Parmenide e Cristo: la Via la Verità e la Vita.

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Indagine Storico-Filosofica
A cura di Enzo Coniglio

Le celebrazioni quaresimali e pasquali potrebbero costituire una eccellente occasione per riflettere sulla nostra situazione di “catapultati a nostra insaputa sul pianeta Terra” e sulla necessità di capire la “logica di questa complessa avventura” che ci riguarda direttamente.

Purtroppo, i numerosi stereotipi accumulati da secoli e sedimentati in un cristianesimo di facciata, comunicato da preti formati in seminari obsoleti e da intellettuali avvolti nelle tenebre del nulla,  non permettono di trarre pieno vantaggio di questa seria opportunità non solo da parte dei credenti ma anche per chi cristiano non è ma che vive – come ha detto bene Benedetto Croce nel suo saggio del 1942 – impastato in una civiltà che si dice cristiana, tanto da non potersi non dirsi cristiano.

Eppure, a ben vedere, la volontà di dare una risposta a questo “vitale quesito”, non poteva essere soltanto appannaggio di “catapultati” che assumono una “risposta cristiana” anche per un motivo banale: il Cristo è nato soltanto due mila anni fa, mentre l’avventura è iniziata milioni di anni fa.

E’ quindi interessante esplorare altre ipotesi di pensiero elaborati da altri personaggi che hanno preceduto e seguito tale “accadimento” e lo facciamo scegliendo un esempio emblematico di un personaggio molto discusso e molto poco compreso, come il mio grande amico da una intera vita, insieme a Cristo: Parmenide di Elea che sembrano avere idee per alcuni versi molto simili, almeno su tre punti.  la Via, la Verità e la Vita.

Per meglio capire quanto segue, vi invito a rileggere: “Il giubileo di Parmenide e di Papa Francesco…” nel mio blog enzoconiglio.wordpress.compubblicatola settimana scorsa.

Dedico queste riflessioni agli amici e soci di “Nuove edizioni Bohémien” pubblicate nella mia città natale di Acireale e alla sua dinamica Presidente, Maria Cristina Torrisi.

1. LA VIA

La prima cosa da fare nella nostra situazione di catapultati. è naturalmente quella di intraprendere un percorso per capire cosa sia veramente successo, il contesto e il senso di tale avventura”.E Parmenide 2500 anni fa, decide di intraprendere questa Via, spinto dal suo irrefrenabile desiderio di conoscenza (thumòs), guidato da quel “Démone divino”(daimon) che abbiamo dentro di noi,  su un carro guidato da dolci fanciulle, le Heliàdes, figlie del Sole ,  che vivono con noi sulla terra ma con il capo coperto da “veli” che ci impediscono di individuarle, e con loro, di individuare la fonte della luce-verità.

Si tratta di un cammino lungo, difficile e comunemente non battuto dagli altri esseri umani, che ci permette, grazie alla illuminazione delle dolci Fanciulle divine, di arrivare al cospetto della Dea che ci potrebbe rivelare la “Verità ben rotonda” e farci capire anche le “opinioni dei mortali in cui non vi è verace certezza”.

In fondo si tratta di un percorso di ricerca e di vita che ci conduce alla Verità su quell’accadimento che ci ha catapultato… ma dove? Per scoprirlo, dobbiamo attraversare una Porta dalle  solide chiusure controllata da precise leggi divine inviolabili.

2. LA VERITA’  

E la verità che la Dea rivela è estremamente semplice: che  Parmenide e ogni altra “persona” non è “sorta” dal”nulla” che non è neppure pensabile,  ma vive all’interno di una sola dimensione che tutto abbraccia e che è quella dell’ESSERE, all’interno del quale vi è anche l’esistere ma che non si identifica tout court con esso. E tutto vive e prende forma all’interno dell’ESSERE.che ha delle leggi “logiche” e “necessarie” che lo stesso Essere si è dato e si dà, in un processo cosmico infinito.

In altre parole, la nostra vita è preziosa, per nulla banale e casuale, fatta a immagine e somiglianza dell’Essere. Non siamo noi che determiniamo le leggi dell’Essere e/o del Kosmos. Al contrario dobbiamo capirle e viverle pienamentein quanto Essere noi stessi.

Naturalmente la Dea parmenidea non è  definibile e non ha un nome come il Dio cristiano che è “Colui-Che-E'”, cioè si identifica con l’ESSERE. La differenza tra i due è soltanto culturale: Parmenide la presenta come donna perchè generatrice, in coerenza con la grande tradizione millenaria mediterranea e Cristo vive all’interno della tradizione ebraica.

3. LA VITA

Da questo lungo e travagliato percorso che si conclude però in maniera sublime, come meglio non si poteva immaginare, Parmenide può finalmente capire il significato vero e profondo della propria vita e le sue interazioni con il Tutto-Essere e le sue leggi.  

Ha compreso che la sua vita non è qualcosa di banale ma al contrario è iscritta in un ambito ben definito e retto da regole puntuali. Va capita e vissuta pienamente. 

In CONCLUSIONE, Parmenide incarna la figura ideale dell’INTELLETTUALE nel significato semantico del termine che “sa leggere dentro” se stesso, dentro gli avvenimenti della sua città, dentro il Kosmos e naturalmente solo in parte, dentro l’ESSERE come dimensione logica-ontologica.

Una dimensione affascinante per ogni intellettuale degno di questo nome alla vigilia delle festività pasquali che concludono un lungo viaggio – quello di Cristo, figlio di Dio e Dio lui stesso, perché Colui-che-è, principio e fondamento.
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