Benessere
A cura di Federica Zanca
Il piede è sempre stato considerato una parte attraente dell’anatomia femminile, come dimostra la letteratura antica. I poeti cantavano piedi morbidi, snelli, aggraziati dell’amata che spuntavano dall’orlo della veste.
Nei miti greci e latini ci sono descrizioni molto dettagliate dei piedi delle dee e di donne protagoniste di famosi episodi.
Artemide viene raffigurata mentre leggiadra corre nei boschi come volasse sulle sue sottili caviglie, Afrodite spunta spogliata dalla schiuma del mare con le unghie dei piedi che paiono di madreperla, le ninfe dei boschi sono rappresentate mentre scalze danzano felici in mezzo alla natura. La stessa dea Venere viene colta mentre seduta sulla riva di un fiume si toglie una spina infilatasi nel tallone di uno dei suoi piedi rosati così affascinanti che Adone vedendola se ne innamorò.
I piedi in Oriente sono da sempre i principali protagonisti in campo erotico; molte leggende, per merito di Sir Richard Burton, vissuto in pieno 1800, raccontano di costumanze amorose di donne arabe e indiane che con i piedi perfettamente depilati e curati, privi di callosità e con la pelle ammorbidita da olii profumati e creme, decoravano la pianta, il dorso e le parti laterali con l’hennè
così da renderlo seducente e attraente.
Inoltre, per renderlo più sensuale il piede veniva tenuto scalzo, senza scarpe appoggiato su tappeti decorati; al limite venivano indossate delle babbucce ricamate. Cavigliere e fascia a catenelle non potevano mancare!
“Il giardino profumato” scritto nel XVI secolo dallo sceicco tunisino Omar ibn Muhammed al-Nefzawi, tratta nello specifico ogni aspetto dell’erotismo, ovviamente in modo lecito. Viene esaltato l’amore erotico purché consumato nel talamo come vuole il Corano e tra le descrizioni esplicite sull’uso dei piedi nulla è lasciato all’immaginazione, anzi, compaiono citazioni religiose.
La venerazione indiana per i piedi divini non poteva che coinvolgere anche i normali piedi umani tanto che si riscontano poesie, racconti e manuali che parlano di questa parte del corpo come elemento di fascino e seduzione, raffigurato sempre nudo e ornato di gioielli o dipinto.
Nell’Atharva Veda, insieme di formule e ricette magiche si danno consigli di igiene e incantesimi per stregare il piede: quello dell’amato che volgerà i suoi passi verso la compagna per trascorrere notti deliziose e, per contro, quelle del nemico, per spedirlo per direttissima nell’aldilà.
Altro poema epico, il Mahabharata, raccoglie miti, leggende e storie di guerre: in questo testo suddiviso in diciotto libri, ci sono le istruzioni rivolte ai giovani principi per imparare a fare il re.
Tra queste anche il suggerire tecniche sessuali legate all’uso dei piedi per soddisfare il proprio harem di mogli e concubine.
Lo stesso Kama Sutra che raccoglie materiale dal 300 a.C. al 400 a.C. porta il piede in auge: si consiglia di accostarsi all’amata baciandole la mano se è in piedi, ma se fosse seduta sarebbe preferibile baciarle il piede, preludio infinitamente più coinvolgente e seducente. Il bacio dell’alluce è definito “bacio dimostrativo” delle proprie intenzioni. Viene poi descritta l’arte di solleticare con il proprio piede il piede e la caviglia della signora, volgarmente definito da noi “fare il piedino” e successivamente usare la punta delle dita per imprimerle sulla pelle piccoli segni con le unghie; specifica, altresì, che se entrambi sono in acqua meglio che lui stringa le dita dell’amata con le dita dei propri piedi e conclude maliziosamente affermando che ciò che può essere fatto con le braccia si
può fare anche con i piedi!
Altri poemi mitologici celebrano con squisiti versi la luce rosata che irradia dalle unghie dei piedi della fanciulla desiderata e amata.
Amaru nel celebre “Cento poemi del re Amaru” suggerisce di spogliare l’amata senza usare le mani.
“Così egli mi ha sollevata sul suo petto e mentre mi faceva sciogliere
con quel suo folle mordermi la bocca, con la punta dei piedi mi ha sfilato la veste”.
E per terminare la leggenda dell’albero sacro della Saraca Indica il cui nome equivale a “senza dolore” dove viene narrato che i fiori di questa pianta si aprono solo se il tronco viene sfiorato dal piede nudo di una bella donna, altrimenti i suoi boccioli si seccano e cadono.
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