A cura di Mariella Di Mauro
“Le fate presiedono alla nascita di ogni uomo, sono amorevoli coi buoni, malevole e capricciose con i cattivi.”
Oltre ad essere l’età dei barbari, dei cavalieri, dei principi, il medioevo è anche il tempo delle fate. La fata è un essere etereo e magico, una sorta di spirito della Natura. Il suo nome proviene dal derivato latino delle Parche, “Fatae”, ovvero coloro che presiedono al Fato o Fatum cioè destino. La patria delle fate è l’Irlanda, hanno sembianze di eterne fanciulle e presiedono al destino dell’uomo, dispensando vizi o virtù. Il popolino che da sempre ha vissuto accanto alla natura, ben più delle classi elevate, per spiegare certi fenomeni naturali diversamente, per lui, incomprensibili, per tutto il corso della storia, è dovuto ricorrere all’intervento del soprannaturale. Le prime fate che appaiono nel medioevo sono la proiezione delle antiche ninfe. Vengono per la prima volta ufficializzate verso la fine del medioevo e, naturalmente, prendono l’aspetto classico delle dame dell’epoca, che indossavano ingombranti copricapi conici e lunghi abiti colorati. Man mano che il tempo scorre, viene loro attribuita una verga (bacchetta) magica che possiamo ritrovare anche in mano alla maga Circe nell’Odissea. In seguito ogni scrittore di fiabe ha aggiunto particolari al loro carattere. Le fate presiedono alla nascita di ogni uomo, sono amorevoli coi buoni, malevole e capricciose con i cattivi. Fanno, sin dalla culla, regali di doti e qualità che serviranno alla felicità o all’infelicità del loro “protetto”. Educano le persone a cui sono legate da simpatia, e le assistono in tutti i momenti della loro vita. Sono invisibili, ma qualche volta prendono sembianze umane ora di donna, ora in parte di donna con alcune membra di serpente, ora di cigni, ora infine fluttuano come piccoli fantasmi, come veli bianchi nella notte. Si mescolano ai viventi, e talvolta sposano qualche gentil cavaliere, per scomparire, magari, all’improvviso. Le fate le troviamo in quasi tutti i romanzi d’avventure del Medioevo, soprattutto in quelli del ciclo del re Artù e della Tavola Rotonda, come anche in quelli del ciclo carolingio, di Carlomagno e dei suoi paladini. Esse si occupano, anche, di crescere i loro prescelti, la fata Viviana fu l’educatrice di Lancillotto del Lago, la fata Morgana proteggeva il re Artù. Andando avanti nel tempo, durante il Rinascimento, anche se ormai nessuno più credeva ad esse, si continuò a metterle nei poemi che derivarono da quei due cicli cavallereschi; le fate ebbero largo spazio in poemi come l’Orlando innamorato del Boiardo, l’Orlando Furioso dell’Ariosto, il Morgante Maggiore del Pulci, la Gerusalemme liberata del Tasso, la Regina delle fate di Spencer, Il sogno di una notte di estate di Shakespeare, per finire con Pinocchio di Collodi. Oggi, era dove la tecnologia è alla portata anche degli infanti, per quelle strane alchimie della storia, le fate sono tornate di moda: cartoni animati e innumerevoli statuine riempiono le vetrine dei negozi e le mensoline di camerette di bambine, adolescenti e, perché no, anche delle mamme!
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