“Si volse a guardare lo sposo e ne ammirò il volto tenebroso e la barba nera che lo incorniciava. Sorrise, e quella letizia, per un istante, addolcì i lineamenti di don Ferdinando”
Bastano poche righe per comprendere l’idea di fondo che ha mosso la giovane scrittrice, Maria Cristina Torrisi. L’autrice di “Prigioniera” ha scelto di sondare il complesso universo femminile, eludendo la paura di tuffarsi nei meandri più oscuri dell’animo. Cristina dimostra una singolare facilità nell’affrontare tematiche delicate, grazie alla naturale eleganza, che traspare nei sei romanzi storici nati dalla sua fervida creatività. Eleganza, sensibilità e un’arguta capacità di analisi della realtà sono gli elementi che rendono vincente il suo impegno, ormai decennale, di scrittrice.
Prigioniera è l’ultima delle sue creature e si colloca perfettamente nel contesto storico che stiamo vivendo, nel quale l’universo femminile mostra ferite sanguinanti e a primo acchito insanabili. La questione femminile oggi presenta degli aspetti inquietanti e spesso assistiamo inermi ad una rinnovata misoginia e ad una violenza inaudita contro le donne. Violate, oppresse, emarginate, perseguitate, uccise, vite di donne miseramente stroncate affollano i mezzi di informazione.
La protagonista del romanzo, Edga, non è un’eroina, non mostra sicurezze o una determinazione che la porterà a grandi gesta, ma rappresenta la fragilità di un femminile che si confronta con la quotidianità, con i grandi temi dell’amore e della complessità delle relazioni parentali e interpersonali. L’eterna lotta fra il bene e il male è il fil rouge che attraversa il romanzo e accompagnerà il lettore in una corsa mozzafiato fino all’ultima riga.
Edga si trova davanti ad un angosciante bivio, seguire il misterioso uomo, Don Ferdinando, un volto senza storia, una prestigiosa figura inserita in un mondo lontano, nobile, dorato e ovattato; oppure abbandonarsi al rassicurante Carlo Alberto, volto amato dalla sua famiglia, gentiluomo attento e elegante, innamorato della dolce Edga, al punto da accettare i suoi continui rifiuti. L’amore romantico, avvolto nelle tenebre delle incertezze, sarà la scelta definitiva di Edga che la scaraventerà in un nuovo mondo.
“Ancora una volta lo guardò ammaliata e lo vide perfetto. Si sentì fortunata. L’unica nota negativa fu l’immagine che si sovrappose a quella felicità; il volto dei suoi cari e di Carlo Alberto, affranti e poco fiduciosi, poiché non erano riusciti a ostacolare quell’unione”
L’avventata scelta condurrà Edga in un mondo di solitudine, di prigionia, nel quale l’amorevole protezione e il generoso accudimento della famiglia di origine, rappresentano solo un doloroso e lontano ricordo. L’arrivo di Edga nel palazzo di Don Ferdinando segna l’inizio del testo in cui si incomincia a intravedere l’influsso della fiaba di Barbablù, trascritta da Charles Perrault nel XVII secolo, fiaba che ha dato il fiat alla nascita di Prigioniera. E’ evidente, però, l’impegno dell’autrice di non proporre una ovvia rielaborazione di uno scritto famoso, ma l’attenta ricostruzione storica dei primi del Novecento e il contributo di Cristina nel descrivere le inquietudini di Edga, hanno prodotto un testo nuovo, originale, che permette al lettore di viaggiare fra la storia e l’attualità, senza avvertire la presenza di elementi discordanti.
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