Itinerari dello spirito
A cura di Carmela Nicolosi
Egli entrò per rimanere con loro.
Gesù è risorto, il Maestro è uscito dal sepolcro, alcune donne sono state testimoni di questo evento così grandioso. Ma i due discepoli di Emmaus sono rimasti fermi al venerdì santo. Di uno sappiamo il nome, Cleopa, l’altro invece non ha nome: ognuno di noi potrà mettere il suo. Entrambi stanno per tornare a casa, ai loro affari, hanno pensato che il Nazareno fosse il Messia, colui che avrebbe regnato per mille anni su Israele sbaragliando i suoi nemici. Invece è morto, nel peggiore dei modi.
Si allontanano dalla comunità, come fanno molti di noi, delusi da Dio (P. Curtaz).
Sono tristi i due discepoli, hanno perso la speranza che aveva conquistato il loro cuore durante il periodo di discepolato insieme al Maestro: tutto è di nuovo in discussione. Quella croce, quella morte di croce non può che essere il segno categorico di una tangibile sconfitta.
Se ne stanno andando, tornano a casa, ma Lui li raggiunge. Con Dio succede questa cosa controcorrente: non accetta che ci arrendiamo, Dio non permette che abbandoniamo il campo. Con Dio c’è sempre un dopo (P. Hermes Ronchi).
Non capiscono i due discepoli e Gesù, interpretando le scritture, spiega loro che il Cristo doveva patire. Fa comprendere quella che è da sempre l’essenza del cristianesimo: la Croce non è un incidente, ma la pienezza dell’amore. Essi ascoltano e scoprono una verità immensa: c’è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembrava assurdo, sulla croce.
E una volta spezzato il pane ecco che capiscono, comprendono e proprio per questo non hanno più bisogno di vedere con gli occhi, perché il loro cuore ha già compreso: il Messia è risuscitato! Non se n’è mai andato e mai lo farà. Fino alla fine del mondo (Mt. 28, 20).
E anche loro rinascono a vita nuova grazie a questa consapevolezza, grazie a questa certezza.
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