RECENSIONI/TEATRO
L’INTERVISTA DI MARIA CRISTINA TORRISI
Il gruppo Teatro della comunità San Paolo Apostolo di Acireale ha presentato recentemente l’opera “Vita di Pupi”, commedia in due atti di Patrizia Vera Patanè, nata da un’idea di Alfio Pennisi.
“Uno spettacolo nello spettacolo” se si guarda la commedia con il prezioso inserimento del teatro dell’Opera dei Pupi, un valido contributo che si propone di valorizzare tale tradizione.
Unico nel suo genere, lo spettacolo ha offerto diversi spunti di riflessione, in primis riportandoci alla memoria il grande Pirandello ne “Il berretto a sonagli”: “Dovrebbe bastare, santo Dio, esser nati pupi così per volontà divina. Nossignori! Ognuno poi si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede d’essere”.
Ebbene, la commedia fa convivere uomini e pupi insieme, a tal punto da rendere animati quest’ ultimi e renderli vivi, immortali.
La commedia è stata curata dalla regia di Tano Grasso, figlio del maestro Turi, ultimo puparo di Acireale. Ospite di Nuove Edizioni Bohémien, con lui ho voluto realizzare un’intervista per parlare della Scuola dell’Opera dei Pupi, ricordando il Teatro di figura.
1 Tano, quanto è importante il patrimonio che ci ha tramandato la Scuola dei Pupi?
– Appartenenza, radici, tradizioni, patrimonio immateriale Unesco: c’è moltissimo di importante nel Teatro dell’Opera dei Pupi che ci è stato tramandato da oltre due secoli. Una tradizione che ha fatto cultura, che ha scolarizzato il nostro popolo, attraverso “serial o soap opera”, sulla Storia dei paladini e non solo. Una passione, una scommessa per i pupari e le loro famiglie, prim’ancora che una “professione”. Un Patrimonio, quello dell’Opra, che ha sempre superato i periodici o i repentini cambiamenti, dovuti alle crisi economiche, ai rinnovamenti socio-culturali nei due dopo guerra, allo sviluppo tecnologico del terzo millennio, nonché alle nuove forme di “restrizioni” come il Covid. Una tradizione, quella dei pupi di Acireale, che ha bisogno più che mai di una “scuola istituzionalizzata”, che dia supporto e sostegno a quei pochissimi privati che oggi continuano la loro “Opra”, per evitare che tutto possa cadere nel completo oblio.
2 È una scuola unica nel suo genere per le specifiche tecniche di manovra dei pupi. Parliamone.
– L’Opra dei Pupi ad Acireale, detiene, all’interno della cosiddetta tradizione catanese, una peculiarità unica nel panorama del teatro di figura, che riguardo la tecnica di manovra dei pupi, che vengono manovrati da persone poste su un “banco di manovra” a 130 centimetri dal livello di palcoscenico. Detta tecnica fu ideata dal puparo Mariano Pennisi, agli inizi del Novecento.
Ancora oggi, quindi ad Acireale, dopo oltre un secolo, “manianti” (manovratori) e “parraturi” (parlatore/attore), posti su diversi livelli rispetto al palcoscenico, interagiscono simultaneamente per ogni personaggio/pupo che si anima sulla scena.
3 Nel panorama del teatro di figura questa realtà rappresenta un’esclusiva prerogativa della nostra tradizione?
– Sì, una peculiarità’ unica al mondo, la nostra, che rischia di scomparire in insieme alla tradizione. Per questo è necessario ed improcrastinabile che si attivino, da parte dei competenti organi culturali ed amministrativi, tutte le procedure necessarie per la istituzione di una vera “Scuola per manianti dell’Opra” da realizzarsi nel restaurando Teatro di Via Alessi, con la collaborazione delle Compagnie presenti sul territorio acese.
4 Parliamo della Commedia. Quanto lavoro dietro?
– Portare in scena questa commedia, che si avvale di un gruppo composto da oltre venti elementi, tra ballerini, cantanti, attori, pupari, è stato certamente un lavoro lungo e faticoso… La sceneggiatura, curata da Patrizia Vera Patanè, ha voluto mettere in risalto la passione, il sacrificio, le capacità artistiche del puparo Turi Grasso che insieme alla sua famiglia ha portato avanti, per oltre 60 anni, quest’arte in Acireale.
5 L’inserimento del teatro dell’Opera dentro la commedia. Una idea originale.
– L’opera “Vita di pupi” vuole dar risalto alla “scelta” operata dal maestro Turi agli inizi degli anni 60 di voler fare ad ogni costo questo cammino artistico che già allora si manifestava irto di difficolta e rinunce. A differenza dei pupari di Sicilia che possedevano già, nella tradizione eredita o dai padri o dai nonni, il bagaglio di arte e mestiere, insieme ad arredi, manufatti, scene, attrezzi e sopratutto pupi, il maestro Turi decise di fare il puparo a 20 anni e cominciò a costruirsi ogni cosa necessaria al mantenimento dei pupi e della sua famiglia… Cosa rappresenta questa storia? “È una scommessa che ci precipita dentro paure e passioni, sentimenti e speranze, alla ricerca del nostro più profondo rapporto tra uomini e maestri, tra pupi e pupari.
Un plauso agli attori e alle ballerine che hanno interpretato i vari personaggi della commedia con dedizione e professionalità’. Tutti, dal più piccolo al più grande, dalla comparsa alla primadonna, hanno raccontato un vissuto vero e profondo con passione e sentimento. La regia, come già citato, curata da Tano Grasso, figlio del maestro puparo Turi, ha posto l’accento sulla presenza in contemporanea in scena di pupi ed attori.
Tutto questo grazie alla forza del Gruppo Teatro che da cinquant’anni è presente ed attivo in parrocchia.
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