Storiche Memorie & Per non dimenticare… – Nuove Edizioni Bohémien – Edizione Speciale Marzo 2014
A cura di Laura Maiorana
Lo Stato Italiano nasce il 17 marzo 1861 con la promulgazione della prima legge, approvata dalle due Camere neo formate del Senato e dei Deputati: << Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d’Italia> >. Nell’unico articolo del provvedimento, tuttavia non compare alcuna menzione del popolo, che svolse un ruolo dominante nell’improvvisa accelerazione del progetto di unificazione. Per tale ragione, i parlamentari ottennero che nell’intestazione degli atti ufficiali fosse scritto “ Vittorio Emanuele II, Re d’Italia per grazia divina e volontà della nazione”; facendo così riferimento a due componenti fondamentali: la fede Cattolica, attraverso il tributo di riconoscenza “all’ ente supremo” e la gente, esprimendo il sentimento democratico che in Garibaldi aveva visto il cuore e l’anima del Risorgimento. Unificare i territori della Penisola era un sogno. La causa promossa e sorretta con grande veemenza da Camillo Benso Conte di Cavour poteva finalmente divenire concreta realtà: falliti gli accordi verbali di Plombiéres con Napoleone III, nel 1860 egli , in qualità di Presidente del Consiglio, chiese e ottenne dal Parlamento Piemontese il potere di compiere, tramite decreto, l’annessione di tutte le Province che avessero votato, attraverso un plebiscito, l’annessione al Regno di Vittorio Emanuele II. Nel 1860 il Ducato di Parma, di Modena e il Granducato di Toscana votarono dei plebisciti per entrare a far parte dei territori sabaudi. Nello stesso anno si aggiunsero la Romagna, le Marche, l’ Umbria, Benevento e Pontecorvo. Per quanto concerne il Regno delle due Sicilie – fallito il tentativo garibaldino di arrivare sino a Roma, per l’instaurazione di una repubblica di stampo mazziniano – il 21 ottobre 1860 venne indetto un plebiscito a suffragio universale maschile con voto palese, respingendo la richiesta di chi voleva che l’Italia prendesse avvio da un’assemblea costituente. L’unità d’Italia, rappresenta, nell’Ottocento, uno dei momenti storici più significativi d’Europa. Si assistette alla nascita fulminea di uno Stato, un’ accelerazione improvvisa del corso della storia. A Teano Garibaldi salutò Vittorio Emanuele II come Re d’Italia. Il 18 febbraio 1861 durante l’apertura della prima sessione parlamentare, il Re “eletto” si rivolse a siciliani, emiliani, piemontesi, umbri marchigiani, lombardi per la prima volta insieme, ponendo fine a tutte le divisioni culturali, egemoniche, politiche: << Libera e unita quasi tutta, per mirabile aiuto della Divina provvidenza e la concorde volontà dei popoli e per lo splendido valore degli eserciti, l’Italia confida nella virtù e nella sapienza vostra. [ …] a voi si appartiene di darle istituzioni comuni e stabile assetto>>.
Dal quel 17 marzo, le vie si adornarono di tricolore e di arazzi, la popolazione scese per le strade”, da quel giorno fummo Italia, grazie al Parlamento che approvò all’unanimità la legge, grazie alle virtù dei soldati, ci fu “un solo cuore e una sola opinione per la questione italiana”. L’ Europa guardava dibattendo se o no potesse esistere uno stato creato in così poco tempo, in un così intenso e fulmineo susseguirsi d’azioni come se bisognasse solo decidere il momento per realizzare quel desiderio d’unità che gli italiani, divisi tra i popoli invasori, nutrivano nel cuore da tempo immemore. Dal punto di vista giuridico istituzionale la prima Italia assunse la struttura e le norme del Regno Sabaudo, quindi fu una monarchia costituzionale de iure secondo lo statuto Albertino. Cavour fu nominato a capo del primo governo del Regno d ’Italia, molte le problematiche da affrontare, una volta insediatosi: del resto si era deciso di tenere uniti territori attigui ma che al loro interno, avevano innumerevoli storie da narrare e tutte diverse tra loro. La prima questione urgente fu quella relativa alla scelta del modello amministrativo tra il centrale o il federale, promosso quest’ultimo da eminenti intellettuali come Giuseppe Ferrari e Carlo Cattaneo. Cavour “amava il decentramento”, non era favorevole alla tirannia della capitale bensì ad uno schema organizzativo che “ lasciasse al potere centrale la forza necessaria e alla periferia una sorta di autogoverno delle regioni e delle province”.
La scelta non fu all’insegna del federalismo come si auspicava in virtù dell’evoluzione storico politica che aveva caratterizzato le numerose regioni annesse, si finì infine col conferire all’Italia un assetto centralistico sulle orme di quello piemontese, divisa tra Prefetti di nomina regia : ci si preoccupava che anche una parziale autonomia territoriale potesse minare la precaria e nuova unità nazionale. Il “ brigantaggio” al sud e la questione romana, relativa alla rinuncia da parte di Pio IX del potere temporale per fare di Roma la capitale – cosa che si verificò solo nel 1870 – furono tra le più importanti problematiche del neoeletto Parlamento. Ferrari in un suo intervento alla camera in relazione alle ribellioni nel meridione, represse con la violenza dai garibaldini, disse: “Parliamo del popolo. Vi siete voi fatti amare? Perché l’amore infondo è la base dei troni, è la base degli Stati e sorgono gli Stati grazie alla forza creatrice dell’amore. […] Siete voi amati? ”.
E’ trascorso ormai più di un secolo da quei fatidici momenti che ci rendono tutti parte di un’unità. Da quel giorno si tentò di scrivere, per quella che ancora oggi a distanza di più di 150 anni è la nostra nazione, una storia comune, la storia d’Italia e del suo popolo. Non è patriottismo, è la necessità di ricordare che vi fu un tempo che ci vide uniti per la realizzazione di uno scopo comune, prescindendo dagli osservatori europei che esistevano allora come oggi, pensammo all’ Italia, con una sola anima.
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