RECENSIONI: “Frantumi di calma apparente”

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RECENSIONI ED EVENTI
A cura di Edizioni Effigi

Rivedendo “Frantumi di calma apparente” da vicino, viene da
smentire fin da subito, anche ad una nuova lettura, le affermazioni di quelli che tenderebbero a definirlo soprattutto «un affresco».

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L’affresco c’è, ma a dargli colore e a guidarvi il lettore, come il filo d’Arianna nel labirinto, c’è il personaggio principale, voce dell’autore per un verso, ma anche figura e carattere che l’autore, per poter giudicare, considera sempre un po’ a distanza. Cosa è, infatti, per Cipresso l’impiegato tuttofare Sergio? Il presente e il futuro che
il libro mostra e annuncia? Quei «Frantumi di calma apparente» del titolo, appunto, ricordano un ordine e una felicità spesso apparente. Le sue esperienze di vita, negli strati sociali più diversi, conducono ad un’esistenza che, eccitata e a volte quasi frenetica, appare
profondamente inautentica, priva di salde fondamenta e di soluzioni valide e sicure.

Con la conclusione degli studi universitari sembra iniziata per il protagonista una specie di rinnovata euforia che domina i rapporti e produce la certezza di una vita migliore; in realtà, con la laurea è finito solo l’aspetto più vistoso e tragico della sua quotidianità. Le lacune e disarmonie non arrivano a scalfire l’apparente dolcezza di quella residenza per anziani ma chiudono
in sé, con brontolii minacciosi, dei presentimenti sinistri di pericoli latenti e insidie nascoste.
È il clima di Villa Serenità che fa intravedere i suoi bruschi avvertimenti, la sua spaventosa carica di elettricità che va accumulandosi in fondo agli animi degli individui, nella profondità di terrori sepolti che esplodono all’improvviso anche in individui ai quali, in apparenza, tutto sembra andare bene. Gli insuccessi sentimentali di Sergio sono il risultato di questa insicurezza in una vita che, comune in apparenza, è in realtà avvelenata e lascia, ad ogni sua svolta, presumere il peggio. Questo peggio lo si vede solo nella fragilità di un destino storico: la crisi economica, la precarietà e la fragilità dei rapporti umani sono immaginati come un diluvio. Se il diluvio è vicino e se sono vicine la caduta di Babilonia, dell’Impero Romano e della Bastiglia, noi uomini del 2015 ci ritroveremo tutti in questo libro e, anche se non ci riconosceremo in ognuno
dei suoi personaggi, vi riconosceremo senz’altro i nostri personali “Frantumi di calma apparente”.
Il libro è la sagra di tutte le contrapposizioni, credenze, frammentarietà dei rapporti sentimentali, interpersonali e di lavoro della nostra epoca; è il ritratto di un mondo felice ed ancora sano in apparenza che stride irrimediabilmente con la quotidianità spesso fugace della disoccupazione, della solitudine e della morte;
è la commedia umana di una crisi che, come nei disegni di Goya o nei racconti di Kafka, sta mutando gli uomini in mostri senza che nessuno di loro faccia in tempo ad accorgersene. E mentre si
tirano le somme di tutto quanto l’affresco propone – anche senza il mostro che invade il corpo di Evelyn viscido, infame e parassita –, si sente tutta l’amarezza dell’autore che, giunto alla fine del viaggio, non solo non può dire che si correranno «migliori acque» ma arriva quasi ad annullare, ogni specifi ca «considerazione» sul
futuro mondo dei grandi, delle soluzioni e vani concretismi.