A cura di Alba Maria Massimino
“Una fama già predetta da Sarah Bernhardt. L’attrice non si sbagliava: il 5 giugno del 1897 si inaugurava presso il Salon Des Centes una esposizione di 448 pezzi a firma dell’autore…”
Parte Seconda
Nelle lunghe assenze dalla Boemia e dalla Moravia, durante venti anni, la situazione (dell’indipendenza) si era evoluta.
Non c’era più bisogno di ricorrere ai simboli e alle allegorie per parlare della situazione riguardante l’indipendenza nazionale.
Dal 1904 al 1913 ben sei volte andò in America, dapprima invogliato dalla baronessa Rothschild, in quanto si accorse che la critica francese non apprezzava e non capiva l’esistenza dell’artista nei confronti della propria Patria.
In America l’aspettava la gloria con conseguenze di offerte di contratti che furono rifiutati dall’artista per non ricadere nello stesso errore commesso in Francia, dove fece ritorno lo stesso anno, nel 1904, per collaborare con numerosi periodici.
A Praga, il 10 febbraio del 1906, sposò Maria Chytilova, una studentessa d’arte conosciuta nel 1903 a Parigi.
Il suo pensiero era sempre più fisso nel dover sostenere con la sua arte il popolo slavo.
Nel 1909 accettò di affrescare le sale del sindaco del municipio di Praga.
“Solidarietà delle Nazioni” fu il titolo del soffitto, per il quale il simbolo del nazionalismo ceco fu espresso sotto l’aspetto di di una grande ombra di un falcone con le ali spiegate.
Tutto il resto della scena fu completato con fregi di alberi da frutta e personaggi in costume slavo.
Per gli affreschi murali l’artista volle affrontare i soggetti storici e patriottici, uno dei quali si intitola: “Madre della nazione sacra accetta l’amore e l’entusiasmo di tuo figlio”.
Un’opera grandiosa dove questo “figlio” erge una figura nuda che si offre alla Patria.
Ai lati della stessa opera e in secondo piano due personaggi storici enormemente ingigantiti e sullo sfondo, con colori pastello, appaiono re ed eroi e l’immagine della madre patria.
All’altro affresco vuole dare il titolo di “Asservita e torturata Tu rivivrai o mia Patria!”. L’artista sente il bisogno in questo suo lavoro di rappresentare un uomo a simbolo della resistenza tra i corvi che circondano il popolo asservito.
La terza decorazione, infine, vuole essere un invito a liberarsi dall’invasore.
Vengono rappresentati tre uomini che emergono dalla folla e al centro la decorazione altro non è che una allegoria: la libertà attraverso la forza, l’unità attraverso l’amore.
I cechi e gli slovacchi rappresentati come due personaggi aggrappati alla roccia sono il simbolo di un invito all’unità.
Fu un lavoro questo che impegnò Mucha dal 1909 al 1912 e quasi contemporaneamente nel 1910 cominciava a prepararsi un’altra opera: un progetto che sarebbe durato ben 18 anni e per il quale intraprese viaggi di studio in Russia, Polonia, Serbia, Bulgaria, spostandosi con ogni mezzo, affrontando disagi e fotografando luoghi per essere fedelmente impressi nella sua opera.
Fu in Russia soprattutto che scoprì l’antica terra degli slavi così come lui sentiva fosse stata.
L’opera immensa dell’epopea slava fu sostenuta da un miliardario americano, Charles R. Crane, ilquale più volte aveva dimostrato di simpatizzare con la causa slava.
Nel 1919, presso le sale del Clementinum, furono esposte circa dieci opere.
All’ammirazione del pubblico non mancarono le critiche degli avanguardisti che ritenevano le opere troppo cariche di realismo e di simboli in un’epoca con sentimenti già sorpassati.
Nell’ottobre del 1928 Mucha e Crane annunciarono che l’opera era conclusa.
Alla città di Praga furono donate venti tele.
L’epopea slava fu esposta solo parzialmente a causa delle dimensioni enormi delle tele che vennero spostate da un luogo all’altro, prima nel Palazzo dell’Industria poi in una scuola di Praga, dove rimasero sino all’inizio della seconda guerra mondiale.
Le tele, durante il periodo bellico nazista, furono arrotolate e nascoste per tornare alla luce dopo molto tempo.
L’epopea slava oggi si può ammirare presso il Castello di Moravsky Krumlov, in Moravia.
La tematica dell’opera, cronologicamente, fu sviluppata dall’artista da un periodo che va dal terzo al ventesimo secolo.
Dieci tele rappresentano gli avvenimenti della storia ceca, le altre dieci quelli della storia panslava.
L’artista volle dividerle in temi religiosi, culturali e allegorici.
Mucha non era solo riuscito a dare qualcosa di artistico alla sua Patria, ma in quegli anni di intenso lavoro aveva cercato con tutto se stesso di donarsi alla sua Nazione tramite un realismo pittorico che anche se di moda negli anni venti lo portavano lontano dagli studi artistici che altri suoi contemporanei sviluppavano, in un momento in cui l’arte contemporanea subiva una naturale evoluzione, in una Parigi pullulante di artisti che fecero della Capitale francese la Patria dell’arte a cavallo tra il XIX e XX secolo.
Il richiamo patriottico di Mucha fu anche espresso in altre iniziative.
Per la repubblica cecoslovacca disegnò tra il 1919 ed il 1929 un aserie di banconote.
In quella da cento corone volle immortalare il volto della moglie Maruscka, in quella da dieci e da cinquanta corone invece volle disegnare quella della figlia Saroslava.
Successivamente, riprodusse il volto della figlia di Charles R. Crane, josefhine nelle vesti di Slavia, da un lavoro eseguito negli Stati Uniti nel 1908.
Completata l’epopea slava si stabilì a Praga.
Nel 1931 disegnò la vetrata per la Cattedrale di S. Vito.
A Parigi, al museo del Ju De Paume veniva dedicata una grande esposizione a Mucha e all’artista ceco Kupka.
Tre anni dopo cominciò ad avvertire i primi problemi legati ad una infiammazione polmonare. Morì il 14 luglio del 1939.
Alcuni suoi artisti contemporanei furono: Cezanne, Rossetti, Picasso, Toulouse Lautrec, Van Gogh, Monet, Klimt, Pissarro, Renoir, Matisse, Boccioni, Carrà, Balla, Severini, Modigliani…
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