LO SPECIALE
Recensioni ed Eventi
E’ vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.
L’INTERVISTA DI MARIA CRISTINA TORRISI
Un passato che rivive attraverso una pregevole pubblicazione. Ed un personaggio che emerge prepotentemente tra corpose pagine con tutto il fascino che gli è appartenuto, emozionando coloro che desiderano scoprirne il pensiero e l’aspetto umano.
Si tratta del diario di Pasquale Pennisi di Santa Margherita, intitolato “Lo specchio delle mie giornate”, curato da Ghiselda Pennisi e Marcello Proietto. Un documento di straordinaria rilevanza, corredato del saggio introduttivo di Renato Moro, e che permette al lettore di comprendere il periodo della storia italiana nella seconda guerra mondiale.
Rapita dal fascino di un passato che ha sempre un’ eredità da farci scoprire e contemplare, infervorata al pensiero di quanta emozione si possa provare nel ritrovarsi tra le mani un diario di inestimabile valore, ho desiderato intervistare per Nuove Edizioni Bohémien Ghiselda Pennisi, nipote di Pasquale di Santa Margherita, e l’amico Marcello Proietto.
Il confronto a tre si è rivelato fruttuoso e anche simpatico, poiché le interviste hanno permesso di comprendere il lavoro certosino realizzato, ma anche di carpire qualche particolare aneddoto sulla figura di Pasquale.
. Marcello Proietto
Marcello, parlaci di questa pubblicazione.
La pubblicazione è una continuazione del lavoro che è stato svolto nel 2015 e che riguarda gli Indici dell’epistolario della famiglia Pennisi di Santa Margherita di Acireale: 1894-1938, pubblicato grazie all’Accademia dei Dafnici e degli Zelanti di Acireale. L’epistolario concerne in buona parte i genitori di Pasquale di Santa Margherita: Maria di San Giuliano e Giuseppe Pennisi di Santa Margherita.
Perché il diario?
Dopo aver pubblicato e presentato gli Indici dell’ epistolario della famiglia, il papà di Ghiselda mi invitò un giorno a casa dicendomi che aveva due diari da farmi vedere. “Te li voglio fare leggere – disse – e poi tu pensa magari se si possono pubblicare o meno”. Ovviamente, io risposi di non essere la persona più adatta per trattare di storia contemporanea essendomi sempre occupato di storia medievale. Quindi ho proposto di trascriverlo e poi di trovare qualche persona addentrata nello specifico. E qui è subentrato il professore Renato Moro.
Quindi il lavoro ha avuto inizio con la trascrizione.
Sì. Abbiamo trascritto i due volumi, dopodiché, vedendo che c’era molto contenuto importante sia dal punto di vista storico, politico, sia dal punto di vista umano (per non parlare poi di tutta quella che è la sfera privata; poiché all’interno del diario vi è anche una parte riguardante determinate situazioni familiari che abbiamo deciso di omettere per una questione di privacy), ho avviato delle ricerche per trovare una persona adatta a leggere il diario e ottenere magari un commento, un’opinione per la pubblicazione. Attraverso le mie ricerche, con l’aiuto anche di miei amici che lavorano all’Università, sono arrivato a Renato Moro che è ora professore emerito di Storia Contemporanea all’Università di Roma. Quando ha saputo che si trattava del diario di Pasquale di Santa Margherita ha affermato che Lo citava spesso nei Suoi studi poiché Egli è stato anche professore di Diritto Internazionale nonché di Diritto di Storia del fascismo e membro fattivo della F.U.C.I. Dopo aver letto il diario ci contattò e ci disse che bisognava pubblicarlo per il valore storico e politico che coinvolse Pasquale nel periodo romano, dal 1939 al 1946, e perché tratta non solo del periodo fascista ma anche degli sviluppi della seconda guerra mondiale.
Per creare poi l’apparato delle note, siamo stati aiutati da un ricercatore di Renato Moro, poiché il diario presentava tanti nomi e citazioni da dover sviluppare. Lui invece ha realizzato un saggio introduttivo di cento pagine dove ha spiegato e contestualizzato soprattutto quest’uomo. Perché dobbiamo ribadirlo: non dobbiamo cadere nei luoghi comuni che si tratta di un libro di un fascista. È un diario di un personaggio che è vissuto in quel periodo e che spiega la realtà dell’epoca ed il processo politico. Nelle ultime pagine, emergerà poi la sua delusione nei riguardi del fascismo.
E’ innegabile di quanto il diario sia importante per la documentazione derivante da una “fonte primaria”.
Certamente. Inoltre, nel diario si narra di un breve incontro avvenuto con Mussolini. Sono bellissime le pagine da lui descritte. All’interno della pubblicazione, si trova poi un breve saggio mio e di Ghiselda, atto a contestualizzare il diario e a spiegare in “quale modo” si deve leggere. Vi è poi tutta la parte trascritta, che è quella più corposa, e quella finale in cui vi è un ricordo di Ghiselda del nonno. Infine, a corredo, l’indice dei nomi inseriti in tutto il volume. Questa è la struttura del volume.
Marcello, una curiosità: qual era la grafia di Pasquale? La immagino elegante.
Io ho visto le lettere di Pasquale quando aveva cinque o sei anni e poi ho visto la scrittura di Pasquale maturo. È ovvio che la grafia da bambino è elementare. Da adulto, secondo me, non è elegante. È piuttosto una scrittura in cui molte volte è difficile la comprensione in quanto la lamiera dello scrivere è molto veloce. Invece, era bellissima la scrittura della mamma Maria di San Giuliano e del padre Giuseppe, così come si evince nelle lettere dell’ epistolario che sono delle vere e proprie opere d’arte. Nella scrittura di Pasquale si vede l’affermazione di una persona che ha studiato: lo vedi da come sa utilizzare la penna perché la scrittura è molto scorrevole.
Ghiselda, perché “Lo specchio delle mie giornate”?
Il titolo nasce appositamente perché mio nonno scriveva per fare un esercizio quasi di “autopsicanalisi” e di riflessione. Scrive per sé stesso e in parte per i figli. Infatti, sul lato familiare, una delle cose che abbiamo deciso di lasciare sono i due momenti della nascita prima di mio zio Giuseppe e poi di mio padre, in cui lui si rivolge direttamente a loro.
Egli spiega, in questi due passaggi, il momento della nascita e il motivo per cui impone i nomi che non sono solo Giuseppe e Francesco. Vi sono dietro cinque nomi per ciascuno, così come abbiamo tutti. Nell’imporre i nomi, da cattolico fervente, ha lasciato un’eredità: i Santi a cui si riferiscono quei nomi spera possano rappresentare un percorso che si augura i figli possano intraprendere.
Egli era molto religioso perché proveniva da una famiglia di fede. La mamma Maria, infatti, partecipò al congresso eucaristico del 1913 che si svolse ad Acireale con due conferenze.
Marcello, una volta che ti sei trovato il diario in mano, quale figura hai delineato sulla personalità di questo uomo?
Leggendo il diario e togliendo tutta la parte politica, facendo emergere invece l’aspetto umano di questo personaggio, risalta una persona prima di tutto amorevole con la famiglia. Egli tiene moltissimo a costruire una famiglia. Ancora prima di arrivare a conoscere quella che diventerà la moglie, inizia a cercare delle giovani perché si vuole sposare. Purtroppo, in questa vicissitudine, spiega che le cose non sono andate bene in certune situazioni. Crea la famiglia con Ghiselda Bouis, dopo una parte di vita personale tormentata. Però puntualizza che non ha ripiegato con Ghiselda. Afferma, infatti, di averLa amata. Tra le pagine, vi è un passaggio bellissimo quando scrive che una sera, di ritorno a casa, passa da una via (fa’ elegantemente intendere che si trattava di un luogo dove si praticava la prostituzione). Nonostante sia tentato, perché “fatto di carne”, torna a casa e dice le preghiere perché vuole conservare la sua purezza.
Ghiselda vi è un qualche aneddoto che riguarda il suo diventare padre? E poi, tuo padre come si è comportato da figlio?
Il nonno è stato amorevole con i figli. Ci bada anche tanto: nel diario scrive che ha accanto Francesco. E poi che sta cullando Giuseppe.
Mio padre ha seguito esattamente quello che mio nonno ha scritto nel diario. Anche se nato a Roma, è stato enorme il suo legame con la Sua terra. Noi siamo tornati in Sicilia perché mio padre aveva questo come missione. Infatti, a casa lo chiamavano “il siciliano”. Quindi fece suo il desiderio del nonno che era così attaccato alla sua terra d’origine da descrivere anche il profumo del torrone. Talmente è scritto bene da sentirne il profumo mentre si legge.
Quindi aveva uno stile anche romanzato del suo diario?
Sì. Vi sono infatti due articoli pubblicati su La Sicilia che noi riportiamo – risponde Marcello – , in cui narra dei possedimenti a Piedimonte Etneo, dove avevano gli uliveti. Scrive che desiderava costruire una cappella cimiteriale per conservare in quella terra tutti i membri della famiglia. Un altro articolo importantissimo – ricorda Ghiselda – riporta al ricordo della zia Venera. Era la criata, alla quale Pasquale era molto legato. Sin da piccola era stata presa in famiglia e muore anziana in seno alla stessa. È bellissimo questo ricordo poiché il nonno ci fa comprendere l’importanza della servitù, parte integrante della famiglia, colonne portanti.
Ghiselda, quale ricordo del nonno? E poi, ancora un’altra curiosità: come ha conosciuto la moglie?
Io lo conosco come “padre di mio padre” e come suocero per mia madre che gli volle molto bene. Mia nonna materna diceva di mio nonno che era “il più grande signore mai conosciuto sulla faccia della terra”.
In merito alla conoscenza con nonna Ghiselda desidero che sia il lettore a scoprirlo. Però posso dire che anche lui, ai suoi tempi, ha avuto problemi con i genitori per la scelta della consorte a causa del rango. La mamma, Maria di San Giuliano, che aveva più peso rispetto ai Pennisi di Santa Margherita, desiderava per il figlio un rango nobile. E qui sono intervenute le zie di Pasquale, ribatte Marcello. Quale zia in particolare? Prima di parlare con i suoi genitori – continua a spiegare -, essendo legato a Maria De Cristoforo dell’Ingegno, che aveva sposato uno dei fratelli dei Pennisi di Santa Margherita, decise di confidarsi con Lei. Infatti scrive: “Sono andato a Catania a parlare con la zia Maria De Cristoforo per un consiglio”.
Vi è tanto da scoprire ancora su questa bella figura che ha popolato per circa sessanta minuti la nostra scena. Adesso, spetta al lettore addentrarsi meglio nella sua vita. Un grazie a Ghiselda e a Marcello.
Social Profiles