Storiche memorie
A cura di Giovanni Vecchio
“Il vice console di Marsala Sebastiano Lipari e i retroscena che favorirono lo sbarco dei Mille l’11 maggio 1860”.
Il successo dello sbarco dei Mille di Garibaldi a Marsala 11 maggio 1860 è stato quasi sempre raccontato dai libri di storia soltanto come un’impresa ardita dell’eroe dei due mondi e dei suoi uomini. Le ricerche storiche di pochi autori non allineati ma rigorosi nell’indagine documentaria come Nino Russo Ravalli nel 1932, Salvatore Ierardi nel 2002 e Natale Musarra nel 2010, hanno messo in luce dei risvolti poco approfonditi nella storiografia ufficiale, anche se talvolta vagamente sfiorati. I ricercatori citati hanno reso note le circostanze che determinarono la presenza nel porto dii Marsala, all’arrivo di Garibaldi e dei suoi Mille, delle navi da guerra inglesi “Argus” con sei cannoni, comandata dal capitano Ingham, e “Intrepid”, comandata dal capitano Marryat. Ambedue i “legni” avevano il compito di proteggere S. Maestà Britannica.
Dopo i moti di Palermo dell’aprile 1860 soffocati nel sangue, il generale Marchese Letizia, comandante delle forze borboniche, soddisfatto dell’esito della repressione, recatosi a Marsala nella residenza del sindaco del tempo Giulio Anca Omodei, riunì in sua presenza, con apposito invito, l’intero corpo consolare di stanza a Marsala e chiese cortesemente a tutti i vice consoli di deporre le armi. Il vice console sardo Sebastiano Lipari, temendo un’imboscata essendosi compromesso per i moti insurrezionali della Settimana Santa a Palermo, si presentò al generale Letizia in tenuta di servizio con l’uniforme del consolato sardo. Quando il generale dichiarò che “tutti i consoli avevano ottemperato ai suoi ordini”, il Lipari fece notare che c’erano state delle eccezioni in quanto il Console britannico non era presente, mentre era stato obbligato “con massimo rigore” uno stato minore, quale quello sardo, a consegnare le armi. E aggiunse: “Mio malgrado, io sarò obbligato a darne conoscenza con la mia qualità di Console di S. M. il Re di Sardegna, al R. Governo che ho l’onore di rappresentare”. Il generale Letizia accusò il colpo e ingiunse al suo aiutante in campo di recarsi immediatamente dal console inglese e di farlo venire immediatamente mentre chiese ai presenti di restare in attesa perché il governo borbonico non voleva fare alcuna eccezione. Ritornato l’aiutante in campo, riferì che il console non poteva venire subito in quanto “doveva farsi la barba, ma che pure sarebbe venuto nel corso della giornata”. Letizia reagì malamente, abituato com’era a vedere rispettati i suoi ordini, e mandò a dire che se non si fosse presentato immediatamente l’avrebbe fatto prelevare dai suoi soldati. A quel punto il console inglese Riccardo Cossings si presentò e di fronte all’ingiunzione di deporre le armi, si rifiutò. Letizia lo minacciò di fucilazione e Cossings dichiarò: “Badate a quello che dite. Fucilatemi pure, ma sappiate che nel fucilare me, voi e il vostro governo fucilerete la Regina d’Inghilterra! Per intanto io non posso e non voglio consegnarvi le armi, a meno che non porrete un cordone militare attorno agli stabilimenti dei vini, e ciò a garanzia e tutela dei non pochi milioni di lire sterline che formano la proiprietà dei sudditi inglesi” e aggiunse che avrebbe ritenuto lo stesso generale e il governo borbonico responsabili di tutti i danni che i sudditi inglesi avrebbero riportato. Letizia replicò che se non fossero state consegnate le armi, egli avrebbe spedito un battaglione di soldati per prendersele. Il “colloquio” finì lì. Sciolta l’adunanza, Letizia effettuò delle perquisizioni negli stabilimenti inglesi e fece portar via tutte le armi che furono rintracciate. Ma il console Cossings inviò subito un preciso rapporto su quanto accaduto al Governatore di Malta chiedendo l’invio di una nave da guerra inglese per ottenere soddisfazione dal generale Letizia e proteggere i soldati britannici di stanza a Marsala. Dopo tre giorni arrivarono da Malta l’”Argus” e l’ “Intrepid”.
Il generale Letizia ne era all’oscuro e, una volta affettuato il disarmo, si era allontanato alla volta dell’interno dell’Isola con una colonna mobile di ben settecento uomini. Proprio in quei giorni giunsero nel porto di Marsala i due piroscafi “Piemonte” e “Lombardo”, una fortunatissima coincidenza che favorì lo sbarco dei garibaldini. Tutto questo si può far risalire alla “mossa” del vice console sardo Lipari, che, come si legge in un suo manoscritto, “con il proponimento di creare gravi difficoltà al governo borbonico, ponendolo in aperta rottura col rappresentante di una grande potenza che sa farsi rispettare, il mio scopo venne pienamente raggiunto, e l’esito felicissimo che ne seguì, coronò completamente i miei disegni”. Infatti, la presenza delle navi inglesi impedì il cannoneggiamento o, almeno, ridusse di molto l’opera di respinsione dei Mille, che così poterono sbarcare e avviarsi all’opera di conquista.
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