Viaggio attraverso le celebrità femminili nei secoli – Nuove Edizioni Bohémien
Edizione Speciale Marzo 2014
A cura di R.B.
La figura di Saffo dimostra ancora una volta che i sentimenti e i moti dell’anima, da sempre, sono stati i principi ispiratori dell’arte, della scrittura e della poesia.
Un frammento di papiro, contenente due poesie, risalente al III secolo e donato misteriosamente da un “anonimo collezionista” allo studioso Dirk Obbink, dell’ Università di Oxford, ci riporta indietro nell’Antica Grecia e con maggiore precisione sull’isola di Lesbo, dove a cavallo tra il VII ed il VI secolo a.C., visse Saffo, poetessa greca.
La sua vita si svolse a Mitilene, la citta’ piu’ importante dell’isola e, contrariamente al suo compatriota e contemporaneo Alceo, Saffo nelle sue odi non accenna mai alle lotte politiche da cui Lesbo era travagliata: Saffo parla d’amore.
I legami con la famiglia erano molto saldi, più volte, infatti, in qualche ode, Saffo nomina i suoi cari. Ebbe tre fratelli: Carasso, Larico ed Erigyios. Dal matrimonio con il ricco Cercila, la poetessa ebbe una figlia, Cleide, nominata con grande tenerezza in un’ode.
Non prima del 603 e non dopo il 595 a.C. fuggì in esilio in Sicilia, probabilmente costretta dall’attività di qualche membro della famiglia.
Saffo ospitò e riunì nella sua casa parecchie fanciulle aristocratiche con lo scopo di svilupparne la formazione culturale e sociale, dove l’eros omosessuale rientrava nella più generale educazione dei sentimenti. Per indicare questo gruppo di fanciulle, si usa il nome di tiaso. Il tiaso aveva il fine di avviare le fanciulle al matrimonio, educandole non ad essere custodi della casa ed organizzatrici delle attività domestiche, ma alla bellezza ed alla desiderabilità, testimoni di Afrodite, dea che rappresenta queste qualità, piuttosto che di Era e di Atena rispettivamente legate alla famiglia ed al matrimonio.
Risulta dai suoi versi che anche Saffo provasse amore per alcune fanciulle del suo tiaso, un sentimento reale ed appassionato: da qui le espressioni di “amore saffico” o “lesbico” che ancora più dei suoi versi ne hanno diffuso la fama.
L’amore omosessuale di Saffo era un elemento ammesso dalla società del tempo: le allieve, nella pratica amorosa all’interno del gruppo, non potevano avere per amante un uomo, ma solo una compagna o la propria educatrice, la poetessa infatti paragona il rapporto fra adulta e ragazza a quello fra uomo e donna. Degna di menzione in merito è l’ode per Anattoria, fanciulla amata dalla poetessa, che ci permette di comprendere come l’amore fosse più importante di una schiera di cavalieri, di fanti o di navi.
«Anche in me d’Anattoria
ora desta memoria, ch’è lontana.
Di lei l’amato incedere, il barbaglio
del viso chiaro vorrei scorgere,
piu’ che i carri dei Lidi e le armi
grevi dei fanti».
( I lirici greci. Eta’ arcaica,trad. di Filippo Maria Pontani)
Saffo mette al centro del suo mondo la persona di cui si e’ innamorata, devota di Afrodite, concepisce l’amore come un duello, vinto da chi ha come alleata la dea.
«Vieni a me anche ora;
liberami dai tormenti,
avvenga ciò che l’anima mia vuole:
aiutami, Afrodite»
(Ode ad Afrodite, trad. di Salvatore Quasimodo)
Una ragazza che avesse conformato la sua mente ed il suo animo alla Afrodite cantata da Saffo, avrebbe acquistato nel suo essere l’amorosa perfezione di cui la dea era esempio assoluto. Oltre l’innamoramento, Saffo cantò anche la nostalgia, il distacco, il ricordo della vita nel tiaso, mediando sempre fra un intenso pathos ed una fredda lucidità.
La poetessa fu autrice anche di “epitalami”, ossia canti eseguiti da cori di giovani in occasione di matrimoni, in cui venivano elogiati gli sposi, sottolineando la nuova situazione prodotta dalle nozze, soprattutto per la donna, il tutto avvolto da un velo di malinconia.
«Espero tutto riporti
quanto disperse la lucente Aurora:
riporti la pecora,
riporti la capra,
ma non riporti la figlia alla madre».
(Trad. di Salvatore Quasimodo)
La leggenda sulla sua bruttezza e sulla delusione d’amore che la indusse al suicidio sono da imputare ai comici che fraintesero gli accenni di Saffo a Faone (un essere mitico della cerchia di Afrodite). Ciò che conosciamo di questa donna, deriva solo dai frammenti ritrovati; di grande rilevanza dunque quest’ultima scoperta in cui si parla, in una delle due poesie, dei fratelli Carasso e Larico e nell’altra di Afrodite.
La figura di Saffo dimostra ancora una volta che i sentimenti e i moti dell’anima, da sempre, sono stati i principi ispiratori dell’arte, della scrittura e della poesia.
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