ARTE
EXPIRED, SUTURANDO MEMORIE
A cura di Rocco Zani
E’ un dialogare intimo quello che avanza, per “dicerie d’affanno”, tra le pieghe di una veste d’orrore e il sillabario che raccatta l’infezione dell’ intolleranza. Non è un caso che siano le donne a rammendare i raggiri del male. Come le cuciture di un panno che è corpo vuotato o più indistintamente domicilio incustodito, da tempo non abitato.
Maria Credidio e Elham Hamedi decostruiscono rievocando, in una sorta di disavanzo storico culturale che non ha precedenti o recessi di difesa. L’occorrenza del racconto – come di solito accade – è “remunerata” dalla puntata più recente perché la memoria è privilegio di pochi e corre via senza spingersi nei pori o negli occhi disincantati; non frena per farsi lago o trincea; non invade – come dovrebbe – il largario delle nostre esistenze. La memoria è oleosa come non trovasse prese o indugi, al pari di un fiume orfano di argini e ripari. Se così non fosse faremmo sosta sulla “scrittura delle donne”, il nu shu, sillabario inconfessato che le donne della provincia cinese dello Hunan escogitarono per alimentare un dialogo parallelo, tutto “al femminile”, pur di affrontare (e combattere) il settarismo di una cultura profondamente maschilista. Se così non fosse offriremmo il nostro sguardo quotidiano agli occhi spauriti della piccola Czeslawa Kwoka, polacca di quattordici anni uccisa ad Auschwitz il 18 febbraio del 1943 con una iniezione di fenolo nel cuore e restituita alla nostra coscienza dalla fotografa Anna Amaral. Se così non fosse canteremmo nenie notturne – parole di pietra – rievocando i nomi di una mattanza infinita, millenaria, come a sciorinare una teoria infinita di occhi e labbra impunturate, come a sostenere nei mezzitoni del grigio, ogni improbabile bagliore.
In una sorta di raccolto dialogo, fatto di immagini e parole dettate da una memoria finalmente “consapevole”, EXPIRED – nelle “voci” di Maria Credidio e Elham Hamedi – è un’opera di “frontiera” che nella coniugazione di due espressività pparentemente distanti si fa narrazione univoca di tensioni, di rispetto, di responsi libertari, di terrore. Il “corpo svanito” proposto da Maria Credidio e reso percepibile da una dolorosa “cortina” – in questo caso il burqa smarrisce ogni contraddittoria accezione per farsi, quasi plasticamente, strumento di accusa, di denuncia oltre confine – è in evidente conversazione con il sillabario poetico di Elham Hamedi.
Un dialogo scarno, privo di rassicuranti armonie, affidato ad una titolazione altrettanto tempestiva, EXPIRED appunto, che si fa indicazione palese di “corpo scaduto” ma al
contempo riflette sulla impossibilità di prorogare oltre il tempo dell’afflizione e della intolleranza.
Questa opera, per nulla occasionale, è in effetti il resoconto di una incombenza che non ha termini o residenza, maturata in arcipelaghi distanti, in una presunta centralità di un molteplice altrove. Al pari di un viaggio la cui destinazione è nell’illimite generoso del fato; ma che prende forma – si organizza – negli occhi e nello scrigno di donne – lontane tra di loro, e finanche sconosciute – che hanno percorso un dorsale comune fatto di umori sismici, di amarezza, di sconfinato turbamento, di disagio, mai di rassegnazione. Ecco allora che la testimonianza di una è prologo dell’altra, e viceversa, in un consapevole desiderio di presenza, di difesa, di verità. Il corpo “scaduto” scansa il tempo, o meglio ancora lo riempie come dolorosa istanza, al pari di Nuestra Señora de la Santa Muerte che non ha labbra e sguardo, ma riso maligno. E sembra ingrossarsi la veste di rifiati forestieri, come aria malsana che detta pieghe e un inverosimile incedere.
Testimonia l’orrore questo corpo “che non c’è”, già deposto e decomposto, la sua ammantata assenza. Le parole sono indizi o indirizzi per un cammino senza meta, segnali improbabili per un percorso già consumato. Si spinge Imma Guarasci, per gesti, soste e accenti in un paesaggio orfano di allusioni e di pigmenti. Perché il reticolato, la veste, finanche l’occhio, abitano cieli luttuosi con pause di biacca.
My name is Night / And with sensitive cartilage in my ear / I hear the cries of the moon / The moon that is buried in me / The moon with its rotten bones / With My Hollow Bones / The pain conversation has begun…
E’ scaduto il tempo, prima ancora dei corpi sacrificati, oltraggiati, dissolti. E’ scaduto il tempo, credo.
Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
MACA Museo d’Arte Contemporanea Acri/Cosenza
27 novembre 2021 ore 17,30
video art E X P I R E D di Maria Credidio
Versi Elham Hamedi
Voce e performance Imma Guarasci
Testo critico Rocco Zani
Riprese e montaggio Eliana Godino
Modera Angela Forte, Presidente MACA
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