Arte
A cura di Antonino Leotta
Limpide trasparenze che lasciano trasparire profondità di un animo colmo di luce: così ho subito definito -al primo sguardo- le opere di Pietro Alessandro Trovato alla mostra espositiva tanto attesa nella sua città natale.
L’inaugurazione è avvenuta sabato sera 21 dicembre nel salone delle mostre del Santonoceto in Corso Umberto ad Acireale.
La caratteristica che distingue subito l’artista acese in questa esposizione è proprio la trasparenza. A dominare ogni scena, infatti, un elemento in vetro che lascia vedere ciò che contiene. E, talvolta, riflette elementi vicini. Illuminandosi. O offrendo loro risalto, nel contrasto. Perché quell’accostamento tra la soffice trasparenza del vetro e la meravigliosa energia del colore, libera l’armonia dell’insieme. Che conquista.
Presentando le opere in mostra con convincente linguaggio, l’Artista ha accennato alle varie letture interpretative del suo stile da parte di diversi critici: immancabile l’accostamento all’iperrealismo o ad aspetti particolari del verismo pittorico. Ma il nostro Pietro ha mostrato di scegliere di accostarsi al minimalismo.
Ed io mi permetto di aggiungere: non tanto come un fatto di schieramento ma, soprattutto, come volontà di puntare alla essenzialità. Che riflette la sua ragione esistenziale. Pietro ama la semplicità e la chiarezza. Che sono l’anima della trasparenza. I suoi colori decisi ma che accolgono, evidenziano e rispettano sfumature e riflessi ed ombre, parlano di ciò che è scevro di sovrapposizioni artefatte o di fantasie poco credibili.
A tal proposito, il noto critico Vittorio Sgarbi così si esprime nel depliant di presentazione (che si può leggere anche nell’edizione del nostro UNICUM 2019): …”Per Trovato la resa della trasparenza, motivo cruciale del suo discorso artistico, non è un semplice gioco di prestigio da esibire nella certezza di destare sempre stupore in chi lo osserva. Il problema della trasparenza è il succo stesso di ogni poetica che si proponga di aderire alla realtà in una maniera talmente accentuata da annullarsi nella flagranza degli oggetti che rappresenta, aspirando all’essenza di ogni elemento riferibile direttamente al fattore umano”…
Conosco Pietro Trovato da quando ha timidamente azzardato le prime esperienze nell’arte del dipinto. So che era ed è in possesso di un’ampia conoscenza di altre attività artistiche e creative. Che hanno notevolmente contribuito alla formazione della sua statura creativa. Nella lontana mostra di Viagrande, Pietro accostò timidamente le sue nature morte alla preziosa produzione di ritrattistica. Poi, hanno preso il via le numerose partecipazioni a mostre personali e collettive, nazionali ed internazionali.
Nel 2015, celebrando il 750° anniversario della nascita di Dante, lo scrittore critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese pubblicò il volume “In viaggio con Dante”. L’originale sorpresa fu quella di accostare il nostro Pietro al divino poeta come testimonianza del secolare cammino dell’arte attraverso i diversi aspetti, tra cui la pittura. E’ un modo come far conoscere le creazione del pittore acese, provando a penetrare nel suo animo di artista. Che vive il tormento della ricerca interiore protesa a manifestare il vero ed il bello. Una esplosione che contribuisce a generare “cultura”. Quel volume è stato presentato nella “Sala gialla” di Palazzo dei Normanni. Personalmente ho avuto modo di partecipare alla serata di presentazione del volume nella sala del Museo Diocesano di Catania, nel Palazzo del Seminario dei Chierici attiguo alla Cattedrale.
La sua personale conoscenza del critico Vittorio Sgarbi gli ha procurato originali e interessanti recensioni. La nostra rivista on-line NUOVE EDIZIONE BOHEMIEN ha ospitato due interventi di Sgarbi che hanno accompagnato le raffigurazioni di alcune opere di Pietro nell’UNICUM 2018 e nell’UNICUM 2019. Mi piace concludere riportando un brano pubblicato nell’UNICUM in cui lo Sgarbi, citando il Bacco di Caravaggio, rievoca la scoperta del suo ricorso alla tecnica della trasparenza per lasciare l’immagine di sé. Il Caravaggio si ritrae riflesso “come aveva già fatto Van Eick e come avrebbe fatto Velazquez”. Così si esprime il celebre critico: “…E’ il 1922 quando Matteo Marangoni si accorge che sulla caraffa di vino davanti al personaggio è riflessa l’immagine di una altro uomo, giovane, con i capelli e le labbra carnose… Non è solo un virtuosismo, è una dichiarazione programmatica: dipingere il vero significa farsi suo fedele riflesso, senza interporre altro. Competere con il riflesso è la massima sfida che può porsi un pittore, tenuto a dare corpo a un effetto -la trasparenza- sostanzialmente ottico, come tale, quindi, incorporeo. Credo che la pittura del siciliano Pietro Alessandro Trovato, abilissimo creatore di nature morte in cui gli oggetti di vetro la fanno spesso da padroni, cominci da dove l’aveva lasciata il riflesso del Bacco”.
In conclusione, direi che la nostra Acireale ha dei preziosi tesori che deve continuare a saper custodire. E continuare a proporre.
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