INCONTRO CON FRANCESCO HAYEZ

Gallery: vita dell’artista – Nuove Edizioni Bohémien – Gennaio 2014

 A cura di Alba Maria Massimino

 

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“E’ inevitabile che Hayez avvertisse il fascino delle opere del Canova, che caratterizzano spesso i suoi primi lavori. Delle sue figure si diceva, infatti, che fossero la vera carne delle statue del grande scultore”.

Nasce a Venezia nel 1791 da Chiara Torcellan e da Giovanni Hayez, originario di Valenciennes. Francesco è affidato dal padre, che è un povero pescatore, allo zio “Giovanni Binasco”, benestante e mercante d’arte. Già, all’età di sette anni, è affascinato dallo studio della mitologia e della storia e comincia a frequentare la bottega d’arte di Francesco Maggiotto che lo avvia al disegno e alla pittura.

Nel 1800, presso la galleria Farsetti a Venezia, si esercita a copiare i gessi delle statue antiche. All’età di quattordici anni vince il primo premio all’accademia di Venezia e l’anno successivo inizia a dipingere avvenimenti ispirati alla storia antica presso lo studio di Teodoro Matteini. Nel 1809 si trasferisce a Roma ed è affidato da Leopoldo Cicognara al grande Canova, presidente dell’accademia di Venezia. Grazie a questi due grandi uomini, Francesco Hayez comincia ad essere presente in tutti i più importanti avvenimenti culturali.

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Nel 1812, all’accademia di Brera, presenta il “Laocoonte”, opera che consegue gran successo. L’artista carica il dipinto di una gran drammaticità, che fuoriesce dall’atmosfera creata dai movimenti della folla e dall’espressione dei loro volti. Ma anche e soprattutto dal contrasto del colore marrone predominante con tutte le sue sfumature; con il candore delle vesti del sacerdote troiano e quello dei corpi dei suoi figli.

L’anno successivo, all’accademia di Venezia, invia “Rinaldo e Armida”, opera che s’ispira sia al Canova che al Tiziano, artista quest’ultimo molto amato da Hayez. Le due figure sono inserite in un paesaggio, quasi di sogno, che ricorda quello romantico inglese.

Nel 1816 vince il concorso all’accademia di S. Luca, superando Ingres, con l’opera: “l’Atleta Trionfante”. L’anno successivo sposa Vincenza Scaccia e ritorna a Venezia. Nel 1818 comincia a decorare la sede della Borsa presso il Palazzo Ducale e, nello stesso anno, si sposta anche a Padova e a Milano. Nel 1820, all’Accademia di Brera, presenta l’opera “Pietro Rossi” che è destinata a diventare il simbolo della pittura romantica. Il dipinto è di chiaro riferimento patriottico. L’artista, nel dipingere la figura dolorante, si ispira alla scultura canoviana, dedicata al monumento funebre di Vittorio Alfieri.

E’ inevitabile che Hayez avvertisse il fascino delle opere del Canova, che caratterizzano spesso i suoi primi lavori. Delle sue figure si diceva, infatti, che fossero la “vera carne delle statue del grande scultore”. Dal 1820 l’artista comincia a presentare opere con tematiche, attuali per quel periodo, che affrontano problematiche nazionali, a favore della Patria, e contro l’invasore austriaco, come dimostra l’opera “I due apostoli Giacomo e Filippo”, attraverso la quale parla dei fratelli Ciani. Nel 1823 si trasferisce definitavamente a Milano e lo stesso anno, a Brera, presenta “L’ultimo bacio dato a Giulietta da Romeo” grande opera, questa, che gli servirà da ispirazione per il dipinto “Il bacio” del 1859. Si susseguono opere dove la principale protagonista è la donna biblica, che egli presenta alla critica “sensuale nella sua nudità”, suscitando scandolo. Tra le più note: “Rebecca”, “Betsabea al bagno”, “La Maddalena penitente”, “Loth con la figlia”.

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Molti furono i ritratti realizzati dall’artista, i cui modelli sono rappresentati con uno sguardo dal quale traspaiono i sentimenti e la ricchezza dei particolari degli abiti da loro indossati. Colloca le sue figure in uno sfondo neutro, in un momento storico che richiedeva il personaggio ripreso nel proprio ambiente quotidiano.

hayez 6Il capolavoro di Francesco Hayez senza dubbio è “La sete patita dai primi crociati sotto Gerusalemme”, opera commissionatagli da Carlo Alberto nel 1833. Il quadro è ammesso nel 1850 nel Palazzo Reale di Treviso. Il dipinto esprime la speranza italiana ad essere una nazione unita politicamente e culturalmente. Un’altra importante opera è “Incontro di Esaù e Giacobbe” dove è evidente l’ispirazione settecentesca del Tiepolo e del Purismo tedesco. Altri dipinti di grande rilievo sono le figure femminili allegoriche che evidenziano il disagio esistenziale del momento. Nel 1852 espone “La meditazione” a ricordo delle cinque giornate di Milano. Nel 1859 dipinge “Il bacio”. Subito l’opera ha grande successo per il messaggio politico che l’artista, attraverso l’opera, lancia. Nelle composizioni dei due innamorati, infatti, si evidenziano quattro colori: Il verde mantello (all’interno) del giovane poggia sul rosso della calzamaglia, mentre risalta sui gradini una stoffa di colore bianco. La donna avvinta al giovane, in un appassionato bacio, è vestita d’azzurro. Sono i colori delle bandiere di due nazioni: la Francia e l’Italia, dalla cui unione nasce la nuova nazione italiana.

Nel 1867 dipinge “Distruzione del tempio di Gerusalemme” e “Gli ultimi momenti del doge Marin Faliero sulla scala detta del piombo”. In quest’ultima opera l’artista si ritrae nelle vesti del vecchio doge, prima di essere condotto a morte. Nel 1869 comincia a dettare le sue memorie all’amica Giuseppina Negroni. Lo stesso anno muore la moglie.

Nel 1881 dipinge l’ultina opera: “Vaso con fiori”. Muore l’anno dopo a Milano, il 21 dicembre, all’età di 91 anni.

hayez 5Il romanticismo di Francesco Hayez è presente nelle sue opere, ricche di sentimento e di storia. I personaggi sono calati in un’atmosfera quasi teatrale. L’osservatore ha “infatti” la sensazione di assistere ad un’opera recitata, tanto le figure riescono ad esprimersi attraverso i volti e le gestualità. Le opere di Hayez racchiudono pathos, fascino, passione. Il tutto è avvolto da una nostalgica inquietudine che trascina in un mondo sofferto e dolce al tempo stesso. Il colore, spesso ambrato, dei suoi dipinti immette nell’atmosfera del giorno che muore o comunque di un cielo che soffre per la presenza di nuvole o nebbia. Ogni elemento, architettonico, vegetale o animale, ha il compito di armonizzare la scena che non è mai statica perché l’artista coglie e fissa il momento dell’avvenimento con tutta la carica emozionale necessaria per rendere l’opera viva e in movimento.

Francesco Hayez è considerato il più grande artista del romanticismo lombardo. Alla sua morte tutta Italia pianse l’uomo e l’artista. Giuseppe Verdi scrisse alla figlia adottiva dell’artista Angelina Rossi un biglietto di condoglianze nel quale alla fine concludeva: “quanto mi sia doloroso il pensiero che non vedrò più il venerando vecchio, il grande artista, il perfetto onest’huomo. Possa essere il conforto la certezza che il suo vecchio Padre da tutta Italia or pianto e onorato, resterà nella memoria di tutti per le insigni opere d’arte e per le sue virtù”.