ATTUALITÀ
A cura di Francesca Bella
Si è spento lo scorso 4 maggio nella sua casa nel West Village di New York Frank Stella, uno degli artisti statunitensi più interessanti e rilevanti del Novecento. La sua morte, avvenuta a pochi giorni dal suo ottantottesimo compleanno, è stata causata da complicazioni legate a un linfoma.
Nato a Malden, in Massachusetts, nel 1936 e figlio di un medico e di una casalinga di origini siciliane, Stella si avvicina sin da giovanissimo al mondo dell’arte e, in particolare, della pittura. È inizialmente attratto da personalità come Franz Kline1, poi prosegue la sua formazione presso la Princeton University, una delle migliori università americane.
Nel periodo fra il 1958 e il 1960, Stella si occupa della realizzazione dei cosiddetti Black Paintings, ovvero quadri con strisce nere di grandi dimensioni separate da un piccolo nastro bianco.2 In seguito, invece, dà vita alle Shaped canvas, cioè a tele sagomate che non hanno più le classiche forme quadrate o rettangolari, bensì forme a V o a T o irregolari che seguono l’andamento delle strisce. Queste ultime, inoltre, non sono più nere ma colorate.3 Una delle serie più famose create da Stella è quella dei Protactors, il cui nome è legato allo strumento del goniometro. Fra le opere più importanti facenti parte di questa serie, vi è indubbiamente Harran II del 1967 che «si compone di due tele quadrate e quattro a quarto di cerchio. Le prime recano strisce concentriche ad arco di circonferenza, simmetriche rispetto a una diagonale, le seconde, invece, strisce che seguono l’andamento della sagoma stessa».4
Successivamente, nei primi anni Settanta, Stella si rende protagonista di un cambio di rotta nella sua attività artistica. Infatti, passa dalla pittura all’esplorazione della terza dimensione con la serie Polish Village (Villaggio polacco), che comprende più di 100 opere.I n realtà, però, questa scelta non viene vissuta come un cambiamento dall’artista, bensì dalla critica. Infatti, in un’occasione Stella dichiara: «Si tratta sempre dello stesso Stella, checché ne pensino i critici.
Le idee di un artista, nel corso del tempo, possono subire un’evoluzione ma fondamentalmente non cambiano. Tra i miei primi lavori e quelli degli ultimi anni c’è una precisa continuità strutturale».5 Stella, pertanto, rivendica la possibilità di un’evoluzione sempre nel rispetto della proprie idee e delle proprie inclinazioni.
Nel corso degli anni Ottanta, l’artista di dedica alla realizzazione di opere legate al celebre romanzo di Herman Melville Moby Dick. Anche in questo caso ci si trova di fronte a creazioni tridimensionali, caratterizzati dalla presenza di collage e modellini di base successivamente ingranditi anche grazie all’utilizzo della tecnologia digitale. Un vero e proprio esempio di sperimentazione. 6
Stella è un innovatore, un artista colto e preparato che non ha paura di esprimere le sue opinioni anche quando queste sono lontane dall’interpretazione che la critica dà alle sue opere. Tante le interviste da cui emerge la sua personalità forte e il suo essere diretto e spigliato. In tal senso, certamente degna di nota è l’intervista realizzata dalla curatrice Cristina Carrillo nel 2012, in occasione del compleanno dell’artista e pubblicata su Il Giornale dell’Arte. Qui Stella parla di Kandinskij come punto di riferimento artistico, dell’importanza di Caravaggio e della sua concezione relativistica della bellezza. Ma accenna anche alla sua passione per le corse dei cavalli e per quelle automobilistiche, dove l’unica regola che conta, diversamente dall’arte, è che il più veloce vince.7
Sul rapporto fra Caravaggio e Stella è interessante citare, invece, le parole del famoso storico dell’arte statunitense Irving Lavin che, nel testo L’arte della storia dell’arte, scrive:
Nell’arte barocca, e in particolare in Caravaggio, Stella ha trovato uno spirito affine nel provare insoddisfazione nei confronti della distanza rispetto all’osservatore imposta dagli effetti tradizionali della prospettiva lineare e atmosferica. Caravaggio invece ha indicato come lo speciale mondo delle sue immagini si estendesse non solo dietro, ma anche davanti al piano del quadro, e l’astrazione ha consentito a Stella di trasportare questo pensiero al di fuori e al di là dell’ambiguità mitica e duplice del Cubismo, sin nel cuore della realtà stessa.8
Originali, inoltre, le sue dichiarazioni in merito al concetto di “stile”. L’artista statunitense, infatti, ha affermato: «Lo stile? Non so che cosa sia. L’unico stile che conosco è quello della disperazione: tentare di fare quello che stai facendo al momento, quando non hai il senso né di te stesso, né di quello che ti accade intorno».9 Stella dimostra quindi di avere una visione forse poco romantica dell’arte e un approccio molto pragmatico rispetto al momento della creazione artistica.
Stella ha, nel corso della sua lunga carriera, attirato l’attenzione di pubblico e critica ed è stato oggetto di studi e ricerche. È stato e continuerà indubbiamente ad essere ispirazione e punto di riferimento per tutti gli appassionati di arte astratta. Lascia un segno indelebile nella storia dell’arte contemporanea.
2 Cfr., CRICCO G. e DI TEODORO F. P., Itinerario nell’arte. Dall’Art Nouveau ai giorni nostri (Vol. 5), Bologna, Zanichelli, 2006, p. 1535.
3 Cfr., Ivi, p. 1536.
4 Cit., Ibidem.
6 Cfr., Frank Stella | Artista | Collezione Peggy Guggenheim (guggenheim-venice.it)
7 Cfr., Addio a Frank Stella – Il Giornale dell’Arte (ilgiornaledellarte.com)
8 Cit., LAVIN I., L’arte della storia dell’arte, Milano, Libri Scheiwiller, 2008, p. 123.
Fonti bibliografiche e sitografiche:
– CRICCO Giorgio e DI TEODORO Francesco Paolo, Itinerario nell’arte. Dall’Art Nouveau ai giorni nostri (Vol. 5), Bologna, Zanichelli, 2006.
– LAVIN Irving, L’arte della storia dell’arte, Milano, Libri Scheiwiller, 2008.
– Addio a Frank Stella – Il Giornale dell’Arte (ilgiornaledellarte.com)
– Frank Stella | Artista | Collezione Peggy Guggenheim (guggenheim-venice.it)
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