Attualità: Economy – Nuove Edizioni Bohémien – Lo Speciale di Dicembre 2013
A cura di Laura Maiorana
In provincia di Bologna, un Comune conta 6290 abitanti: Monteveglio è anche una delle Città di Transizione. Questa comunità ha sposato un progetto nato nel 2006 a Kinsale (Irlanda) e a Totness (Regno Unito) da un’idea di Robert Hopkins, professore al Kinsale Further Education College. Si tratta di costruire sistemi di insediamento sostenibile, in altre parole: uso di energie rinnovabili, condivisione delle risorse, una vita più godibile senza petrolio e con meno inquinamento. Sembra un sogno ma nel mondo attualmente ci sono più di 50 comunità che hanno adottato questo modello, dall’ Australia alla Nuova Zelanda, Portogallo, Brasile, Polonia e…Italia con Monteveglio.
La “città di transizione” italiana, ha formato un gruppo d’acquisto per selezionare fornitori di impianti fotovoltaici che “presentino caratteristiche etiche apprezzabili e offrano un prodotto conveniente nel rapporto qualità prezzo”. I cittadini di questo paesino si sono riuniti per scegliere il venditore, in modo tale da non essere imbrogliati. Sono loro a partecipare e decidere il meglio, nessuna imposizione dall’alto, nessun sopruso. Gli abitanti organizzano anche un “mercatino del riuso” dove ognuno mette a disposizione le cose di cui intende disfarsi a beneficio di altri. Queste sono due delle numerose iniziative che tali comunità, sfruttando la creatività di ciascun componente, riescono ad organizzare: risposte locali a esigenze di tutti. C’è chi rimane a casa seduto sulla sua poltrona a lamentarsi e chi costruisce nuove opportunità. Sarebbe possibile un clima così solidale e produttivo, anche qui, dalle nostre parti? Siamo troppo abituati a tenere conto solo del profitto individuale. Tendiamo all’isolamento che, è il modo più semplice per essere condizionati: pensando di fare il nostro interesse finiamo per riempire le casse dei centri commerciali come ci consiglia la pubblicità (si dice: divide et impera). Dimentichiamo spesso che le comunità sorgono perché gli uomini possano raggiungere obiettivi che da soli non sarebbero in grado neanche di pensare. Siamo disposti a rinunciare alla nostra vita avida di consumi per un po’ di semplice serenità? La correlazione tra crescita economica e benessere non è sempre positiva: spesso ad un aumento del Prodotto Interno Lordo corrisponde una diminuzione della qualità di vita. Nel 1968 Robert Kennedy affermò: “il Pil misura tutto tranne ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”, nel 1972 il Sovrano del Buthan sostituì il Pil con il GNH un misuratore di felicità e infine, nel 2009, in Francia una commissione presieduta dal premio Nobel per l’economia J. Stiglitz esortò Sarcozy ad adottare una nuova misura della ricchezza nazionale che tenesse conto del benessere della gente. Se dai vertici si affacciano simili orientamenti, evidentemente provengono dal basso voci che, reclamano semplicità e moderazione, respingendo gli sprechi. Uno scienziato di nome Kenneth Boulding ( 1910-1993) disse: “Chi crede che una crescita economica perenne possa continuare all’infinito, in un mondo dotato di risorse limitate, è un folle, oppure un economista”.
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