Arte
di Antonino Leotta
Il lungo e ampio scambio epistolare col fratello Leo, ci aiuta a penetrare nell’animo di VINCENT VAN GOGH. Oggi ricordiamo la sua data di nascita avvenuta il 30 marzo 1853. Gli era stato dato lo stesso nome del fratello che era morto, alla nascita, un anno prima. Non riuscì a completare gli studi nonostante le sue capacità espressive e venne avviato alla vendita di merce di antiquariato nel negozio dello zio paterno. Lo stesso zio riuscì a farlo assumere dalla celebre ditta Goupil e Co che operava nella riproduzione e vendita di stampe di autori. Dopo il periodo trascorso all’Aia, venne trasferito a Bruxelles e poi a Londra. Qui la sua prima delusione che gli procurò tanta sofferenza: si era invaghito della figlia della proprietaria della casa che lo ospitava, ma venne respinto. Al periodo di depressione seguì il licenziamento.
Vincent si rifugiò nella scuola dei metodisti e, accanto ai Pastori che la curavano, visse un periodo di approfondimento della Bibbia. Studiò i testi e vi trovò una certa serenità. Tornò per poco al lavoro ma chiese di frequentare una scuola teologica a Bruxelles. Ottenne di insegnare in una scuola e andò a vivere a Wasmes, una cittadina nella zona delle miniere di carbone. Visse in miseria aiutando poveri e ammalati. Ma il Consiglio Ecclesiastico non gli rinnovò l’incarico perché aveva esagerato nel mettere in atto il messaggio evangelico. Si trasferì a Cuesmes e continuò la sua vita di credente: divideva tutto con i poveri e arrivò persino a usare i suoi vestiti come bende per curare le piaghe.
Il fratello Teo cercava di tirarlo fuori da quella situazione e, in seguito alla sua ostinazione, interruppe il rapporto epistolare. A questo punto Vincent, privo del sostegno del fratello, gli scrisse: “… invece di abbandonarmi alla disperazione, ho optato per la malinconia attiva, per quel tanto che mi consentiva l’energia, in altre parole ho preferito la malinconia che spera, che aspira e che cerca a quell’altra che, cupa e stagnante, dispera” (lettera 133). Riscoprì le sue capacità pittoriche.
Seguirà un altro periodo di incertezze e di stranezze. Tentò di sposare una donna vedova ma i suoi genitori non glielo permisero. In quell’occasione si bruciò una mano col fuoco. Si trasferì a Nuenen e conobbe una prostituta di nome Sien che aveva già una bambina. La vita di stenti lo costrinse ad abbandonarla. Queste vicende piuttosto tristi provarono il padre a tal punto che non resse più e mori di morte improvvisa a 63 anni.
Finalmente Vincent lasciò che suo fratello Teo lo convincesse di stabilirsi a Parigi. Sarà il periodo più bello della sua vita. Frequenterà altri pittori tra cui Paul Signac, Cormon, Bernard ed anche i giovani Monet, Renoir, Degas, Pissarro, Sisley, Seurat e Signac. Evidentemente, il suo carattere lo costrinse a lasciare il fratello Teo e a trasferirsi ad Arles in Provenza. Qui ebbe modo di creare oltre duecento delle sue opere. Sono di questo periodo “La sedia di Vincent”, “La camera di Vincent ad Arles”, “Notte stellata sul Rodano” e varie versioni su i “Girasoli”.
Ad Arles conobbe Gauguin col quale divise inizialmente una permanenza di crescita artistica. Ben presto arrivò il momento di una violenta separazione che si concluse con il tentativo da parte di Vincent di colpire l’amico con il lancio di un bicchiere. La vicenda vide l’artista automutilarsi con il taglio di un orecchio. La polizia lo fece ricoverare all’ospedale di Arles.
Inizia il periodo del rifugio nel consumo di alcol e l’alternarsi di forme di schizofrenie a malattie nervose varie. Alcuni cittadini di Arles chiesero che venisse ricoverato in manicomio. L’otto maggio 1889 entrò volontariamente nella Maison de Santé di Saint-Paul-de-Mausole, un vecchio convento adibito a ospedale psichiatrico a Saint-Rémy-de-Provence, a una ventina di chilometri da Arles. Le crisi mentali si alternavano al suo intenso impegno a produrre opere e a leggere libri. Tuttavia, i suoi quadri cominciarono ad essere apprezzati e richiesti per l’esposizione in varie mostre. Soprattutto, in una mostra a Parigi sull’impressionismo e il post-impressionismo, presentò dieci quadri che riscossero un grande successo.
Un apparente miglioramento gli consentì di tornare dal fratello a Parigi che riuscì a trasferirlo ad Auvers sur oise a trenta chilometri da Parigi sotto le cure del Dottor Paul Gascet che aveva anche l’hobby della pittura e una buona conoscenza di vari artisti. Una domenica di luglio Vincent si spostò nella campagna vicina per dipingere. Al rientro andò a rinchiudersi nella stanza dell’ostello dove risiedeva. Quando andarono a cercarlo lo trovarono in una pozza di sangue con una pallottola in corpo. Dichiarò che si era sparato un colpo e il Dottor Gascet tentò inutilmente di estrargli il proiettile. Morì la notte del 29 luglio 1890. Aveva 37 anni.
Una vita molto contorta quella di Van Gogh. Cresciuto nella famiglia di un Pastore, tentò di approfondire la Teologia e si orientò al servizio ai poveri e agli emarginati. Curò poco la sua dote personale di pittore. Si orientò ad esercitarla con più impegno negli ultimi dieci anni della sua vita. Certamente il breve periodo trascorso a Parigi gli consentì una rapida conoscenza delle tendenze artistiche del momento storico.
L’impressionismo iniziava a vivere un intenso periodo di splendore. Ma Van Gogh volle superarlo in un post-impressionismo che conferiva ai tratti del colore una continuità marcata del colore. Lasciando al colore la forza di esprimersi in pienezza. Liberando quel fulgore di luce che riempie la scena e si esprime decisamente. Perciò i critici definiscono la sua attività figurativa “post-impressionista di tendenza espressionista”.
L’apprezzamento e l’amore per le sue creazioni ha avuto subito come una esplosione.
Volti, fiori, paesaggi e oggetti del quotidiano sembrano voler saltare fuori dal dipinto per dirci delle ricchezze del colore e della luce.
Trentasette sono gli autoritratti che ci ha lasciato. E questo potrebbe rivelarci l’angoscia che tormentò la sua esistenza nella ricerca di trovare una soluzione di vita. Forse voleva penetrare all’interno del suo animo. Voleva scoprire i beni che erano racchiusi in sé stesso. Ma le numerose opere che ritraggono gli elementi della natura e diversi aspetti di vita, rivelano l’amore per tutto ciò che lo circonda. Ed anche la richiesta di un effluvio di luce riflessa. Che infondesse chiarezza alla sua inquietudine interiore.
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