Fede e Cultura in Dialogo nel pensiero di Joseph Ratzinger

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ITINERARI DELLO SPIRITO

A cura di Giuseppe Lubrino

Immagina un campo di battaglia, non di spade e scudi, ma di idee. Da un lato, la fede cristiana, con la sua antica saggezza e le sue profonde verità. Dall’altro, la cultura contemporanea, un colosso in continua evoluzione, con i suoi valori in continua trasformazione.

Come si confrontano questi due giganti? Alcuni vedono un conflitto inevitabile. La morale cristiana, con i suoi principi immutabili, sembra scontrarsi con il relativismo e il materialismo che permeano la società odierna. È come se la fede cristiana fosse un faro in un mare tempestoso, mentre la cultura dominante, con le sue onde impetuose, minaccia di spegnerla.

Altri, invece, temono che la fede cristiana si stia lentamente dissolvendo, come una goccia d’acqua che si dissolve in un oceano. Si chiedono se la Chiesa, nel tentativo di rimanere rilevante, abbia sacrificato la sua autenticità, adattando i suoi insegnamenti alle mode del momento.

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In questo scenario complesso, emerge la figura di Joseph Ratzinger, futuro Papa Benedetto XVI. Al convegno: “Ai piedi del sicomoro. Intervento del card. Joseph Ratzinger su comunicazione, cultura ed evangelizzazione (2002)”, Ratzinger si erge come un faro di luce, invitando la Chiesa a una nuova evangelizzazione.

Il suo messaggio è chiaro: non possiamo ignorare le sfide poste dalla cultura contemporanea, ma dobbiamo riaffermare con coraggio la verità del Vangelo. Ratzinger ricorda che la fede cristiana non è un’entità astratta, ma una forza viva che si nutre delle radici profonde della Scrittura, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento.

La comunicazione, in un mondo sempre più connesso, diventa un campo di battaglia cruciale. La Chiesa deve imparare a parlare un linguaggio comprensibile alle nuove generazioni, senza mai tradire la sua identità.

È un compito arduo, ma non impossibile. Ratzinger invita a un ritorno alle origini, a riscoprire la forza e la bellezza del messaggio cristiano, per poterlo trasmettere con convinzione e passione. In questo contesto, è fondamentale precisare che il pensiero teologico di Joseph Ratzinger si fonda sulla Sacra Scrittura, sull’insegnamento dei Padri della Chiesa e sulla Tradizione Liturgica. In un’occasione, il teologo bavarese propone una definizione di cultura come “paideia”, un termine di origine greca che indica una formazione integrale dell’uomo, non astratta e individuale.

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Per illustrare il suo pensiero, Ratzinger cita alcuni celebri passi della letteratura profetica: Amos 7,14 e Isaia 9,10. Da questi brani si apprende che gli alberi di sicomoro, per dare frutti migliori, necessitano di essere recisi. Con questa immagine, egli intende sottolineare come la cultura contemporanea, per entrare in “dialogo” con la fede e portare i suoi frutti, ha bisogno di un processo di “purificazione”. Questo processo serve a liberarla da tutte le scorie che minaccerebbero i fondamenti della fede.

È emblematico come Ratzinger metta in evidenza il commento di uno dei più grandi Padri della Chiesa, San Basilio Magno, su questi brani biblici. San Basilio scrive: “Il sicomoro è un albero che produce molti frutti, ma questi non hanno sapore se non vengono incisi accuratamente e non si lascia fuoriuscire il loro succo. Così diventano gradevoli al gusto. Per questo motivo, riteniamo che il sicomoro sia un simbolo per l’insieme dei popoli pagani: esso forma una grande quantità, ma è allo stesso tempo insipido. Ciò deriva dalla vita secondo le abitudini pagane. Quando si riesce a inciderla con il Logos, si trasforma, diviene gustosa e utilizzabile”.

Christian Gnilka commenta questo passo: “In questo simbolo si trovano l’ampiezza, la ricchezza, la fastosità del paganesimo… ma anche il suo limite: così com’è, è insipido, inutilizzabile. Necessita di un cambiamento totale, ma questo cambiamento non distrugge la sostanza, ma le dà la qualità che le manca… I frutti restano frutti; la loro abbondanza non viene diminuita, ma riconosciuta come pregio.”

Ratzinger vede nel rapporto tra fede e cultura nell’attuale contesto socio-culturale un confronto possibile, simile a quello che si è realizzato nell’epoca della Chiesa antica tra i Padri della Chiesa e la cultura pagana. Nel suo intervento, Ratzinger afferma che il Logos stesso, Gesù Cristo, ha la facoltà – la storia ne costituisce una testimonianza – di portare alla “perfezione” le idee, la cultura degli uomini e di renderla conforme ai suoi insegnamenti. Ratzinger sostiene che l’azione dei credenti, la loro testimonianza di vita, è decisiva per rendere il Vangelo credibile per l’uomo del terzo millennio. Invece di condannare le tendenze della cultura contemporanea, caratterizzata da relativismo morale (tutto è valido se mi rende felice) e materialismo (solo ciò che è empiricamente osservabile è vero), Ratzinger invita a riscoprire la fede in un mondo in continua evoluzione.Propone un’educazione alla fede che sia in grado di dialogare con le nuove realtà e di rispondere alle profonde domande che l’uomo si pone. Il cuore dell’uomo, secondo Ratzinger, ha sete di assoluto, e la fede può colmare questa sete.

Ratzinger, ispirandosi a San Paolo, suggerisce che la fede cristiana dovrebbe accogliere e valorizzare gli aspetti nobili, giusti e puri della cultura moderna, trasformandoli in “Semi del Verbo”. Questi semi, come i raggi del sole, possono illuminare le diverse culture del mondo.

. La fede, però, non si limita a dialogare con la cultura, ma ha il coraggio di opporsi quando necessario. Quando la cultura moderna si spinge verso comportamenti che disumanizzano l’essere umano, la fede deve alzare la voce. Pensiamo, ad esempio, agli esperimenti sulla vita umana, all’uso spregiudicato dell’intelligenza artificiale o alle tecnologie utilizzate per scopi bellici. In questi casi, la fede ha il dovere di denunciare l’errore e di difendere la dignità dell’uomo.

Ratzinger, infine, sottolinea l’importanza della dimensione relazionale nella fede. La fede, per essere autentica, deve incarnarsi nel concreto della vita umana, entrando in relazione con le persone e con il mondo. La fede deve abitare tutti i luoghi della società, entrando in dialogo con le diverse culture e contribuendo a costruire un mondo più giusto e fraterno senza per questo sacrificare la sua identità.

Mediante l’incisione nel sicomoro della cultura antica i Padri l’hanno nel complesso “messa in salvo” per noi e trasformata da strumento marcio in un frutto grandioso. Questo è il compito, che oggi è a noi proposto nei confronti della cultura secolarizzata del nostro tempo – questo è evangelizzazione della cultura.

Ratzinger auspica una riscoperta della cultura biblica e patristica per una rinnovata primavera della fede. Questa fede dovrebbe essere in grado di dialogare con i bisogni dell’umanità odierna e offrire una rotta per attraversare il “naufragio” che essa sta vivendo.

Questo intervento, tenuto nel 2002, mantiene ancora tutta la sua validità e attualità. Porlo all’attenzione dei lettori offre un’interessante prospettiva di riflessione sulla fede e le sue possibilità nel panorama culturale odierno, in continuo mutamento.

Riscoprire la profondità e l’acutezza della teologia di Joseph Ratzinger rappresenta un’opportunità imprescindibile di crescita e maturazione nella fede.