LE ODI
A cura di Ludovico Anastasi
DI STANCHEZZE E DINTORNI
E il tu chi sei?, m’interroga sul niente fatto oggi. Ho immalinconito ancora il giorno, risponde il me di me indifferente. Vi sono ore di sbaraglio nel navigare verso un nuovo mare gia’ vecchio d’acqua, di sale e di relitti. E a notte alta gli stellati, ingenui, a guidarci. Vi sono slanci abortiti per verita’ mai dette. E dei corpo a corpo rimangono giorni derelitti, i rancori mai spiaggiati.
E’ il giorno che mi assilla: allo spuntar dell’ora del risveglio si sputa rabbia che’ nei fumi del sonno, nella bruma di un’alba infinita crogiolarsi voleva ancora. Tante domeniche dopo Pasqua resurrezione ancor si aspetta e la parola che senza fatica indichi tutta una vita faticata cosi’ tanto che il divenir sconsola.
E dell’ultimo sonno impastata la veglia, sgradevole inizio di giornata, come qualcosa che s’impaglia e stenta a prender vita, per forza il poeta e’ del pessimismo professionista, vista e considerata la vigliacca lista dei fatti da rimettere a memoria come motore che fa storie e sbuffa d’abitudine continua.
Tollera, anima mia, il legame con questo mio corpo che non ti fa volare come gli uccelli all’alba di un nuovo giorno quando spiegano le ali per scoprire il mondo sotto nuova luce. Tu hai gia’ scoperto, e a tuo sfavore, che per te la luce e’ sempre uguale come le inevitabili briciole del pane col caffellatte.
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