OMICIDIO ALLA SPADASANTA

firefox_20012_ubuntu_enus_770x300_100313435“Il libro è una sequela di trovate, sprazzi umoristici e nonsense, lampi di umanità, forme letterarie che “tagliano” la pagina facendo a pezzi i canoni del genere il tutto rappresenta si potrebbe dire, una lettura unica nel suo tipo. “
A cura di Stefano Tagliaferri
Impressioni di un lettore qualunque.
Penso che l’importante sia provare. Sempre. Chiudersi non sembra mai una buona strategia, specie con i libri. Dunque proviamo Omicidio alla Spadasanta, un giallo fuori….e sopra…le righe.
Quando devo parlare di un cattivo libro, trovo facilmente gli argomenti. Con un buon libro, invece, è stranamente più difficile. E Omiciio alla Spadasanta lo è. Un buon libro, intendo.
Quando, all’inizo, si approccia la dramatis personae si perde un po’ di coraggio. Tutti questi personaggi? Sarà sicuramente dispersivo. E invece, straordinariamente, non lo è. Ogni personaggio ha il uso ruolo, incastonato in uno spazio specifico, e la struttura investigativa della storia, quasi del tutto dialogata, facilita la lettura.
La storia, in sè, ha un impianto classico : omicidi da risolvere, testimoni da interrogare, un passato ingarbugliato da esplorare e sciogliere. Ma Susanna Basile sa il fatto suo e ha ben chiaro come “giocare” con la . scrittura creativa, e sono dunque le trovate all’interno del testo a rendere l’esperienza di lettura “diversa” da altre “giallistiche” letture. Le frasi sibilline e profetiche all’inizio di ogni capitolo (gli enigmi, a mio parere), le parole o frasi intere in grassetto (la sintattica) che catturano l’attenzione sui dettagli e poi, naturalmente, la storia. Il GES sembra dunque un esperimento vincente, ma bisognerà vederlo ancora all’opera per una eventuale consacrazione.
Tutto qui?  No. Perchè il libro è una sequela di trovate, sprazzi umoristici e nonsense, lampi di umanità, forme letterarie che “tagliano” la pagina facendo a pezzi i canoni del genere il tutto rappresenta si potrebbe dire, una lettura unica nel suo tipo. Fino a metà libro ci si diverte. E tanto. Dopo, l’autrice ingrana la marcia. E bisogna stare al suo gioco, e alla sua velocità, per godere appieno del risultato finale.
Torregrossa giganteggia su un cast di comprimari di livello : menzione d’onore per Agata Serra, Erbiagiotti, Rosetta e Patonza, personaggi su cui si potrebbero scrivere intere storie.
Omicidio alla Spadasanta non è per tutti. E’ un giallo-non-giallo, quasi un esperimento, che forse fa del teatro dell’assurdo messo in scena nel finale il suo punto di forza. Forse, è questo uno dei pochi punti deboli. Bisogna stare al gioco. Avere pazienza. Non avere pretese. E scegliere di lasciarsi trascinare, anche perchè nel finale la lettura diventa anche sfidante : da una parte alcuni sprazzi tecnicistici rischiano di sviare troppo l’attenzione del lettore, e l’ingresso improvviso delle Sator (su cui sarebbe bello leggere un intera storia) crea un attimo di panico…forse andavano tratteggiate o intodotte prima….forse. Perchè non credo ci siano così tante certezze in questo libro, così come vorremmo ci fossero in ogni libro. Ma non c’è bisogno di certezze quando al timone c’è un autrice che non conosce la banalità e il cui scopo sembra proprio quello di togliere ogni certezza al lettore fin troppo assuefatto dalla narrativa mainstream. Si diceva, rompendo gli schemi classici.
Omicidio alla Spadasanta è dunque un buon libro. Sperimentale, coraggioso, non per tutti che illumina il lettore prendendosi anche dei bei rischi. E che alla fine, una volta chiuso, lascia il segno.
Non resta che attendere una nuova indagine di Torregrossa e company e chissà, magari anche un bello spin-off sulle Sator.