
IL RICETTARIO
A cura di Franco Di Guardo
“Basta mangiare un gustoso e prelibato piatto di pasta per ritrovare il buon umore”
Nel cuore della Sicilia, adagiata come un’antica sentinella sulla sua altura, sorge Enna, da sempre considerata l’ombelico dell’isola. Fino al 1927 era conosciuta come Castrogiovanni, Castrojanni (Castruggiuvanni in siciliano) nome dato dai Normanni nel XI secolo, poi durante il periodo fascista, esattamente il 12 gennaio 1927, divenne capoluogo di provincia e successivamente le fu restituito l’antico nome legato all’epoca storica greco-romana.
Questa città ricca di storia e tradizioni, custodisce tra le sue mura un patrimonio culinario unico, fatto di sapori autentici e ricette tramandate con cura di generazione in generazione.
Tra queste, spicca per la sua originalità e il suo blasone lo Scibbò, o Scibò di Castrogiovanni, un’antica pastasciutta legata, indissolubilmente, alle tavole delle famiglie nobiliari ennesi.
Il nome stesso di questa prelibatezza affonda le radici in un elegante francesismo: “Sciabbò” (da “jabot” ovvero parte dell’esofago di alcuni uccelli, che serve a trattenere temporaneamente il cibo) termine che anticamente indicava l’arricciatura dello sparato delle camicie, sia maschili che femminili, una particolare cravatta fatta di trine e stoffa pieghettata, usata soprattutto nel ‘700 e parte dell ‘800, e che copriva il davanti della camicia. Sciabò, sta anche a indicare un particolare formato di pasta dal bordo arricciato, anticamente chiamato fettuccelle o lasagnette ricce, conosciute storicamente come pasta Manfredi, Margherita, Reginette, Mafalde o Jolanda (La Pasta e i Savoia edito dalla Algra Editore).
Un tempo, queste lasagnette ricce, venivano realizzate fresche su specifica ordinazione dai pastai locali, ed erano considerate come una preziosa pietanza per il palato, oggi invece è possibile trovarle in commercio anche secche, e sono realizzate con farina di grano duro, permettendo così a chiunque di cimentarsi nella preparazione di questo piatto dal sapore antico. Il segreto dello Scibbò, oltre che alla sua arricciatura, risiede in un ragù ricco e avvolgente, che fonde sapientemente sapori dolci e salati, in un equilibrio sorprendentemente appagante, gli ingredienti sono: pasta Reginette o Margherita, polpa magra di maiale macinata, cipolla di Giarratana, passata di pomodoro, cannella, cioccolata fondente amara, vino rosso, alloro, chiodi di garofano, olio d’oliva, sale, pepe e zucchero.
Procedimento: fate rosolare delicatamente nell’olio extravergine d’oliva, la cipolla finemente tritata, la carne di maiale macinata, con qualche foglia di alloro e chiodi di garofano. Dopo pochi minuti date una spruzzata generosa di vino rosso, che sfumando rilascerà aromi intensi e profondi, quindi lasciate stufare lentamente il ragù, permettendo al vino di evaporare completamente e all’intingolo di restringersi, concentrando così tutti i sapori. Dopo qualche minuto, aggiungete la passata di pomodoro con un poco d’acqua, aggiungete il sale e il pepe quanto basta. La cottura deve proseguire per qualche ora a fuoco dolce, il paziente sobbollire creerà così la base per un sugo corposo. A questo punto, il ragù viene arricchito da un pizzico di zucchero che bilancia l’acidità del pomodoro, poi da una generosa spolverata di cannella macinata, che dona un caldo profumo orientale, e da alcuni pezzetti di cioccolata amara fondente. Quest’ultimo ingrediente, apparentemente inaspettato in un contesto salato, si scioglierà lentamente nel calore del ragù, conferendo una nota sottile di amarezza e una profondità di sapore davvero unica e distintiva. Nel frattempo, lessate le Reginette in abbondante acqua salata fino a raggiungere la perfetta cottura al dente. Una volta scolate, unitele e amalgamatele al ricco e profumato ragù, e servite con qualche scaglia di cioccolato sopra. Un tempo questo prelibato piatto veniva realizzato dai Monsù a Capodanno, nel modo più ricco e aristocratico, praticamente le Reginette una volta amalgamate con il ricco ragù, venivano presentate avvolte in un timpano dorato di pasta frolla o pasta brisée, un’immagine molto raffinata che ben si sposa con la particolarità della pasta utilizzata per questa ricetta. Assaporare un piatto di “Scibò di Castrogiovanni” è come fare un viaggio indietro nel tempo, riscoprendo i sapori autentici di una cucina nobiliare che ha saputo conservare la sua identità e il suo fascino. La combinazione insolita del cioccolato amaro con la carne, la cannella e le spezie crea un’esperienza gustativa complessa e indimenticabile, testimoniando la creatività e l’ingegno delle antiche cucine blasonate siciliane.
Ringrazio affettuosamente il caro amico Giuseppe Restifo, Delegato provinciale di Enna dell’Istituto Nazionale delle Guardie d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, per il suo importante contributo.
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