A cura di M. Pia Basso
Conoscevo da piccola una bambina della mia stessa eta’ che, ogni pomeriggio, era costretta dalla madre a studiare il pianoforte. Controvoglia e, quindi, senza entusiasmo alcuno.
Perché questo riferimento?
Per via delle molteplici domande che hanno come sfondo la stessa problematica, perché di problema, credo, si tratti: impiegare i figli, nella realizzazione dei nostri sogni infranti!
Questa idea di veicolare sui nostri discendenti le proprie passioni represse o soffocate in parte, non si concilia con il concetto di identità, insito in ogni essere umano.
Concetto che esprime pienamente il significato di un’attribuzione lecita, legittima, assolutamente giustificata, di una personalità propria e ben definita, appartenente all’essere umano, forse, anche prima della nascita.
Perché voler costringere un bambino a compiere un percorso reso impervio dall’assoluta mancanza di volontà?
Perché,invece, non intavolare un confronto per cercare di capire quali siano le sue propensioni e cosa lo renderebbe felice?
Per quanto ” nostri”, i figli appartengono alla vita; scenario in cui li abbiamo posti, fortemente, con determinazione, per passione.
Il concetto di proprietà non si addice ad un figlio, come a nessun altro essere umano: un amico, un marito, un compagno.
Ognuno appartiene a se stesso con il quale, messo al mondo, inizia una bella avventura sperimentando gioie, dolori, malattie, sogni, delusioni.
In compagnia di amici, parenti, genitori, coniugi ma, sostanzialmente, da solo.
I bambini pensano, sentono, percepiscono.
Manifestano le proprie volontà e, soprattutto, cercano chi li ascolti.
Chi li guidi nel grande oceano della vita, rispettandone le inclinazioni.
Non sostituendosi ad essi ritenendoli incapaci di riflettere e argomentare, ma compiendo un percorso al loro fianco, atto a coglierne l’essenza al fine di farla germogliare.
Il sogno infranto appartiene solo al sognatore non al proprio figlio, il quale può essere posto al corrente di questa delusione, non spettandogli di accollarsene il dispiacere.
Se mostrerà interesse verso lo studio della musica o di qualsiasi altra disciplina, lo farà presente, al pari del suo dissenso.
D’altra parte, che frutti produrrebbe far intraprendere un cammino, quando a monte aleggia un sonoro rifiuto?
E’ opportuno indossare i panni del nostro interlocutore per tentare un approccio in direzione di una prospettiva diversa, evitando di dimorare in visioni monotematiche, pertanto miopi, di un nostro sentire;
cio’ ad appannaggio del rispetto verso il prossimo che non può prescindere dalla considerazione che questi abbia un’identita’ dai contorni già ben delineati e ciò sin dalla più tenera eta’, per non dire dal primo vagito col quale definisce il suo ingresso nel mondo!
E’ quello l’attimo in cui anche i suoi pensieri, i suoi desideri prendono forma e vanno alla ricerca di una collocazione doverosa e imprescindibile.
A meno di non voler definire “inutile” e “non necessaria” la sua esistenza;
cosa che appare, davvero, improbabile…
Social Profiles