioni ed Eventi / Arte – Nuove Edizioni Bohémien – Aprile 2014
A cura di Simona Ippolito
E’ stata inaugurata lo scorso 5 Aprile 2014 la mostra fotografica dal titolo Barbieri di Sicilia, presso il Palazzo della Cultura di Catania con il Patrocinio del Comune ed in collaborazione con “Le stanze di Bacco” che hanno dato l’opportunità di accompagnare la visita con l’assaggio di vini naturali ed altri prodotti biologici.
Le foto in bianco e nero dell’artista Armando Rotoletti sono a dir poco suggestive, egli con una scansione temporale della Sicilia d’altri tempi ha proposto uno spaccato di vita quotidiana, con la capacità di suscitare grandi emozioni e ritemprare ricordi dell’entroterra siculo. Le sue foto illustrano gli arnesi, i prodotti, gli specchi, gli ambienti di quei luoghi che per generazioni hanno fatto parte delle abitudini di numerose famiglie sicule, con una forte tradizione, come del resto avviene tutt’oggi, nel tramandare di padre in figlio il proprio” Barbiere di fiducia” un detentore di informazioni, un mentore, un prete laico, uno psicologo, un uomo dal potere straordinario per chiunque frequentava il salone, al quale ciascuno era legato amichevolmente come da una sorta di contratto tacito. Si racconta infatti tra le storie esposte in sala di come gli uomini contassero su questa figura e in questi luoghi di ritrovo, tanto da considerane un tradimento la loro chiusura se u mastru trovava un miglior posto di lavoro, un silente rapporto di stima che richiede rispetto del rapporto tra il barbiere e i suoi clienti.
Rotoletti ha focalizzato l’attenzione sui volti delle persone di ogni età che circondati da ambienti spesso molto umili e trasandati, dotati del minimo di igiene e cura estetica, venivano frequentati in maniera ciclica. Luoghi intrisi di valore che Rotoletti definisce piazze coperte, occasioni d’incontro in cui riflettere sui temi più disparati con la libertà di esprimere la propria opinione nella maniera più libera e sincera. Un’agorà particolare, quella fotografata, in cui ciascuno poteva esercitare la propria performance condividendo con tutti la propria idea mosso da una libertà che gli era indotta dall’ordinarietà dell’abitudine, dalle foto osé spesso affiancate ad immagini sacre che davano adito al cliente di liberarsi di ogni maschera e di sentirsi legittimato nel parlare con la libertà di un infante. In questa visione adornata di sacro e profano, il barbiere rappresenta oltre che un amico-fratello, uno psicologo che mettendo l’uomo davanti al grande specchio per la successiva rasatura o il taglio di capelli lo induce ad aprire la sua anima ad auto analizzarsi in quella che egli definisce una sorta di bolla di decompressione che rende il tutto naturale. Momenti di puro ristoro psichico oltre che estetico i quali garantivano un ritorno dalle proprie donne rimessi in sesto dentro e fuori in un connubio tra arte meticolosa e fantasia ludica. Il divertimento infatti era spesso oggetto di questi incontri che venivano talvolta ornati da performance musicali per mano dello stesso barbiere-musicante, del suo garzone o dei clienti in attesa attrezzati di chitarre, mandolini e strumenti di ogni tipo.
Con ammirazione Rotoletti pone un parallelismo ben eloquente, la sala da barba rappresentava l’antico social network in cui ogni persona ha la possibilità di mettersi in mostra a tutto tondo con le proprie immagini, gusti, opinioni, dibattiti identificandosi con i grandi personaggi a volte oggetto delle conversazioni ed incontrandosi con se stessi e col loro ideale di vita.
Ma questa è solo la parte animata di quel luogo dove barbieri che si reinventavano paramedici, esercitavano anche operazioni di microchirurgia, dietro dovuta licenza, le quali secondo l’opinione contadina comune erano più sicure per mano fidata che se eseguite da un vero chirurgo. Insieme a questa attività il barbiere poteva realizzare piccole misture che sarebbero servite a curare alcuni problemi dopo l’intervento di “bassa chirurgia” od altri problemi di salute, questa era infatti una delle attività che rientrava nell’alea del mestiere ed a cui spesso si dedicavano giorni specifici. L’arte del barbiere veniva esercitata spesso in studi ma nei periodi caldi anche all’aperto, senza privazione di alcun comfort né delle caratteristiche tipiche del mestiere, il mastru spesso col suo carusu era sempre pronto a mescolare la schiuma ed a disinfettare con acqua di colonia il viso triste, gioioso, riflessivo, rilassato di qualunque uomo, talvolta ciò avveniva anche privatamente, presso il domicilio dei clienti, da parte di barbieri spesso provenienti dal paese vicino e solo in queste occasioni anche le donne potevano essere presenti al “rito”, quel “rito” che per i giovani uomini segnava il passaggio dall’età fanciullesca a quella adulta.
Al tempo non si pensava tale attività, dopo decenni, potesse assumere lo stesso ruolo anche nel mondo femminile, il quale si rifugia, per lasciarsi coccolare, in un’atmosfera più futurista se guardata con gli occhi dell’epoca, in cui la musica spesso sovrasta la conversazione, i colori sono scelti meticolosamente in quanto il mercato pretende di rendere quel luogo quello che naturalmente era un tempo attraverso le sue regole di marketing aggressivo.
Rotoletti, la cui mostra è possibile visitare fino al 27 Aprile c.a. ha deciso sapientemente di realizzare una mostra accessoriata, per chi lo desidera, da audioguida e nel quale è possibile sfogliare le pagine della sua raccolta di foto di cui ha messo a disposizione un album per l’acquisto. Ha inoltre scelto di accompagnare le foto da molti aneddoti scritti e storie di tradizioni siciliane che hanno reso ancor più fluida la conoscenza che inevitabilmente una mostra dona al suo visitatore.
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