Recensioni ed Eventi
A cura di Maria Cristina Torrisi
Na scinnuta du Sabbaturi è il primo lavoro dell’acese Graziella Tomarchio, la quale, attraverso la raccolte di vent’uno racconti, narra frammenti del proprio vissuto. Un’esistenza che riporta inevitabilmente il lettore a flashback che ad esso appartengono, testimoniandone una capacità narrativa schietta, autentica ed essenziale, permeata da episodi a tratti comici, a tratti nostalgici, che rappresentano veri spunti di riflessione.
E’ con viva emozione che ci si immerge dentro un contesto pulsante, scritto con uno stile scorrevole e sobrio, utile per non soffermarsi troppo sulla forma quanto sulle emozioni, sui ricordi, su quelle memorie di cui la Tomarchio ci fa dono – anche attraverso il simpatico inserimento della “lingua dialettale parlata” che ha una resa più incisiva – e che, purtroppo, rischiano di cadere nell’oblio. Invece, ecco che l’autrice propone momenti di un passato, attuale sì, ma appartenente ad un’altra mentalità generazionale, fatta di quelle cose semplici e genuine che tuttavia procurano felicità, contro ogni idea di consumismo ma nella convinzione che un sorriso e l’appartenere ad un amorevole focolare domestico è quanto di più bello si possa desiderare.
Il volume, corredato da foto, ci immette piacevolmente nei ricordi della vita dell’autrice in quegli anni vissuti nel quartiere di S. Salvatore. Inizia la spontanea carrellata di avvenimenti che prendono il via dal capitolo dedicato al ferragosto e che sono intervallati da altri ancor più incalzanti che riportano a luoghi significativi ed oggi dimenticati, come quello della “strata”:
U carusu iapri a porta e trasi. Proprio così, trasi! Aprennu la porta ed uscendo da casa, trasi nel più straordinario parco giochi che si possa immaginare: a strata.
Il piacevole excursus procede con il ricordo de “A villa ranni”, di “Padre fungia”, de “I morti”, “La finestra” e così via di seguito con altri aneddoti ricchi di humor ma vergati da toccanti parole che entrano nell’animo (Cara mamma; 5 agosto 2013 – la notte più lunga), azzittendolo ed educandolo alla forza dell’amore. A tal proposito, il ricavato delle vendite del libro è destinato all’Associazione 104 Orizzontale.
<<L’idea del libro – svela l’autrice – nasce da un gioco. E’ stato don Stefano Panebianco, parroco della chiesa di S. Nicolò, a spronarmi a fare dei miei racconti un volumetto, tra l’altro pubblicato da lui che ha un centro stampa. I racconti sono aneddoti, in chiave ironica, di situazioni che riguardano la mia infanzia, la mia famiglia. Dentro questo libro c’è il mio animo semplice, la mia ironia che è presente anche sulle questioni serie>>.
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