IL RACCONTO: EVASIONE SCOLASTICA

Racconti e Leggende – Nuove Edizioni Bohémien – Gennaio 2014

A cura di Nino Leotta

imagesHo quasi pianto oggi pomeriggio sulla porta del negozio al n° 79 di Corso Umberto: è cominciato a impazzare il Carnevale per le strade della Città ed ho visto i miei ex compagni di scuola, in gruppo, tagliare la folla formando una lunga catena, tenendosi per mano, cantando e scherzando.

Da oltre un anno non sono più con loro a scuola. Ma avrei tanto voluto esserci ancora. Quando, per un motivo qualsiasi, riemerge questo problema, una grande tristezza riempie il mio animo. Ora, sotto i miei occhi, coriandoli colorati volano come scintille di gioia che esplode e sembrano sprigionare quel vivo desiderio di comunicare, in qualche modo, con gli altri, con chi ti sta attorno, con tutti.  E sogni, ad occhi aperti, di stringere, tra la folla, una mano amica e di correre tra la gente,  sostando, poi,  ansimante e  ridendo senza alcun motivo.

Due anni fa, il magazzino di agrumi, dove mio padre aveva lavorato da venti anni, ha chiuso i battenti e così, io, dopo la licenza della scuola media, ho dovuto abbandonare gli studi e adattarmi a fare la commessa. La signora Francesca mi dà trecento euro al mese.

download (1)Spesso, nel silenzio amaro della mia solitudine, ripenso alla mia professoressa di lettere che, con la sua amabile dolcezza, mi diceva: “Giovanna, tu dovrai affrontare con la stessa determinazione di oggi, il liceo e vedrai che ti… riuscirà facile anche l’università”. Non devo assolutamente far trasparire in casa la mia angoscia. Capisco che mia madre bagna di lacrime nascoste il suo cuscino, ma sa accompagnare sempre, con un sorriso, le mie puntuali uscite, ogni mattina ed ogni pomeriggio,  e so che non vorrebbe mai vedermi soffrire.

Mio padre, da un po’ di tempo, è riuscito a organizzare un posteggio di auto lungo la via Roma, dove si forma uno slargo capace di accogliere  -se posteggiate con ordine-  almeno dieci auto. Se non fosse una vicenda tutta da piangere, ci riderei sopra spontaneamente: mio padre, che è stato sempre un lavoratore esemplare, ora è costretto a fare il  “posteggiatore abusivo”. Purtroppo le avversità della vita lo costringono a chiedere cinquanta centesimi per custodire ogni auto che si ferma in sosta. Chissà quante umiliazioni deve subire quotidianamente. Ho calcolato che riesce a racimolare una trentina di euro al giorno e così, a fine mese,  può contare su circa settecento euro. Ricordo che il primo giorno da  “posteggiatore” mio padre è tornato a casa raggiante perché ha consegnato a mia madre quaranta euro per acquistare subito un paio di scarpe al mercato rionale per mio fratello Michele che ne aveva veramente bisogno. Ci ha raccontato, poi, di una giovane signora che gli ha affidato l’auto, lasciandola in doppia fila,  ma consegnandogli la chiave e…cinque euro per sistemare l’auto appena possibile.

Manderei mille imprecazioni al minuto contro l’amaro destino che ci ha riservato la vita, ma poi mi ricredo perché…penso al volto di mia madre. Devo dire, in verità, che, da un po’ di tempo a questa parte, evito di guardare negli occhi mia madre, di incrociare il suo sguardo. Non vorrei che pensasse che io le nasconda rancore,  che  rimandi di vomitarle addosso tutta la mia rabbia o il mio risentimento perché non mi è stato consentito di continuare gli studi o perché siamo costretti a vivere in questa situazione. Ma avrei un gran voglia di piangere.

Mio fratello  Michele  frequenta la seconda media.

Oggi pomeriggio i miei genitori sono andati a scuola per il colloquio con gli insegnanti. Questa sera li ho trovati raggianti di gioia. Mio padre diceva: “Abbiamo fatto una bella figura ! Tua madre ed io ci siamo messi il vestito del matrimonio di tua cugina Francesca… I professori ci hanno detto tutti che Michele è intelligente e bravo. Sa scrivere bene e si esprime con chiarezza. Si prepara,  ragiona e discute, lavora con entusiasmo e sta bene con i compagni”.

Mia madre ha, poi, riferito, che nel prossimo mese di aprile, la scuola organizzerà una uscita formativa: andranno alla Reggia di Caserta e sulla costiera Amalfitana. Ci vogliono, però,  285 euro.  Mio padre ha assicurato che farà di tutto per mettere insieme la somma. Michele lo merita. Ora mi capita spesso di sognare ad occhi aperti mentre sto al negozio e vedo passare la gente, specialmente i ragazzi. Oppure, la sera, quando mi metto a letto e non riesco a prendere sonno. Sento i miei genitori  bisbigliare e, molto spesso, fare dei conti che… non tornano mai e allora tento di distrarmi e mi rifugio in immaginazioni fantastiche, in sogni meravigliosi…

Non può essere solamente sofferenza la vita e perciò faccio volare la mia fantasia come un gabbiano che guarda dall’alto i flutti del mare che si infrangono sulla scogliera. E’ bello sognare di avere degli amici e scambiare idee con loro e farsi delle confidenze e scherzare e uscire insieme e poi… viaggiare, discutendo a lungo sui fatti del giorno, sui problemi, sulla vita…

download (2)E’ bello sognare… ma vorrei anche vivere intensamente i giorni di questa mia prima giovinezza, inserendomi vitalmente in questa società che talvolta dice di guardare con interesse ai giovani ma, di fatto, mira ad altri interessi. Vorrei tanto fare qualcosa per contribuire a ridestare questa società sempre più stanca.

Sono venuta a sapere che mia madre, da alcune settimane, lavora ad ore in alcune famiglie: 48 euro per otto ore la settimana. Non si è fatta accorgere di niente ed io fingo di essere all’oscuro di tutto. Ora siamo un po’ più distesi perché c’è la possibilità di affrontare le spese dell’energia elettrica e  quelle  condominiali,  il costo della bombola di gas,   il canone dell’acqua e altre piccole spese che vengono fuori inaspettatamente.Ora  siamo in tre  a darci da fare e  raggiungiamo, a fine mese, intorno a mille e duecento euro.  Coraggio… si riparte.All’ora di pranzo mio padre ci ha riferito che stamane è arrivato allo slargo di Via Roma un furgone del Comune e due tecnici hanno preso delle misure ed hanno schizzato una piantina del luogo.Non è riuscito, però,  a carpire che cosa stanno progettando.

Il giorno del mio compleanno mia madre ha voluto prepararmi una torta con sedici candeline. Ho invitato la mia amica Laura, la mia vicina di casa Antonella con il suo ragazzo, mia cugina Cettina e la mia collega di negozio Giulia che è stata tanto carina perché ha insistito nel regalarmi un completino di lana. La più dolce è stata, come sempre, la mia nonna che vive da sola, dignitosamente, con una misuratissima pensione: mi ha regalato, come del resto in ogni festa, cinquanta euro e mi ha invitato a comprare profumi e belletti perché mi vuole vedere sempre più bella ed affascinante. Mi ha sorpreso mio fratello Michele che si è presentato affettuosamente con un CD in mano. Devo confessare, però,  che mi piacerebbe avere almeno un cellulare, ma, per ora, non posso concedermi questo…lusso. Ho tanta voglia di costruire la mia storia animandola di una grande speranza. Non posso, insomma, piegarmi sotto il peso della rassegnazione.

Oggi mio padre ci ha fatto sapere che un amico gli ha suggerito di cercare un altro spazio per il posteggio delle auto: al Comune, hanno deciso che, nello slargo di Via Roma, tracceranno le strisce blu con il posteggio a pagamento ad ore.  Ora mia madre piange anche di giorno. E’ impossibile trovare in città un altro slargo per il posteggio abusivo. E, soprattutto, è impossibile per mio padre trovare un qualsiasi lavoro anche provvisorio. E’ vero, siamo condannati, io, mio padre e mia madre,  al  “lavoro nero”  ma è anche vero che per mio padre  oggi non c’è un lavoro, di…alcun colore.

Lo chiamano  “lavoro nero”  perché non viene retribuito adeguatamente e perché non siamo  “messi in regola”  con i dovuti versamenti. Ma sono convinta che il novanta per cento delle ragazze come me che fanno le commesse nei piccoli negozi, devono accontentarsi di 300 euro al mese e, se chiedono i contributi e la  “paga sindacale”,  possono starsene tranquillamente a casa.

In quanto a mio padre, la chiusura del mercato di esportazione di agrumi e le scarse prospettive imprenditoriali nel territorio, sono una grossa macchia nera, più nera del lavoro nero. Si fa sempre più strada l’opportunità di tentare di emigrare. Un’assurda avventura per trasferire altrove l’incertezza del tuo domani, per bagnare di lacrime anche la terra che non è tua.  Una miseria  “in mobilità”  che rompe drammaticamente anche quel sottile filo di speranza di vivere tra parenti e amici.

images (1)In questo ultimo periodo mi chiedo spesso quale sarà il mio domani. Avrò, almeno, la possibilità di essere…una commessa “messa in regola”? Riuscirò, soprattutto, a inserirmi a pieno titolo in questa società?  O sarò condannata, come tanti altri, ad essere ghettizzata, a non potere esprimere nessun giudizio, a non avere spazio per avanzare proposte e fare delle scelte? Fino a quando dovrò restare relegata ai margini, sopportata o addirittura ignorata perché non  “produco”  abbastanza  e  perché  “consumo”  quasi niente?  Ma io sento di avere la capacità di impegnarmi in un lavoro, di organizzare una mia famiglia, di scambiare tutto quello che è in me con un compagno di vita, di mettere al mondo dei figli e donare loro tutta me stessa.

 C’era  una  fetta  di  prosciutto questa sera a cena:  l’abbiamo divisa in quattro.     A un certo punto,  mio padre ha detto a mio fratello Michele:  “Ti ho trovato un posto di lavoro da Armando, il meccanico di Via Foscolo… il cugino di mio zio Giovanni… Lo aiuterai  a riparare le auto… gli porgerai  i  “ferri”, eseguirai  qualche suo  “comando”,  pulirai l’officina…Ti darà cinquanta euro  la settimana.  Ci aiuterai tu a pagare l’affitto della casa”.

images (2)Mio padre ha fatto uno sforzo sovrumano per pronunziare queste parole. Si toccava con mano la sua angoscia, il suo animo a pezzi. Mia madre, che  aveva già concordato la decisione, tratteneva a stento le lacrime e cercava di abbozzare un sorriso di conforto. Ha aggiunto soltanto, sommessamente:  “Papà… non ha più il posteggio delle auto nello slargo di Via Roma”. Poi mio padre, con grande sofferenza, si è ancora rivolto a mio fratello: “Michele, ti giuro che…appena riapriranno i magazzini di agrumi, lavorerò giorno e notte perché devo mandarti all’università. Per ora, appena concluso questo anno scolastico, devi … lasciare la scuola. Prenderai la licenza della scuola media, quando sarà possibile”. Alzandosi, si è avviato verso la stanza da letto per nascondere, forse,  le lacrime che cominciavano a solcare il suo viso. E, mentre ne imboccava la porta, ripeteva, più a sé stesso che a noi :  “non  c’è travàgghiu… non  c’è  travàgghiu..