IL SOGNO

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Cultura e Letteratura

A cura di Antonino Leotta

 

C’è come una camera segreta in ciascuno di noi. Il paradosso è che, molto spesso, non è data neppure a noi stessi la possibilità di usare la chiave per entrare in quella camera. Mi chiederete subito che cosa raccoglie quella stanza. E qui il paradosso diventa rabbia. Perché i misteri del nostro subconscio sono proprio impenetrabili al nostro desiderio di conoscere noi stessi.

 

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Si depositano, uno dopo l’altro, nel ripostiglio del nostro io, impressioni e suggestioni, emozioni e traumi, stimoli, immagini, imprevisti di ogni genere che emergono da contesti reali o da mondi fantastici. E tutti portano impresso il forte marchio di una serie di fatti che lasciano un segno.
Il sotterfugio per raggiungere, in qualche modo, il raggio di azione di questi agenti o per provare la sensazione di toccarli con mano ed entrare in una sorta di dinamica relazionale è il sogno.
Il sogno potrebbe avere la capacità segreta e incontrollabile di rivelare ciò che si nasconde in noi stessi.
E può aprirsi il sipario su un tipo di sogno che io chiamerei “benigno” che è capace di trasformare ogni aspetto scoccante in sentieri di liberazione. E quella è l’occasione ideale per imboccare la strada giusta che ti conduce a librarti verso l’alto. A impegnarti in un volo fantastico che ti consente di guardare alla vita da una prospettiva esaltante. Facendoti respirare l’aria rigenerante della conquista, del possesso di sé, della capacità di leggere gli eventi con occhi diversi che creano serenità.
E’ confortante il sogno benigno. E’ l’incontro con la semplicità e la dolcezza. Con la bontà e la gioia di vivere.

Ho fatto questa lunga premessa per accennare a un piccolo sogno trascritto in un piccolo libro. Che parla di piccole cose. Che trovi sorprendenti nel piccolo racconto de “Il piccolo principe”.

 

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Antoine de Saint-Exupéry era un pilota scrittore. Il suo sogno era volare. Ma scriveva per lasciare traccia di tutti i suoi sogni che si manifestavano a bordo di un aereo e non. Era nato il 29 giugno del 1900. Ricordiamo quest’anno il 120° anno dalla sua nascita. Rimase orfano di padre a quattro anni ma la madre circondò di tante cure lui e il fratello più piccolo François. Antoine era come un piccolo principe nel cerchio familiare. Venne educato prima dai gesuiti e poi dai maristi. Un altro triste evento segnò la sua vita: la morte del fratello.
Da ragazzo aveva innestato nella sua bicicletta una vela e provava a vivere l’emozione del volo. Prese il brevetto di pilota civile e, poi, quello di pilota militare. Era il momento esaltante di un’avventura tutta nuova da vivere su un aereo. Siamo all’alba degli anni venti del novecento. E Antoine provò l’ebbrezza del volo e, impegnandosi come pilota postale, iniziò a girare il mondo. E cominciò a scrivere curando diverse pubblicazioni attraverso le quali consegnò le sue esperienze legate al volo.
Una partenza con sovraccarico di carburante lo ricacciò al suolo causandogli un trauma cranico e danni gravi all’omero e alla clavicola. Siamo nel 1939 e, alle porte delle seconda guerra mondiale, venne escluso dal servizio militare come pilota di aereo. In un momento di grande necessità la sua determinazione riuscì a ottenere l’arruolamento in un Gruppo di Grande Ricognizione Aerea. Intanto in Europa la guerra esplodeva paurosa. Si rifugiò a New York e continuò a scrivere.
In piena guerra, nel 1943, pubblicò “Il Piccolo Principe”.

Forse Antoine voleva rifugiarsi nel modo fantastico dei sogni e orientare in tal senso l’umanità intera in un momento così triste.
Ma si lasciò trascinare ancora una volta nell’impegno diretto e, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, riuscì a tornare in volo con il Gruppo di Ricognizione. In un atterraggio ebbe un incidente e venne emarginato. Entrò in depressione. Per curarlo gli affidarono una ricognizione fotografica a Napoli e dintorni.
Riuscì valorosamente a portare a compimento otto ricognizioni.
Alla nona ricognizione -il 31 luglio 1944- partì per sorvolare Grenoble e Annecy. Non tornò più.

 

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Il volo come ragione di vita di una persona trova il modo di incontrarsi con la favola di un volo di un piccolo principe. E’ un sogno ad occhi aperti quella favola. Il sogno di chi ha combattuto una guerra in prima persona a diversi livelli: da quello su un mezzo di guerra alla lotta per realizzarsi nel tracciare un solco tra l’immensità dei cieli.

Quell’aviatore deve ricorrere a un atterraggio di fortuna per un’avaria al motore. Si ritrova in un deserto e sente una piccola voce.
Incontra così un bambino che proviene da un piccolo pianeta, l’asteroide B 612. Il bambino gli chiede un disegno e, dal suo racconto, l’aviatore capisce che sta soffrendo la separazione da una rosa particolare con la quale aveva stabilito un’amicizia. Adesso che si trova lontano da lei, soffre ancor più il distacco e la solitudine.
Il bambino racconta alcuni momenti del viaggio intrapreso per raggiungere altri pianeti. Diversi incontri con diversi personaggi che rivelano un mondo sconosciuto ma triste: un vecchio re, un uomo vanitoso, un ubriacone, un uomo d’affari, un lampionario e un geologo. E quest’ultimo gli consiglia di visitare la terra.

Una sorpresa la terra. Tanti incontri anche sulla terra. Ma sono soprattutto tre i nuovi incontri che gli torneranno utili: un serpente, un fiore particolare e una volpe.

Il serpente, in definitiva, gli sarà fatale per consentirgli il ritorno sull’asteroide B 612. Il fiore particolare gli permetterà di scoprire un immenso campo di rose. Ma la “sua” rosa non ha niente a che vedere con mille rose se pur belle. L’incontro con la volpe, infine, è la pagina più densa di umanità di tutto il volumetto.

 

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La volpe gli chiederà di essere addomesticata per raggiungere la possibilità di trovare un amico. E’ un inno all’amicizia quell’episodio: ….”se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù in fondo dei campi di grano? …I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste. Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”.
Per inciso, confesso che quando ho letto per la prima volta la frase che ho sopra riportato, l’ho subito dedicata a mia moglie che ha un po’ di biondo ai capelli. Ma, soprattutto, per evidenziare che per quaranta anni lei ha riletto, vissuto e rappresentato sulla scena questo sogno ai bambini durante gli anni scolastici di diverse generazioni. Quei bambini sono cresciuti credendo negli affetti.
Quando si separarono: “Addio” disse la volpe. E aggiunse: “Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”…

Quel “piccolo” volume lanciato tra le atrocità di una guerra ha tentato di trasferire una umanità tormentata nel mondo dei sogni. L’incontro tra un bambino e un adulto è la riscoperta del mondo dell’infanzia. La semplicità, la dolcezza, la bontà, la ricchezza delle piccole cose.

Alla fine del sogno, Antoine de Saint-Exupéry, non ritrovando più il Piccolo Principe, dirà: “..so che è ritornato nel suo pianeta, perché, al levar del giorno, non ho ritrovato il suo corpo. Non era un corpo molto pesante. E mi piace la notte ascoltare le stelle. Sono come cinquecento milioni di sonagli…”

 

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Il suo sogno era proprio quello di volare tra le stelle e passeggiare tra l’immensità dei cieli. Per tornare alla realtà della vita con programmi diversi.

Da anni, incontrandomi con “Il piccolo principe”, rinnovo la mia convinzione che il sogno era la ragione di vita di Antoine de Saint-Exupéry. Ma mi tormento nel capire se gli era più congeniale volare fisicamente per sognare o spingersi nel sogno per trovare piste sicure per la sua scrittura. Certamente si lasciò avvolgere dal sogno per “ascoltar le stelle”.

 

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In ogni caso ritengo che per tutti noi il sogno non può costituire un semplice rifugio. Forse può permetterci di ritrovare preziosi componenti di noi stessi o farsi mezzo per trovare soluzioni. Di vita.
E regalare alla vita stessa, ali per volare.