IN UN CLIMA DI RAFFINATA CONVIVIALITA’ PRESENTATO IERI IL ROMANZO “PRIGIONIERA” DI M.CRISTINA TORRISI

Recensioni ed Eventi – Nuove Edizioni Bohémien – Aprile 2014

A cura di Laura Maiorana

11Prigioniera è il titolo deciso dall’autrice, Maria Cristina Torrisi, giornalista e scrittrice, per  la sua opera letteraria presentata ieri, 9 aprile 2014, a Catania, presso la Libreria Mondadori  Diana. Una cornice storica perfettamente ricostruita e un andamento che spinge alla lettura, caratterizzano il libro. L’ attore Franco Cannata –  Direttore della compagnia teatrale  “Rosetta Santillo”- ha interpretato , durante l’evento, alcuni brani tratti dal testo, a testimonianza del pathos insito nella creazione letteraria che si pone come rivisitazione in chiave moderna della fiaba di Charles Perrault, Barbablù. < L’autrice  è inoltre riuscita, nel pregevole intento sociologico, di portare alla luce, denunciandole, scene di violenza intra-familiare e di genere >. < Già dalla copertina  sono rivelati i tratti salienti della narrazione – afferma Marcello Proietto, del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’ Università di Catania, cultore di Storia medievale e Paleografia latina, intervenuto in qualità di relatore -: l’immagine riprodotta “ the Mirror”, dipinto di Dennis Miller Bunker, raffigura una donna nel vano intento di scrutare, attraverso lo specchio,  la propria anima, suggerendo all’osservatore la tematica principale del  romanzo storico di Maria Cristina Torrisi: la prigionia psicologica>.  Edga, personaggio principale, esponente “vispa e avvenente” della Torino alto- borghese dei primi anni del Novecento- città animata dall’orgoglio dell’unità d’Italia – non è vittima del destino o delle circostanze: ella conserva un certo potere sulle cose ma smette, ad un certo punto, di usare il discernimento e, colta dal turbine dei sensi, si lascia ammaliare dal misterioso conte Ferdinando Manforte che, una volta divenutene il marito, finirà col privarla della sua personalità. E via via, vittima e di una curiosità ingenua, la protagonista, lontana dai cari,  abbandona la sua identità per lasciarsi sopraffare dalla forza oppressiva e delirante di Don Ferdinando.  Con l’ innocente, disperata al suo cospetto , colpevole di una colpa non sua ma della quale è portatrice in quanto donna – la madre del consorte e aguzzino era stata, infatti, uccisa dal padre perché adultera – il Conte le elargisce il suo affetto ma, sempre minacciandola e segregandola, è preda  del suo turbinoso passato da figlio,  che lo spinge a compiere efferate violenze.  La giovane, personaggio irrisolto , viene rinchiusa nel castello/ fortezza, metafora della prigionia psicologica che ella vive dentro di sé. Il suo comportamento è frutto dell’introiezione di un sistema simbolico egemone che non permette alla vittima di reagire al suo “amore” scellerato, quando, lontana dal mondo positivo, è circondata da personaggi deplorevoli quali il consorte e la governante Clarissa,  di lui complice per gelosia.  Il mozzo di stalla unico amico e alleato.

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La curiosità genuina  di Edga quindi, in un primo momento   la getta tra le braccia del conte Manforte e poi la spinge nelle segrete della sua dimora con i tragici eventi che ne seguiranno. Solo un primordiale istinto di sopravvivenza la porterà a lottare contro il suo tiranno. In un libro che appare come d’altri tempi , il fatto di cronaca e quindi l’attività giornalistica dell’autrice, le dona l’opportunità di inserire una problematica attuale, quale la dipendenza affettiva e il femminicidio, in un contesto storico a lei caro, avvalendosi di uno stile letterario di gran pregio che ricorda il maturo De Roberto del Corpus di Novelle – aggiunge il Prof. Proietto-. La dipendenza affettiva – sostiene  la scrittrice- limita la coscienza e la potenzialità dell’individuo che ne è vittima. Da questa problematica Maria Cristina Torrisi, trae spunto per tracciare il profilo psicologico di una figura femminile: Edga, al contempo forte e fragile, attirata dal fascino di una personalità sobillatrice quale quella del Conte. La narrazione è tanto veritiera da risultare tridimensionale. Le situazioni si avvicendano nella mente del lettore , in un climax ascendente, come se egli fosse  proiettato in un dramma che gli si svolge innanzi. L’autrice vivifica gli ambienti con accurate descrizioni: stoffe, drappi, pareti, quadri, non sfugge nulla alla sua immaginazione che diviene fotografia, per la verosimiglianza del racconto. Nella mappa cromosomica e culturale dell’autrice si scorgono le tracce di Pirandello, Verga, i grandi classici e una concezione matriarcale , tipicamente siciliana della società: tutti ingredienti indispensabili per la produzione di questa sua ultima – almeno per il momento – fatica letteraria.  In un clima di raffinata convivialità,  i numerosi presenti hanno colto l’occasione per interagire con la giornalista, proponendo interessanti spunti di riflessione.  Questo ha dato l’opportunità  alla scrittrice di ribadire l’importanza del ruolo dell’intellettuale e della comunicazione: < l’informazione può trasformarsi in una denuncia volta a creare una rete di solidarietà e di coraggio , la cultura è una delle vie per far fluire la notizia e favorire l’educazione, concepita come processo evolutivo>. A tal proposito, il libro affronta una tematica che vede la donna come vittima ma che – sostiene Proietto  – dovrebbe essere letto anche dagli uomini, talvolta portatori insani di un gretto senso dell’io che sfocia in violenza nei casi più esasperati.  In un mondo di ipertrofia informativa, in cui si oscura il nucleo problematico, Maria Cristina Torrisi è stata in grado di comunicare un profondo messaggio. La passione dell’autrice permea dalle parole della narrazione, il suo entusiasmo  è comunicato, in questo pomeriggio di aprile, non attraverso frasi ma tramite un canale percettivo profondo,  capace di cogliere l’amore per la scrittura che traspare dal testo: arma che seduce il lettore.  La gioiosa libertà di chi crea per dedizione alla propria attività, generando forza,  incarnata dalla stessa scrittrice, dona una visione positiva,  attraverso la proposizione di un modello antitetico al personaggio principale del romanzo.

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Se la protagonista avesse colto le segrete potenzialità della sua anima,  forse non avrebbe ceduto alla  sopraffazione di cui è vittima.  Il romanzo, definito dalla Torrisi anche un “ thriller poliziesco”, si incentra sulla sequenza  delitto- indagine- scoperta. Delle insidiose vicende cattureranno l’attenzione del lettore, misteri, torbide e inattese rivelazioni lo inviteranno a scorrere le pagine, con la stessa concitazione, con cui i personaggi, si inseguono mentre, nella tragedia, disperata, Edga,  invoca aiuto, tremante, urlante, sconvolta, per poi…

A voi scoprirlo. Buona lettura.