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Attualità
A cura di Giuseppe Firrincieli
Il 14 febbraio giorno di San Valentino, festa degli innamorati. Una tradizione piuttosto seguita dai giovani, ma oggi, tristemente impoverita e chiamata “Festa dei doni” tra le giovani coppie.
Una ricorrenza che risale all’epoca romana, e precisamente ebbe inizio nel 496 d. C., quando, con l’avvento della Religione Cristiana, ebbero fine i riti che, prima, si celebravano il 15 febbraio sotto il Romano Impero e avvenivano con festeggiamenti sfrenati, apertamente in contrasto con la morale e l’idea di “amore” dei cristiani. In particolare il clou della festa si aveva quando le matrone romane si offrivano, spontaneamente, per le strade, alle frustate di gruppi di giovani nudi, devoti al selvatico Fauno Luperco, dio della campagna e dei pascoli e difensore dei contadini e greggi. Anche le donne in dolce attesa si sottoponevano volentieri al rituale su menzionato, convinte che avrebbe fatto bene alla nascita del proprio pargolo.
In fondo, ad alleviare il dolore, bastava lo spettacolo offerto dai corpi di quei baldi giovani, che si facevano strada completamente nudi o, al massimo, con un gonnellino di pelle stretto intorno ai fianchi. l’allora papa Gelasio I volle porre fine alle feste denominate i “Lupercalia”, in onore di Luperco, come anzidetto, antica divinità rurale della mitologia romana invocata anche a protezione della fertilità. Per “battezzare” la festa dell’amore, il Papa Gelasio I decise di anticiparla, il 14 febbraio, e dedicandola a San Valentino, quale “ Il protettore degli innamorati”. Ma di San Valentino ce ne sono uno, due o piu?
Si racconta che siano esistiti parecchi Santi di nome Valentino e tutti furono martiri, non si sa molto di loro, ma due sono i più noti. Il primo, nato a Interamna (oggi Terni) nel 176 d.c., proteggeva gli innamorati, li guidava verso il matrimonio e li incoraggiava a mettere al mondo dei figli. La religiosità descrive il Santo come guaritore degli epilettici e difensore delle storie d’amore e racconta che abbia messo pace tra due fidanzati che litigavano, offrendo loro una rosa. Il secondo, invece sarebbe morto a Roma il 14 febbraio del 274, decapitato.
Per alcune fonti sarebbe lo stesso vescovo di Terni. Per altri, sarebbe un altro martire cristiano. Si racconta che il martire Valentino, quello a cui è dedicato il 14 febbraio, sarebbe stato giustiziato perché aveva celebrato il matrimonio tra una donna cristiana di nome Seràpia e un legionario romano di nome Sabino, che invece era pagano. La cerimonia avvenne in fretta, perché la giovane era malata. I due sposi morirono insieme, proprio mentre Valentino li benediceva. Ecco che il famoso “Cupìdo” mitologico, ancora presente nel frasario di oggi, fa spazio a San Valentino e fu così che il Santo protettore entrò nei cuori degli innamorati divenendo l’ immagine de “ L’ Amor Cortese”. Ma quanti simboli di detto “alto e romantico sentimento” affiorano nel Mondo? Tantissimi! Ma non c’è bisogno di andare lontano, la Sicilia è una Isola meravigliosa anche per celebrare maestosamente la parola “Amore”.
San Felice di Nicosia
Molti non sanno, purtroppo non è una storia molto conosciuta, che nel pieno centro della Nostra Triskelia è esistito un Santo che ha osannato il puro amore; sì, si tratta di San Felice, compatrono della città di Nicosia, nato il 5 novembre del 1705 e morto il 31 maggio del 1787, francescano beatificato nel 1888, proclamato santo da Papa Benedetto XVI nel 2005, grazie a due miracoli provati. San Felice amava pronunziare un’invocazione ricca di sentimento “Sia per l’amor di Dio”. L’Umiltà e la disponibilità del Frate cappuccino nicosiano era rivolta ai carcerati, infermi, bambini bisognosi, ecco un’altra faccia dell’Amore.
San Felice si definì:‘U sciccareddu, affermando che la sua persona doveva passare in secondo piano, rispetto ai bisogni primari dei poveri disagiati. Da una biografia di San Felice, Il suo nome di battesimo era Filippo Giacomo Amoruso e fin da bambino fu molto devoto a Gesù; il padre morì quando lui aveva tre anni, frequentò allora la bottega del calzolaio Giovanni Ciavarelli, soffrendo per il linguaggio scurrile che veniva usato. Della sua infanzia si tramanda un episodio miracoloso, il giovane Filippo passò il dito bagnato di saliva su un pezzo di cuoio che un operaio aveva tagliato male e se ne disperava, ottenendo che il cuoio ritornasse intatto.
Dopo la morte dei genitori, chiese inutilmente per ben sette anni di essere ammesso nel Convento dei Frati Cappuccini di Nicosia, ma veniva sempre rifiutato perché analfabeta. Infine, dal padre provinciale di Messina in visita a Nicosia, venne ammesso ad entrare nel convento dei Cappuccini della vicina Mistretta, dove venne consacrato con il nome di Felice. Un giorno, in un tratto della strada poco distante dal convento, vide due uomini che stavano litigando armati di coltello e, mentre la gente stava a guardare come se fosse uno spettacolo, lui si mise in ginocchio e rivolse al Signore la sua preghiera perché quei due litiganti facessero pace, e così avvenne. Trecento anni sono trascorsi e non è cambiato nulla, accoltellamenti, spari, violenze e bullismo, nonché infanticidi, femminicidi, parricidi e matricidi sono fenomeni che si ripetono a ritmo incessante e si specchiano negli assurdi teatri di guerre in varie parti del mondo. Si, nel 2025 ci troviamo in un mondo che si riflette nei conflitti dei secoli passati, mettendo al bando l’amore della pace, a danno della vita delle centinaia di migliaia di persone l’anno. Papa Francesco, all’ Angelus dice: “Guerra non è castigo di Dio” …La guerra è una sconfitta per tutti.
“Fate l’Amore, non fate la guerra” è uno slogan contro la guerra, comunemente associato alla controcultura statunitense degli anni ’60, manifestato originariamente da coloro che si opponevano al conflitto bellico, ma che ancora e più che mai vi è la necessità di rimembrarlo.
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