Cronaca di un’epoca
A cura di Giovanni Vecchio
Il padre del Futurismo parlò a bordo di un aereo di compensato e ricevette un tacchino.
A centododici anni dalla pubblicazione su “Le Figaro” di Parigi del Manifesto del Futurismo (20.02.1909), meritano di essere ricordati alcuni episodi “minori” poco noti. In uno di questi trovò uno sbocco per la sua breve vita (fu abbattuto con il suo aeroplano durante un’azione bellica dell’ultimo conflitto mondiale) il sergente maggiore pilota Giovanni Mangano (1915-1941) di Santa Venerina, fortemente motivato nella scelta di diventare pilota dalla martellante propaganda fascista e futurista sul volo.
Occorre partire dall’importanza che assunse all’interno della politica culturale del fascismo l’incontro tra il giovane radicale e fondatore del movimento artistico rivoluzionario del Futurismo Filippo Tommaso Marinetti, esaltatore del volo aereo simbolo del superamento delle “piatte prospettive” comuni, e Benito Mussolini, che intese subito il contributo concreto che poteva dare il futurismo al nazional-socialismo.
Marinetti amava la lotta e l’audacia. L’incontro con Mussolini fu casuale, ma, come afferma Francesco Grisi, “l’occasione diventa per lui un destino. Lo seguirà sempre nella buona e nella cattiva sorte”.
La politica agricola del regime (“bonifica integrale”, produzione del grano…) prevedeva la mobilitazione del mondo rurale e nella seconda metà degli anni trenta nella piazza Roma di Santa Venerina si svolse un’imponente manifestazione durante la quale le “donne rurali”, vestite con il tradizionale abito delle contadinelle, vennero premiate. Le iscritte negli speciali elenchi avrebbero ottenuto la pensione.
Al raduno si associarono i bambini delle scuole elementari con i rispettivi maestri e un pubblico delle grandi occasioni: tutto il paese fu in piazza Roma.
I raduni o i saggi ginnici (allora detti “ginnastici”), com’è noto, all’epoca erano comuni perché imposti dal regime, ma stavolta l’evento fu memorabile perché a tenere il discorso ufficiale in piazza Roma fu un celebre personaggio, il poeta fondatore del Futurismo Marinetti, il quale arringò la folla con linguaggio “esplosivo” da un aeroplano di compensato, che era stato costruito appositamente nella falegnameria locale di Peppino Calì e poi dipinto con particolare cura dal pittore Nunziato Spina.
I testimoni ricordano che fu un’opera straordinaria, frutto dell’inventiva degli artigiani locali. Dopo il vigoroso discorso, una delle contadinelle portò in omaggio all’ospite un grosso tacchino.
Come mai fu costruito un aereo di legno? Perché Marinetti per rivolgersi alla folla vi si collocò all’interno?
Sin dalla pubblicazione su “Le Figaro” del “Manifesto del Futurismo”, egli aveva esaltato “la gioia inebriante del volo che concede all’uomo nuove prospettive, nuove dimensioni, un nuovo senso della realtà, della natura, della patria”, come viene confermato dall’opera “Motoplan du Pape” (1912), nella quale esalta liricamente in versi liberi il volo e le prospettive aeree dell’Italia dall’Etna a Roma, Milano, Trieste.
I seguaci del Futurismo continuarono sulla stessa scia con l’aeropoesia” di “Aeroplani” di Paolo Buzzi, “Ponti sull’Oceano” di Luciano Folgore, “Caproni” di Mario Carli. Nel 1926 il pittore e aviatore futurista Azari creò la prima opera di aeropittura “Prospettive di volo” e nel 1929 un altro pittore Gerardo Dottori ornò l’aeroporto di Ostia con una mirabile decorazione aviatoria futurista. Tralasciando altri nomi, citiamo almeno Fortunato Depero che nel 1934 lanciò il “Manifesto dell’aeroplastica futurista” e lo stesso Marinetti che scrisse “Spiralando sul Biancamano”, in cui esaltava la gioia del volo e dell’aerea contemplazione del mare, e l’ “Aeropoema del Golfo della Spezia”, nella cui introduzione scrisse: “Guai all’aeropoeta futurista se non riesce a caricare l’aeropoema d’una quantità enorme di gas lirico, tanto gas da farlo scoppiare”.
E torniamo al nostro sergente pilota, che fu affascinato dal discorso di Marinetti e decise di cimentarsi anche lui con la “magia” del volo. Ma, come detto, ci lasciò la vita ancora giovane; “in compenso” gli è stata dedicata una via nel suo paese natìo.
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