PARTE PRIMA
“Gli storici del tempo hanno sottolineato che il re Carlo, con garbo unito a fermezza, abbia suggerito l’idea progettuale al Vanvitelli e che quest’ultimo abbia risposto con umiltà: “Maestà, questa lezione che degnasi di darmi sarà bene tenuta a mente ed eseguita senza alterazioni”.
A cura di Luigi Tallarico
Il 20 gennaio del 1752, Carlo III di Borbone, primo re di Napoli e figlio di Filippo V di Spagna, “pone la prima pietra – annota l’annalista Matteo Camera – alla costruzione della magnifica reggia di Caserta”. Per la progettazione della sua residenza il monarca chiamava l’architetto Luigi Vanvitelli, attivo a Roma e a Napoli, a lui proposto dal cardinale Gonzaga, per rinnovare l’idea del gusto romano a al fabbricare l’eternità”, come abulicamente verrà pronosticato dal Piccolomini. In effetti il re di Napoli – che nell’ottobre 1759 lascerà la capitale del suo regno per cingere la corona di Spagna, quando la reggia non era ancora completata – aveva in animo, una volta accantonato il progetto di Mario Gioffredo su un palazzo-fortezza, di realizzare una residenza sul tipo di Versailles, che evidenziasse la magnificentia regale e colmasse l’ambizione di quel sovrano che sarà poi l’ultimo protagonista della monarchia assoluta.
Gli storici del tempo hanno sottolineato che il re Carlo, con garbo unito a fermezza, abbia suggerito l’idea progettuale al Vanvitelli e che quest’ultimo abbia risposto con umiltà: “Maestà, questa lezione che degnasi di darmi sarà bene tenuta a mente ed eseguita senza alterazioni”. Infatti nel 1789, con accento encomiastico, il D’Onofri riferirà nell’Elogio estemporaneo per la gloriosa memoria di Carlo III” (!789, Napoli), che il re, alla presenza di Vanvitelli, “col compasso reale nelle mani e con il lapis, disegnò i primi abbozzi del gran palazzo, con stabilire spazialmente un centro il quale fosse a pié della Scala Regia, da cui simmetricamente si diramassero quattro larghi passaggi ai rispettivi quattro gran cortile…”. Dal canto suo il Vanvitelli “non sembra mai troppo deciso nel difendere le sue opinioni, anzi non le difende affatto e subito s’adegua alla sovrana volontà”, per cui imposterà fedelmente, ma dobbiamo dire genialmente, “la progettazione su un asse prospettico lungo tre chilometri che collega il vialone alberato proveniente da Napoli, la galleria assiale del palazzo e il viale centrale del parco che si prolunga fino alla cascata”, secondo l’approfondita indagine di C. De Seta (in “Il Real Palazzo di Caserta di Luigi Vanvitelli: genesi e sviluppo del progetto” – “Trionfo del Barocco – 1999, Milano).
Inoltre l’intenzione del Vanvitelli era di inserire la scena prospettica della reggia “in un vero e proprio piano urbanistico…eseguito poi solo parzialmente”, in modo da separare e congiungere, allo stesso tempo, “due grandi spazi: quello della città che sarebbe dovuta sorgere attorno al palazzo e quello del parco” (C. De Seta).
Purtroppo il progetto iniziale non venne completato – nonostante la volontà della regina Maria Amalia, che ha sempre difeso i progetti di Vanvitelli – in quanto al “Gran Re”, partito per la Spagna, subentrerà il “Re Piccirillo”, il futuro Ferdinando IV, con il reggente ministro Tanucci, che taglierà drasticamente i finanziamenti, perché – a dire di Vanvitelli – era a lui ostile e piuttosto favorevole al concorrente architetto Fuga, autore della “Favorita”, e anche perché entrambi erano del “partito toscano”.
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