IL SIG. BELLAVISTA TRIONFA A TORONTO

L’intervista al regista Alessandro Marinaro che ci svela: <<siciliano di nascita, e siculo-calabro d’appartenenza, non mi sento rappresentato né da squadra antimafia né da Montalbano.»

 A cura di Salvo Cavallaro

A Toronto, durante l’ultima rassegna dell’Italian Contemporary Film Festival, è stata premiata la pellicola del regista catanese Alessandro Marinaro “Buongiorno Sig. Bellavista” come miglior cortometraggio.

locandina Bellavista

La rassegna accoglie il meglio del cinema italiano della stagione precedente, in forma di lungo e corto, e si prefigge di far conoscere il cinema italiano ai canadesi, prevedendo varie categorie di premiazione.  Approfittiamo dell’occasione per intervistare il giovane regista e conoscerlo di più.

AleMa

Alessandro che significa per te questo premio?

«Per quel che mi riguarda, il film è stato premiato dal pubblico presente in sala, che era composto da gente del settore e semplici spettatori. È una sensazione gratificante, ti ripaga dei tanti sacrifici, e sei felice se immagini le facce delle persone che hanno visto il film e l’hanno apprezzato; e se era triste non poter essere lì con loro a condividere la visione, diventava al contempo meraviglioso immaginare le loro emozioni. I film non vengono fatti per viverci assieme. I film vivono benissimo da soli».

Come siete arrivati fino in Canada?

«Ho visto per caso di questo festival su internet, ho fatto iscrizione e inviato tutto il necessario. Hanno accettato e poi addirittura ha vinto. La  pellicola in realtà è del 2011, però è uscito nel 2012 e a dire il vero solo adesso stiamo divulgano parecchio, perché sono rimasto bloccato dalla produzione di un altro progetto»

Un riconoscimento internazionale è un valore aggiunto?

«Giuro, per me, da un punto di vista umano, hanno lo stesso valore, che sia in una piccola città di provincia o dall’altra parte del mondo.  Perché sarebbe come attribuire più importanza al gusto di un pubblico straniero. E’ chiaro che l’eco è diverso, che fa più effetto in termini “pubblicitari”. Però per me se un pubblico apprezza i miei lavori a Pedara oppure a Toronto, ha lo stesso valore, perché le emozioni si rassomigliano tutte. Quello che mi rende estremamente felice è ricevere un riconoscimento in un festival di tale prestigio. E’ quello che fa la differenza. Anche perché ti ritrovi in competizione con lavori di alto livello, e quindi le possibilità di vittoria si abbassano notevolmente. Però ci tengo a precisare che il cinema non è una gara podistica, in cui per forza di cose vince chi ha più qualità atletiche, ma è arte, e in quanto tale ha solo bisogno d’essere comunicata. Credo sia questo ciò che reputa necessario ogni autore. I premi oggi vanno a te e domani ad un altro. Ciò che invece hai comunicato resta sempre».

Premio dedicato a chi?

« A mio padre, mia madre e mio fratello prima di ogni cosa. Poi a quel grande che è mio zio Egidio, inimitabile sostenitore morale. Poi certamente ai fantastici ragazzi che c’hanno lavorato, dagli amici più cari di 095mm, agli attori, alla troupe. A tutti coloro che l’hanno visto l’anno scorso e mi hanno espresso apprezzamenti attraverso mail, telefonate e lettere ricevute all’indomani della mitica proiezione al cinema King di Catania il 5 aprile del 2012.»

Come sta il Cinema Italiano in questo momento?

« Il cinema attuale dicono tutti che è senza ossigeno… beh, in parte è vero… perciò se continuiamo a dircelo e non fare nulla per evitarlo diventa tutto piuttosto irritante e stucchevole, detesto i discorsi lacrimevoli…Dovremmo fare in modo di risolvere i problemi, piuttosto che raccontarceli ogni giorno. C’è anche molta ipocrisia, perché i potenti di turno, quelli dei salotti radical chic romani che grondano di queste figure, continuano a farlo, mentre ottimi registi italiani che nessuno conosce, fanno film a 2 lire e vengono visti solo nei festival,diciamo che non c’è equa ripartizione dei fondi a disposizione. Tuttavia, non si può pretendere nemmeno di elargire denaro a tutti, in modo scriteriato. Negli anni passati queste politiche sono state disastrose, perché sono venuti fuori film orribili; e quei pochi belli sono stati mortificati da una scarsa distribuzione. Ci vogliono serie commissioni selezionatrici al  ministero dei Beni Culturali, fatte da gente competente, che sappia semplicemente fare una cosa: saper leggere i copioni. La maggior parte dei grandi registi sono concordi nel sostenere che difficilmente si può fare un film brutto partendo da una buona sceneggiatura. Magari non verrà fuori un capolavoro, perché il regista non è un genio, però certamente verrà un film degno. Tuttavia, non sono uno che ama lamentarsi e dico che la litania del cinema italiano “che non è più come una volta” è diventata inascoltabile. Abbiamo alcuni ottimi registi anche oggi, certamente in numero minore rispetto a un tempo, ma ci sono. Li conosciamo bene e si fanno valere anche oltralpe, quindi non piangiamoci addosso.»

Quale sarebbe il modello da seguire?

« Credo che dobbiamo dare più rilevanza in termini pubblicitari al nostro cinema, e non farci schiacciare totalmente da quello statunitense, fare una politica più nazionalista, come in Francia, dividere in percentuale la distribuzione, se no va tutto a vantaggio loro, e i nostri film li vedono 4 spettatori. Non è possibile vedere nei multisala 7 film stranieri e uno italiano… è desolante. Non da un punto di vista artistico, che quello ormai non conta più, ma monetario. Se andiamo a vedere un film italiano, i soldi restano a casa nostra. Spesso la gente non è convinta della nostra proposta. D’accordo, impegniamoci a fare film più interessanti, ma al contempo impegniamoci ancor più a diffonderli, distribuirli. Molta gente non vede pellicole italiane perché non sa che esistono. Io, nel mio piccolo, faccio la mia parte: anche quelle volte che immagino di vedere un film brutto, cerco comunque di lasciare 6 euro di biglietto al nostro cinema. Ma è pur vero che tutto questo mirabile impegno va in fumo se pensiamo al luogo in cui vengono destinati  i milioni di euro che il cinema si sogna: le fiction televisive. E’ qui che vanno a finire la gran parte dei soldi delle produzioni più forti. E quei sei-sette-otto milioni di telespettatori che le guardano, se non devo chiamarli complici del disastro, li chiamo semplicemente idioti.»

A questo punto levati un sassolino dalla scarpa…

«Volevo soltanto dire che io, siciliano di nascita e siculo-calabro d’appartenenza, non mi sento rappresentato né da squadra antimafia né da Montalbano.»