Attualità & Per non dimenticare… – Nuove Edizioni Bohémien – Edizione Speciale Marzo 2014
A cura di Maria Pia Basso
“Sarebbe un grandissimo peccato se le donne scrivessero allo stesso modo degli uomini, o vivessero come gli uomini, o assumessero l’aspetto degli uomini, perché se due sessi sono insufficienti, considerate la vastità e varietà del mondo, come potremo cavarcela con uno solo? Non dovrebbe forse l’educazione far emergere e rafforzare le differenze invece delle somiglianze?”
Così Virginia Woolf nel libro “Una stanza tutta per sé” riflette sulla necessaria compartecipazione di uomini e donne nell’universo vita. Non la prevaricazione, non l’arrogante atteggiamento di chi vuol mostrare a tutti i costi un potere, che si illude di possedere, rendendolo fondante di millenni di soprusi. Uomini e donne godono di caratteristiche differenti, contrastanti, distanti; elementi che rafforzano l’essere e, quindi, l’esistere e, pertanto, il divenire. L’idea dell’omogeneità e dell’omologazione fa paura, poiché darebbe vita ad una massa informe ed incolore, buia e mesta. Priva di mordente, di qualsivoglia slancio, di voglia di agire. Migliaia di anni a combattere la diversità come la peste, da parte di un sentire poco incline al confronto e troppo avvezzo allo strapotere, in nome di ideali senza idee; di principi senza fondamento. Di luoghi comuni accolti e custoditi nelle teche di una mente da riempire in mancanza di un sano nutrimento. Ma non occorre far ritorno alla notte dei tempi per rendersi conto della condizione, misera e disumana, in cui la donna ha trovato collocazione; e neanche, però, spingersi troppo più in là negli anni e nei decenni, per sperare di apprendere che questo divario sia stato colmato. Perché fino a quando non si getteranno le basi, solide, per edificare il concetto di rispetto universale riservato a qualsiasi essere presente su questa terra, staremo ancora qui, fra mille anni, a ricordare che l’8 Marzo si celebra la dignità di uno dei due soggetti che animano il pianeta e ci chiederemo ancora che valore abbiano quelle mimose che pullulano in questo giorno negli angoli delle strade, nelle piazze, sulle tavole imbandite.
La “Giornata internazionale della donna”, questa l’esatta denominazione, è risalente alla II Internazionale socialista tenuta, nel 1907, a Stoccarda, al fine di riconoscere alle donne il diritto di voto; il dibattito porta, l’anno successivo, alla proclamazione, negli Stati Uniti, di una giornata commemorativa, detta “Women’s day”. L’evento viene accolto con successo, tanto che il 23 febbraio del 1909, la giornata della donna verrà definitivamente ufficializzata. In Italia dobbiamo aspettare il 1922, per iniziativa del Partito Comunista che la celebra, però, il 12 marzo. (sarà l’UDI, l’ Unione Donne in Italia, fondata nel 1944 a Roma, che introdurrà la data dell’8 marzo anche nel nostro Paese).
L’impronta fortemente politica della Giornata della donna e le vicende storiche connesse alla seconda guerra mondiale, hanno contribuito a far perdere la reale connotazione di questo evento, dando il via libera a costruzioni artificiose poste a fondamento dello stesso. Tra queste il rogo nella fabbrica di camicie “Cotton”(peraltro mai esistita) e presumibilmente confuso con “ l’incendio della fabbrica Triangle, nel quale morirono 146 lavoratori, in gran parte giovani donne immigrate dall’Europa”; o, ancora, gli scioperi e gli incidenti accaduti a Chicago, Boston o New York.
A dispetto delle reali origini o delle fantasiose ricostruzioni, certo è che la data onorata nella prima decade del mese della primavera, dovrebbe portare a schiudere gli intelletti di chi, erroneamente, per vetuste consuetudini o, semplicemente per intorpidimenti mentali, continui a perpetrare il mito del valoroso eroe, ed inizi ad inseguire, in concerto con l’altra metà dell’universo, l’dea di una corrispondenza non paritaria che accresce, fortifica ed edifica.
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