RECENSIONI ED EVENTI
A cura di Redazione Bohémien
L’INTERVISTA DI MARIA CRISTINA TORRISI
È stato presentato ieri, 25 febbraio 2023, nella libreria Pescebanana di Catania, il libro di poesie di Davide Luciotto “I miei orizzonti”, edito da Algra. A presentare la prima fatica letteraria dell’autore la giornalista e scrittrice Maria Cristina Torrisi, editore di questa Rivista.
<<La raccolta di poesie di Davide Luciotto – ha affermato la Torrisi – è il risultato di un cammino e di una disamina interiore intrapresa dall’autore dopo un periodo di meditazione. Lo stesso Davide Luciotto, all’inizio delle pagine del libro lo testimonia nella sua dedica>>.
Chi sono i destinatari del suo lavoro?
“Desidero dedicare questa raccolta di poesie a tutti coloro che hanno vissuto momenti della vita davvero bui, alla vera ricerca di sé; per dare significato profondo all’esistenza.
Momenti di profonda lotta interiore”.
<<Il libro, come l’autore ha scritto nella dedica – ha ancora spiegato la relatrice – si rivolge a tutti coloro che attraversano o hanno attraversato periodi di sofferenza interiore, di lotta, affinché possano trovare in qualche poesia o in un verso o semplicemente in una parola ( anche una sola parola può essere illuminante) un po’ di conforto, una risonanza rassicurante; affinché si accenda, o riaccenda, una piccola luce sopita. Appare chiara la funzione della scrittura per raggiungere nuova consapevolezza. E questo Davide Luciotto lo ha compreso, tanto che nel suo scrivere è palese il pensiero: Solo la cultura sconfiggerà i mali del mondo, solo l’amore per la bellezza vincerà sulla guerra, solo costruendo si imparerà a vivere. Messaggi chiari che, oltre alla speranza, regalano saggezza e verità. Perché è un dialogo con l’Universo quello di Davide, il quale riesce ad approdare nei suoi orizzonti, questi orizzonti che ci sanno tanto di lontano ma che pur tuttavia sono raggiungibili e palpabili e che ci rivelano ancora una volta in quale presente ci troviamo>>.
Ma le cose non dette sono le più strette,
rimangono appiccicate dentro di noi,
aderiscono alla nostra pelle,
la lacerano lentamente,
la fanno sanguinare,
come un cappotto invernale d’estate,
come un bavaglio infernale dentro la bocca.
È tutto spento,
ma caldo ancora questo fuoco doloroso
che ho dentro.
S’erge alto come una collina,
è arrotondata la sua cima.
Ha bisogno d’acqua che lo spenga,
terra che lo curi,
semi che lo facciano rinascere,
vita che lo perdoni.
Per addentrarsi non soltanto dentro l’opera ma soprattutto nell’animo dell’autore, Maria Cristina Torrisi ha desiderato realizzare una intervista con Davide. La prima domanda si riferisce al titolo del libro.
<<Il titolo del libro ha una finalità duale – ha risposto Davide Luciotto. L’orizzonte spesso è considerato come qualcosa verso cui andare, che apre le porte ad altro. Ma qualcuno si è mai chiesto quanto, allo stesso tempo, sia un limite? Non possiamo vedere “al di la” di un orizzonte, anche quando proprio fisicamente fissiamo con lo sguardo la linea al limite di un paesaggio, al limite di ciò che possiamo vedere, dal posto in cui siamo. Quindi in primo luogo i miei orizzonti indicano la consapevolezza di non poter guardare “al di là” se prima non si sa dove si è. Gli orizzonti sono proprio le consapevolezze in cui ci “si trova” o ci si è trovati, proprio per ribadire il concetto precedente>>.
<<Davide, seguendo il metodo socratico, ossia il metodo dialogico, secondo il quale Socrate portava il suo interlocutore a giungere a una verità in maniera autentica – ha spiegato la relatrice -, elimina il troppo ed il vano di ciò che pensa, per giungere al nocciolo di un concetto: riuscire con autenticità a sapersi guardare dentro e vedere le cose secondo un’ altra prospettiva. Nei suoi versi, appaiono delle parole chiavi come “rumore” e “rabbia”. E alla domanda che ho posto a Davide sul loro significato, lui ha risposto: “Faccio una similitudine tra il rumore delle “ lacrime del cielo” e la rabbia del pianto inespresso. Ogni ferita porta con se sofferenza, quindi “rumori” che amplificano la sofferenza e rappresentano la nostra rabbia. Quindi, innanzitutto, la rabbia è portatrice di sofferenza”.
<<Attraverso le poesie scopriamo quanto sia importante per Davide guardarsi dentro. E’ necessario. Così come è necessario nutrire il corpo fisico, non si può non prescindere il nutrimento della nostra parte più “intima”>> – ha concluso la giornalista.
L’INTERVISTA DI MARIA CRISTINA TORRISI
1 Da dove è nata l’idea del libro?
- Non c’era in realtà nessuna idea di fare un libro. Una sera ho conosciuto una persona alla quale ho detto che da un po’ scrivevo poesie, ed è grazie a lei che questo libro si è realizzato materialmente. Se da un lato non mi sentivo all’altezza di questo passo, dall’altro ho riscoperto dentro me la missione di condividere tramite l’arte tutto ciò che mi sembrava non poter essere comunicato. Riscoperto perché in fondo ci si “scopre” davvero a mettersi in gioco, a parlare di sé a condividere le proprie emozioni, pensieri ad altri, ma anche a noi stessi. E se già per me era una scoperta trovare nell’arte quel dovere verso me stesso di cui parlavo, ovvero la maieutica, appurare che essa può essere un dono anche per gli altri è stata proprio una duplice scoperta o “ri”-scoperta.
2 Definiresti questo lavoro un mezzo catartico?
- Questo lavoro, più che mezzo “catartico”, funge da processo maieutico e come tale assolve ad un grande dovere verso di me, ma che credo dovrebbe interessare tutta la collettività. Le due cose forse possono essere solidali tra loro, ma il processo maieutico a mio avviso non impone nessuna pacificazione. È uno stato d’essere che può preludere a qualcosa di diverso. È sicuramente un grande punto di svolta, un modo per guardarsi dentro>>.
3 Credi che la scrittura aiuti a liberarsi?
- La scrittura aiuta. Anche se non amo assolutizzare. La scrittura aiuta a prendersi e a Ri-prendersi da dove ci si era persi. Rimanendo nel campo della poesia non posso non citare un film celebre come “L’attimo Fuggente”, nel quale il protagonista non semplifica l’arte (in questo caso dello scrivere) come una semplice abilità o bellezza esteriore; entra, secondo me, nell’anima della poesia dicendo: “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino, noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana….”. Mi fermerei e rifletterei solo su questa frase, che da sola esprime parte del nostro essere.
4 Quanto è importante sapersi guardare dentro?
- Darei uno sguardo prima di tutto allo stesso concetto di importanza: esso è altamente soggettivo in fin dei conti, e contestualizzato nella società occidentale, per me ha un aspetto non molto positivo. Fin da quando ero piccolo ho visto che la nostra struttura sociale dava “importanza” ad un certo tipo di cose; ad esempio avere un certo prestigio nella società, avere un certo tenore di vita, apparire, se posso esprimerlo con una parola; e onestamente ne sono stato sopraffatto. La nostra cultura, intensa molto superficialmente quella intrisa e direi anche “manipolata” dal capitalismo, ha mostrato proprio questo, impastandoci nel mezzo, qualche valore o moralismo per mascherare il profitto. L’altra parte della medaglia è che, se andiamo invece alle radici profonde della nostra Cultura che definisco con la C maiuscola, proveniamo dal grande mondo dei filosofi greci, che hanno dato un grande spunto per “guardarsi dentro” e che , sempre a mio avviso, lo hanno inteso come necessità primaria.
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