RACCONTI
A cura di Salvatore La Carrubba
Il 28 febbraio 2020 avrei compiuto il mio compleanno, ed avevo già comprato un biglietto aereo per festeggiarlo a Roma, invitato da un mio amico cantautore romano come ospiteal suo concerto al Teatro Arciliuto, in questa nuova dimensione di medico/musicista. Ma da alcuni giorni le notizie di questa infezione proveniente dalla Cina diventavano sempre piu’ allarmanti, per cui proprio alla viglia decisi di non partire piu’ rimettendoci anche il costo dei biglietti aerei.
Solo una settimana dopo, l’8 marzo, tutta l’Italia veniva chiusa in quello che era il primo lockdown.
Io, medico di medicina interna all’Ospedale Villa Sofia di Palermo, fino a quel momento avevo decisamente sottovalutato il peso e l’importanza di questa epidemia. D’altra parte, solo pochi anni prima avevamo vissuto la paura SARS, e quindi pensavamo che fosse solo uno dei tanti allarmi che periodicamente riempivano di paura le nostre vite.
Ed invece non sapevamo che stavamo entrando nella storia.
Il primo “lockdown” l’ho vissuto chiudendomi in casa, come tutti, e con la sensazion, ogni giorno, di andare in Ospedale come se si andasse in guerra. Era stato deciso dai vertici aziendali che il mio presidio osepdaliero sarebbe stato NO-COVID, ma da quel giorno serpeggiava la paura che i filtri posti all’ingresso non servisssero. D’altra parte durante le prime settimane le raccomandazioni erano state che solo in caso di pazienti provenienti dalla Cina (!) si sarebbero dovute attivare procedure diagnostiche (il famoso tampone) allo scopo di rilevare l’eventuale presenza del virus. Ma le notizie provenienti dal Nord erano sempre piu’ preoccupanti, ed il 9 marzo ci svegliammo in una città totalmente cambiata, come sarebbero cambiate le nostre vite.
Uscivo ogni giorno per andare in ospedale, ed al ritorno mi cambiavo in uno stanzino accanto all’ingresso di casa. Paradossalmente in Ospedale il lavoro era piu’ leggero perché, nelle prime settimane, il pronto soccorso era incredibilmente deserto. La gente aveva paura a venire in ospedale, d’altra parte non c’erano piu’ incidenti stradali (non usciva piu’ nessuno) e tutto sommato il numero dei contagi era molto basso.
Con il passare delle settimane la paura andava riducendosi e con l’avvento della primavera (perduta) balenava l’idea che la paura fosse stata eccessiva. D’altra parte anche i reparti adibiti per l’emergenza COVID erano rimasti quasi deserti. L’estate in arrivo aveva diffuso l’idea che fosse stato solo un brutto incubo e che l’epidemia fosse rimasta confinata nelle regioni settentrionali.
Ci si era convinti che il clima mediterraneo fosse la migliore arma per contenere l’infezione. Sopraggiunta l’estate sembrava che la vita fosse tornata normale. E fu il grande errore.
La Sicilia si apriva ai viaggi in arrivo e in partenza e le raccomandazioni di evitare luoghi dove ancora l’epidemia imperverrsava andarono inascoltati.
Cosi’ assistemmo a gruppi di ragazzi in viaggio per le isole Baleari o per Malta, nonché all’arrivo dei turisti provenienti da tutta Europa. Già a fine agosto si inizio’ a capire che non sarebbe stato facile perché improvvisamente inizio’ l’impennata di contagi.
Che non sarebbe andata liscia come nella prima fase iniziarmmo a comprenderlo quando, nel giro di poche settimane , quei reparti COVID cominciarono ad essere nuovamente affollati, al di là dei numeri ufficiali che sono sembrati sin dall’inizio sottodimensionati rispetto all’esigenza del problema. Con l’arrivo dell’autunno si capi’ che ancora il peggio doveva iniziare. Il segnale piu’ brutto fu quando arrivarono i primi ordini di servizio che obbligavano, a turno, i medici degli altri reparti a prestare temporaneamente servizio nei nuovi reparti COVID che cominciavano a non bastare piu’. Si inizio’ a cercare personale sanitario in maniera confusa e con grande fretta perché l’ondata dei contagi stava diventando uno tzunami difficile da contenere. In maniera improvvida non erano stati confermati i contratti a tempo determinato per giovani medici che erano scaduti a fine agosto e si assistette cosi’ alla corsa per riassumerli, scoprendo che i vari ospedali erano ormai in concorrenza nel reperimento di nuovo personale , sia medici che infermieri che OSS. Ormai si era caduti nella seconda ondata che non aveva niente in comune con la prima. I malati affetti da COVID erano ormai in numero impressionante. E cominciavano ad aumentare i numeri degli infetti anche tra il personale sanitario. Quei presidi che prima sembravano un eccesso adesso erano diventati i compagni di viaggio .
Paradossalmente, le restrizioni erano molto piu’ blande della prima ondata, non si capisce se per i mancati controlli o perché la gente si era abituata alla presenza del virus, ma anche perché cominciavano ad aumentare ed a rimbalzare le teorie negazioniste.
Ormai la nostra vita era cambiata.
Durante la prima ondata avevo approfittato delle giornate trascorse in casa da solo per dedicarmi alla mia seconda attività che è quella di musicista cantautore. Questo periodo mi aveva anche ispirato nuove canzoni da scrivere e registrare. Adesso pero’ la paura era che questo virus minasse seriamente la serenità della nostra vita.
Fino alla fine del 2020 era un crescendo di timori. Personalmente sapevo già che sarei andato a trascorrere un periodo in un reparto COVID all’inizio del 2021.
Avevo trascorso Capodanno nel mio paese di origine, Canicattì, ma già al rientro al lavoro il 4, avevo capito che sarebbe accaduto qualcosa, perché improvvisamente nel mio reparto diversi pazienti provenienti dal pronto soccorso, nonostante un primo tampone negativo, al successivo controllo venivano riscontrati positivi. C’era pero’ l’entusiasmo del vaccino finalmente disponibile, a partire da noi, operatori sanitari. Non lavorando in un reparto COVID il mio turno di vaccinazione era stato spostato al 7 gennaio. Al termine di un turno di notte allucinante, con mezzo reparto chiuso a causa dell’aumento dei positivi che venivano spostati non senza difficoltà nei reparti COVID, potevo finalmente accedere alla agognata vaccinazione. E dopo una mattinata all’aperto insieme a tanti altri colleghi , venivo finalmente vaccinato. Ma sentivo di non stare bene.
Ebbi il tempo di tornare a casa e paradossalmente di rispondere ad una intervista telefonica di una giornalista della Radio Nazionale che aveva visto la mia foto sul social mentre mi vaccinavo. Ma terminata l’intervista iniziai a sentirmi male, e decisi di misurarmi la temperatura: 40°!
Pensavo fosse un effetto del vaccino. Comparivano pero’ anche tosse e dolori diffusi. Il giorno dopo non andai al lavoro e la temperatura era costantemente tra 39 e 40 nonostante la tachipirina. Cominciai a sospettare. Il terzo giorno, nonostante la temperatura elevata mi recai al pronto soccorso del mio ospedale. Già il tampone rapido “brillava” per positività , tornai a casa di corsa. Mi arrivo’ poi la conferma del tampone molecolare. Ero malato di COVID.
Occorreva rivoluzionare tutto. Mi trovi pertanto a dover decidere intanto come curarmi, prima di tutto.
Dopo un consulto con colleghi di cui mi fidavo, da tutta Italia, decisi pertanto di iniziare una terapia “aggressiva”. Avevo il timore di finire ricoverato per polmonite e dovevo scongiurarla. Il primo giorno stavo praticamente attaccato al saturimetro che per fortuna non scendeva mai sotto 98%.
Inoltre conobbi la trafila burocratica. Da quel momento ero in isolamento.
Per fortuna, iniziando presto la terapia, la febbre mi lascio’ dopo pochi giorni, mentre conobbi tutti gli altri sintomi che fino a quel momento avevo solamente sentito dai racconti di chi si era ammalato.
Tra i sintomi piu’ strani la scomparsa degli odori, cosi’ da rimanere solamente una sensazione di umidità, ad esempio, nel cercare di sentire i profumi. E poi la stanchezza, i dolori, il mal di testa la tosse.
Avevo capito che avrei trascorso un lungo tempo, e da solo.
Non mi persi d’animo. L’organizzazione logistica funzionava benissimo. Ho conosciuto la solidarietà degli amici, oltre che della mia famiglia, con una corsa a sostenermi portandomi tutto quello di cui avevo bisogno anche se tutto avveniva lasciando dietro la porta vivande, medicine, etc.
La mia vicina di casa mi inseri’ nel suo stato di famiglia alimentare, non mancando mai di lasciarmi pranzo e cena dietro la porta, nonostante io fossi comunque capace di cucinarmi.
E poi, la mia grande compagnia. La musica.
Avevo tanto tempo libero e per fortuna le mie condizioni mi permettevano di fare quello che volevo.
Mi organizzai una intera stanza come sala di registrazione e misi mano a testi che avevo già scritto ma non musicato e trovai anche l’ispirazione per nuove canzoni.
Tra i miei amici, un cantautore che vive all’estero, volendo farmi compagnia mi iniziò a mandare periodicamente il manoscritto di un libro che stava scrivendo. Da qui mi venne l’ispirazione di scrivere un racconto sul mio rapporto con la musica, una specie di autobiografia.
La mia vita di relazione aveva necessità di rimanere attiva e per fortuna il mondo dei social mi permise di mantenere contatti e di stabilirne anche di nuovi.
Durante quel periodo riuscii anche ad organizzare una specie di kermesse di cantautori online. Nonché di intraprendere una nuova esperienza di conduttore di una rubrica su un canale, invitato da una di queste nuove amicizie virtuali.
Il tampone continuava ad essere positivo per il coronavirus nonostante ormai mi sentissi guarito.
Per due mesi e mezzo sono stato pertanto sempre da solo ma sono riuscito a trasformare una limitazione in una opportunità.
Vivere in questo modo mi ha permesso di valutare tante cose a distanza in maniera distaccato
Temevo che il rientro al lavoro sarebbe stato traumatico invece quello che ho constatato è che ho scoperto di vedere le cose in maniera diversa da prima. Con un certo distacco, non in maniera piu’ superficiale. Ma rivedendo tutto in un contesto piu’ ampio.
Ascoltando le arrabbiature dei colleghi, le beghe di reparto, i capricci dei capi, mi sento cosi’ diverso.
Un processo di maturazione che forse sarebbe utile diventasse comune.
Il mio primo turno di guardia dopo il COVID è stato carico di cose da fare, ma ho affrontato tutto con serenità. Perché davvero questo periodo mi ha lasciato tanto che spero di non dimenticare mai.
LA PRIMAVERA PERDUTA
E non pensavi, che di mare avremmo mai parlato
né di sentirne ,quasi l’odore con una canzone
ti ascolti sola, Trascinata dalle tue parole
E leggendo/ queste note Sarai sorpresa
E di un’estate, che sembra ormai passata invano
mentre ancora, le giornate si allungano lontano
e di discorsi travestiti dietro questo schermo
e di orizzonti, in questa perduta primavera
di questa guerra che non sapevamo fosse nostra
di colazioni , a mezzanotte come fosse normale
di mascherine che ci nascondono il sorriso
e forse servono , a colorare anche la paura
Primavera perduta
Primavera sognata
Di Libertà rapita
e riconquistata
Ed io sto attento, anche a parlarti dei miei racconti
dei miei tramonti, di un cielo rosso visto da una veranda
perché un’emozione è come l’acqua che ti bagna
e che si asciuga presto se non la difendi.
Ma questo buio, che presto sarà un ricordo
Per cancellare quello ch’era scontato
Di questo tempo che sembrava cosi’ vuoto
Ed hai scoperto quello ch’era destinato
Per rivivere nuove sculture
E disegni che parlano in silenzio
E progetti, ancora da completare
E nuove notti, da risvegliare
Primavera perduta…..
E grotte azzurre, ancora mai inesplorate
Presso la baia che mi era familiare
Da una pietra, da cui poter salpare,
con un pretesto solo per navigare
Primavera perduta…..
SARA’ PUR VERO
Cosa sono queste notti
Questi suoni mai sentiti
E ti accorgi che anche l’aria
fa rumore
un’ora che non passa
Questo buio cosi’ pieno
Di pensieri e di risvegli
Di primavera tra le mura
Sarà pur vero
O forse solo un grande film
Che stai vedendo
O forse invece stai vivendo
Un dovere stare a casa
Parlo solo e mi rispondo
Che sarà quest’atmosfera
Di ricordi e di rimpianti
Sarà pur vero
O forse solo un grande film
Che stai vedendo
O forse invece stai vivendo
e profumi mai sentiti
e quest’aria ritornata
quanto pesa una parola
vale quanto una giornata
Sarà pur vero
O forse solo un grande film
Che stai vedendo
O forse invece stai vivendo
E queste strade di un deserto
Come una foto d’altri tempi
Un nemico che non vedi
ti nasconde la tua faccia
Sarà pur vero
O forse solo un grande film
Che stai vedendo
O forse invece stai vivendo
E quando un giorno forse vicino
Tutto questo finir
In un fiume di dolori
Che mai piu’ ci colpirà
Quanti eroi dimenticati
Quanti esperti demoliti
In una pioggia di parole
Di certezze già smentiti
Sarà pur vero……
Sarà pur vero
E NON E’ PIU’ NATALE
Dove sono le luci
Dove sono le stelle
Dove sono i re Magi
Dove sono i ricordi
Dove sono i pastori
E le cornamuse
Perché c’è silenzio
Le finestre sono chiuse
E la gente per strada
Non ci sta piu’ nessuno
Che compra che canta
Con le buste già piene
Dove sono i bambini
Per loro è la festa
Perché si sta soli
Con i propri dolori
E Non è piu natale
Ce l’hanno rubato
Qualcuno ha sognato
Di averlo vissuto
E se non è più Natale
Che Cosa rimane
Un giorno banale
Che fa ancora più male
Ma forse era giusto
Arrivasse quel giorno
Per capire che tutto
Non era bisogno
Ed a togliere via
Dagli occhi bendati
Quelle foglie appassite
Di colori falsati
E ci dicono adesso
Di stare distanti
Come stare lontani
Fossi quasi normale
E cerchiamo un sorriso
Che rimane nascosto
E quando lo scopri
Sara’ corrisposto
E Non è piu natale
Ce l’hanno rubato
Qualcuno ha sognato
Di averlo vissuto
E se non è più Natale
Che Cosa rimane
Un giorno banale
Che fa ancora più male
Ed è nuovo Natale
Dimenticato
Pensando che fosse
Solo un grande mercato
Come nascere nuovo
Vestito di bianco
Come la neve
Ed è vero Natale
VENTI GIORNI
Sono passati piu’ di venti giorni
E questa vita è sempre piu’ sospesa
Tra una sveglia che arriva troppo presto
Un orologio senza piu’ lancette
Ed in fondo era solo da pensare
Che un giorno ti potessi ammalare
E niente arriva solo per un caso
E niente se ne va senza un motivo
Ed il mondo è racchiuso in questa casa
Vera isola in un mondo
Che continua la sua corsa senza aspettare che ritorni
Senza te, nemmeno se ne accorge
Ed è vero che li fuori c’è chi pensa al tuo silenzio
Tanti amici che ti portano di tutto
Chi ti cerca e ti lascia con affetto
Non ti manca davvero proprio niente
E le giornate scorrono veloci
Fra le note, la chitarra e le parole
Una finestra da cui guardare questo cielo
Che per te rimane sempre uguale
Ed ascolti le notizie che una volta
Ti avrebbero turbato e rivoltato
Ma le senti come sempre piu’ lontane
Te ne accorgi non ti toccano le ali
Isolato
Da malato
E forse anche
Ripensato
Risvegliato
Un po’ bloccato
Caricato
Per ripartire
E ripensi a come il tempo ti ha cambiato
E lo specchio te lo dice sottovoce
Poi ti vesti e fai finta devi uscire
E ritorni quello che sapevi prima
Ed è vero hai paura di andar fuori
Ritornare a quella giostra che non si ferma
Dove andare devi sempre piu’ veloce
Altrimenti puoi cadere tutto addosso
E sta arrivando il momento di ripartire
E ripensi a tutto quello che hai imparato
Ed ogni cosa adesso appare cosi’ nuova
Forse uguale ma di certo sconosciuta
Ma qualcosa ti rimane dentro il cuore
I pensieri e non solo le parole
Chi ha voluto è riuscito a star vicino
E per quello forse allora sei cambiato
Le notti invertite
Ho incontrato un giorno questo amico
Che mi ha costretto a fermarmi e ripensare
E sebbéne non volessi mai accettare
L’ho dovuto accogliere e nutrire
E per questo mi son chiuso dentro casa
Spaventato non potesse mai bastare
Ma poi i giorni diventavano normali
E da soli puoi scoprire ci puoi stare
Ed ho ripreso in mano le mie cose
Le parole che avevo dimenticato
E le note che colorano i ricordi
E tappezzato le pareti di memorie
È il momento di riaprire
È il momento di ripartire
Caricato di certezze
Incurante del domani
E non esiste un futuro
Ne un passato né un presente
E che quello che sei stato
Te lo porterai in silenzio
Mentre il mondo mi scorreva deitro uno schermo
E sembrava fosse tutto meno vero
E nel mentre si si invertivano le ore
E le notte diventavano piu’ mie
Ed ho scoperto che sopraggiunge la paura
Di mettere piede fuori mentre il tempo scorre
E cent’anni sono scorsi come un fiume
Ed ho rivisto come un lampo cio’ ch’è passato
E non serve dimenticare
Perché tutto un giorno si risveglia
E le parole vengon fuori
Mentre cerco di riprendere un percorso
E non è vero tutto fosse dimenticato
O solo messo in un angolo sperduto
Era invece tutto vivo e chiede spazio
Ed il tempo chiede ancora di restare
È il momento di riaprire
È il momento di ripartire
Caricato di certezze
Incurante del domani
Insieme a chi non cè piu’ accanto
E che avrebbe condiviso
Ogni istante ogni racconto
Anche se solo calpestato
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