Site -specific e centro storico : Farm Culturale Park a Favara e il castello di Chiaramonte.

A cura di Mariagrazia Leonardi
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Se si opera in un centro storico consolidato, riflessioni sui concetti di Martin Heidegger di tempo, memoria, artificio e luogo possono costituire alcune tra le materie prime per l’intervento di un artista o dell’architetto site specific e punti di contatto per rendere partecipe l’abitante.
Se la storia rappresenta il senso di appartenenza a qualcosa che esiste da prima di noi, nei luoghi dimenticati il progettista attraverso l’esperienza di trovarsi là dove il presente si stratifica sul passato, dalla lettura e dalla rappresentazione della fisicità e della struttura dello spazio può tentare di trasferire le proprie sensazioni al cittadino che vive quei luoghi.
Il lavoro in questo caso consiste nella capacità di fare riflettere il cittadino sul sito dove abita, reintegrando la perdita di un luogo frammentato o dimenticato nuovamente dentro la sua coscienza.
La ricerca progettuale architettonica o urbana e in generale artistica di questi ultimi tempi, ha tentato di dimostrare come lo spazio possa essere considerato essenzialmente un luogo di relazioni.
Sulla scorta di tali presupposti è nata l’idea di riconfigurare l’immagine del centro urbano di Favara, nella sua parte monumentale e nelle residualità spaziali, attraverso molteplici installazioni site-specific. Suscitando l’interesse e la collaborazione degli abitanti, Andrea Bartoli, presidente della Fondazione Farm Cultural Park, ha realizzato, dal 2010, un progetto rivolto alla promozione e alla creazione di arte contemporanea che, partendo dalla riqualificazione del Cortile Bentivegna e dell’area dei Sette Cortili, un quartiere a ridosso della piazza principale di Favara (Piazza Cavour), sta iniziando a riqualificare un intero territorio dal punto di vista sociale ed economico.
Lo scorso 29 giugno Andrea Bartoli, con l’ausilio del lavoro dell’Associazione di Favara Urban Network (F.U.N) ha consegnato alla città gli esiti della riqualificazione estetica ed architettonica del Castello di Chiaramonte a ridosso di Piazza Cavour e precedentemente a rischio di decadimento.
Il Castello ospita tre mostre: la prima, curata da Manfredi Leone sull’agricoltura urbana, la seconda a cura di Marco Navarra, sull’architettura a bassa definizione, l’ultima allestita da Esterni sul disegno dello spazio pubblico a Favara. La corte del Castello ospita un’installazione di Giuseppe Guerrera e i giardini sono ripensati attraverso gli esiti del Laboratorio Giardini in Campo. L’edificio ospita infine un’area ristoro curata da Lillo Giglia e due installazioni a carattere permanente di Salvator-John Liotta. Già senior researcher presso il Kengo Kuma Lab dell’Università di Tokyo ora del CNR di Parigi, Liotta cura il progetto di una biglietteria info-point e di una ludoteca, fondate sulla ripetizione e variazione di elementi modulari generativi come applicazioni delle ricerche svolte in Giappone sugli Intermediating Patterns.
Sul percorso di uscita è infine ospitata un’installazione di luci e audio, progettata e curata da Vanessa Alessi.