A cura di Maria Pia Basso
L’interazione scuola-famiglia, auspicata al fine di far maturare la personalità del bambino sia dal punto di vista culturale, che da quello di coscienza e sentimenti, non può prescindere dagli accadimenti che si verificano anche oltre i momenti strettamente attinenti allo svolgimento dei programmi ministeriali. Frangenti in cui si consuma una merenda o si fanno quattro salti in un cortile, per distogliere lo spirito dalle necessarie attenzioni riservate alle spiegazioni o alle interrogazioni. Spesso proprio in tali attimi, gai e spensierati, si perpetuano azioni al limite di un comportamento vessatorio e ingiustificabile a danno di coetanei, considerati vittime da sacrificare sull’altare dell’arroganza spicciola e della presunzione. Il fenomeno, dilagante in questi ultimi anni, ci lascia attoniti e ci commuove. Solo che se alle tante parole scritte un po’ dappertutto, non seguono interventi incisivi volti a debellare, con vigore e sin dai primi focolai, il perpetuarsi di situazioni tanto aberranti, ci troveremo a dover fronteggiare l’enorme incendio che divamperà, con mezzi che saranno sempre più inadeguati e, quindi, meno risolutivi di un problema che va sanzionato pesantemente e senza possibilità di attenuante alcuna cui si è soliti ricorrere, anche da parte di docenti poco accorti e per niente scrupolosi, per giustificare, o quantomeno per tollerare, azioni ritenute quasi normali, poiché compiute dalla notte dei tempi. Si trascura, però, che il semplice scappellotto può divenire facilmente mezzo offensivo molto meno ortodosso; con ciò ponendo la piccola vittima in una situazione ben più grave, oltre che frustrante poiché lesiva della propria dignità. E il venirne fuori diventa, in alcuni casi, un’ utopia.
A questo punto inizia a farsi sentire il suono forte e vibrante delle sirene che richiamano al risveglio coscienze annichilite e trincerate dietro le possenti mura dell’indifferenza e della superficialità. Spesso, però, è troppo tardi. Occorre pertanto alzare gli argini prima che la furia del fiume in piena li travolga, affinché la scuola, definita con orgoglio la seconda casa del bimbo, ricopra realmente il ruolo che all’abitazione spetta: quello di un rifugio confortevole in cui sentirsi al riparo. Protetti da chi, abbandonato il sogno del castello fatato, preferisce di questo dimorare gli scantinati bui e desolati, ove mai filtrerà la luce del sole che illumina e dona calore. Ma davvero un bimbo può rinunciare a incarnare il ruolo del principe Azzurro, preferendo recitare quello dell’orco? Può realmente sentirsi appagato dal dover sbeffeggiare, umiliare, deridere un proprio simile, incutendogli paura ed angoscia? Siamo certi che così facendo non si troverà, da qui a poco, ad avere timore di se stesso, ribaltando i termini di una questione che non deve passare sotto silenzio? Gli interrogativi sono molteplici, ma se si vuole che i nostri piccoli rispecchino delle fiabe i tratti luminosi dei protagonisti buoni, non possiamo continuare a stare nell’ombra.
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