Recensioni ed Eventi – Nuove Edizioni Bohémien – Febbraio 2014
A cura di Maria Pia Basso
Foto di M.P.B.
Si è svolta ieri, 18 febbraio 2014, nella Società giarrese di Storia Patria e Cultura”, la presentazione del libro “Le ore di Roma e altri canti” del prof. Giuseppe Piazza, dottore in lettere classiche e docente di materie letterarie negli istituti superiori di secondo grado.
Nella sua raccolta di poesie, riportate in ordine sparso e non in sequenza cronologica, aleggia con forza la figura del Leopardi. Ciò si evince, oltre che nel pensiero ad essa sottesa, dalla scelta del lessico che può definirsi solenne, elevato e ispirato. Nella prefazione al testo, curata dal critico letterario Giorgio Berberi Squarotti, viene rilevata, tra l’altro, la contrapposizione tra bellezza e verità e il discorso si innerva nelle descrizioni, nelle visioni, e in una costante contemplazione dell’animo umano.
<<Non è un libro facile, anche se apparentemente innocuo>>, ha sottolineato la prof.ssa Mariella Fiume, scrittrice e critica letteraria. Si tratta , infatti, di un testo in cui predomina la contrapposizione di termini, a mo’ di ossimoro, come, forse, potrebbe definirsi la stessa vita dell’essere umano; un percorso quasi contraddittorio di un’esistenza che conduce ad una fine annunciata in cui il tempo trova la propria dimensione limitata.
Vita e morte, in apparente antitesi, costituiscono “il primo” e “l’ultimo” gradino dell’intero nostro peregrinare terreno in cui, osserva l’autore, dovremmo imparare a “svecchiare la mente” al fine di “rubare i segreti alla morte”. Solo così giungeremmo ad abbracciare “il tempo dilatato della coscienza”, quello che rifugge, cioè, dall’essere incasellato in uno stereotipato calendario da quale diffidare poiché rimanda la nostra immagine nell’immediato: poi tutto è ombra.
La dottoressa Fiume ha condotto lo spettatore alla comprensione del testo e alla riflessione sui temi trattati, in un excursus centellinato con puntualità e dovizia di particolari dal quale tuona, su tutte, l’importante considerazione in base alla quale l’uomo necessita di rinvigorire un un Io intorpidito e soggiogato, a tratti, a consuetudini nelle quali si inabissa un’identità che anela, invece, ad essere libera da condizionamenti di sorta che ne comprimono l’essere e l’agire.
<<La poesia condurrà l’uomo a superare i limiti della propria coscienza, andando “al di là dell’apparire fenomenico”>> – ha continuato la relatrice. Poiché è attraverso l’elegia che lo stesso potrà aggiungere qualcosa al Creato. E l’autore non si sottrae a questo compito, ponendo in essere una riflessione in versi che è poesia della mente che grava su se stesso e sul mondo, nella consapevolezza di attribuire nuovo significato alla parola, riferita nel testo ad un immaginario lettore al quale si rivolge per mezzo di un discorso filosofico scorrevole “ricco di proposizioni relative e di subordinate”. E “la poesia deve disincantare, superando la pacifica normalità di tutte le parole imperfette”. La raccolta, basata sulla “logica poetica dell’etica del viandante”, assurge così a “umile viatico di pensiero”, donato proprio a “quell’uomo in cammino” lungo il sentiero dell’universo chiamato Vita.
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