LE ODI
A cura di Ludovico Anastasi
E poi mi si dice che rifugiarsi nei ricordi fa grave danno, allo slancio di vita supremo vulnus, caduta in stile bimbo. Potessi in batter d’occhio srotolarmi al primo anno, schizzerei l’amaro succo.
INCONTRO
E forse fu per quelle combinazioni strane chiamate destini per nostro antico vezzo di mettere alla pari banalita’ e straordinari eventi. E in mezzo i dolori, i rancori, le riaffioranti perdute tenerezze. E i nostri sguardi a fantasticare chissa’ quali nuovi appuntamenti, tanto per non smentire il linguaggio dei corpi e, delle anime, le segrete stanze.
A DISPETTO
Nel mio incapace assoluto essere pragmatico, mi confeziono per puntiglio, (a prescindere da cio’ che valgo: un meno zero), le smorfiette del mio bimbo che mi conducono al sorriso nonostante l’appuntito giustiziere sasso su me contro fiondato.
DEGLI IMPOSSIBILI AMORI
Ed io lo so quale dolore prova la meteora quando si stacca dalla stella, suo corpo unico, sua Sacra Ostia, sua dolcezza e vita fino al nanosecondo prima della rottura. Ora vaga e non le importa quando rovina.
Aleggi leggera e dorata sopra le vie del nostro cielo toccando l’Olimpo e stuzzicando la bellezza del mondo. Tutto sa di stupore ma lungo queste aeree strade mi superi in corsa e, dietro, mi lasci andare. A Cri.
SOFFIO DI VENTO
Oggi e’ malinconico, a stento regge il nostro peso, scuote appena le piante e la gramigna, batte alle finestre intimorito, sa del nostro stare al guado, nel deserto. Non fa vanto d’esserci, vorrebbe stare in grotta, infagottato nel mesto ripensare l’esistenza. Conosce i tempi, le scansioni, l’impeto scemato dopo accumulata rabbia. Potente vorrebbe soffiare altrove, ma non si stacca dalle assegnate zone da un Dio perduto nell’assenza.
STRADE CHIUSE
Per fortuna c’e’ la pausa, la tregua e il tra parentesi che indorano la giornata. Certo, poi la vigliaccata del neurone che pugnala da chissa’ quale antro della testa. Quindi la noia, la parabola in discesa, di una bella donna la voglia intatta. E’ la chimera che traccia strade laddove c’e’ chiusura.
IL NULLA
Che venga, ci abbassi con tocco lieve le palpebre, asciughi il sudore della fronte, dolcemente. Con misericordia tutto il dolore cacci dalle rughe. Si faccia prossimo umettandoci le labbra. Dai bordi della bocca tolga le tracce di saliva che fanno scempio alla faccia. La contempli atteggiata a stupore per la caduta speranza. Sia finalmente padre, almeno per una volta sola, prima che noi si muoia.
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