Etty Hillesum: un cuore pensante

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Libera Teologia

A cura di Alfio Pennisi

 

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Abbiamo utilizzato, in uno degi articoli proposto in questa rubrica, le parole di Etty Hillesum, tratte dal suo diario, considerato una delle opere più memorabili ed elevate del nostro tempo. E l’abbiamo fatto con lo scopo di tentare una ricerca e tematizzare una teologia laica; cioè una teologia che prova a parlare all’uomo contemporaneo e che si fa interrogare dalle questioni concrete della vita. Ricordiamo chi era Etty Hillesum: una splendida donna ebrea, nata in Olanda nel 1914 e morta ad Auschwitz nel 1943 a soli 29 anni. Laureata in giurisprudenza, stava prendendo la seconda laurea in lingue e letterature russe.

Etty Hillesum decise volontariamente di andare nel campo di concentramento di Auschwitz come assistente sociale quando il conflitto mondiale avanzava nell’Olanda occupata dai tedeschi. Era il 1942.

Lavorando come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, avrebbe potuto salvarsi. Invece, scelse di non sottrarsi al destino del suo popolo. Perché Etty Hillesum fa questa scelta? Perché volontariamente decide di partire? Sono queste le  domande che danno il senso alla nostra ricerca. Ma prima di andare avanti vorrei spiegare il titolo che ho dato all’articolo; Etty Hillesum: un cuore pensante. Sottolineo che non è inedito ma cito il titolo che è stato dato alla prima edizione uscita in Olanda del suo diario. Perché cuore pensante? Cosa significa questa espressione? Mi ricordo che molti anni fa fui costretto, proprio per una disavventura capitatami in Olanda, ad un ricovero d’urgenza. Purtroppo avevo avuto una forte intossicazione causata da cibo avariato. Durante la mia degenza in ospedale fui collocato in una camera insieme ad un anziano signore ormai con i giorni contati. Egli aveva un tumore allo stomaco ed era già, come si dice, nella fase terminale. Vi racconto ciò non per trasmettervi tristezza o angoscia, ma perché proprio in quei giorni, oramai lontani, maturai un’esperienza che si lega alle parole citate sopra e cioè: cuore pensante. Un giorno si presentò al capezzale dell’anziano un tale di media statura, vestito alla moda e con in mano un pugno stretto e le labbra sottili e chiuse. Capii solo dopo che si trattava del figlio, anche perché fino a quel momento non si era presentato nessuno per quel povero anziano. Il figlio si mise lì, accanto al suo letto, e non proferì parola e neanche il padre aprì bocca, ma lo fissava col suo sguardo stanco e felice di aver rivisto il figlio. Io ero li’, costretto nel mio letto, con flebo e tubicini che non mi permettevano di uscire dalla stanza.

Chissà quante cose avrebbero voluto dirsi? Eppure, compresi che la mia presenza non era un problema, le parole non contavano, gli sguardi ed i palpiti dei due cuori andavano oltre ogni banale parola. Ad un certo punto il figlio scoppiò in lacrime e accasciò la testa sul letto, proprio accanto alla mano del padre. Quella mano che chissà quante volte lo aveva aiutato a rialzarsi quando ancora non sapeva camminare, la stessa mano che con una pacca sulla spalla lo incitava ad andare avanti, la medesima mano che chissà quante altre cose…, quella mano tremante lo accarezzò per l’ultima volta sulla testa, in quella stanza d’ospedale, come a dire io vado. Dopo il silenzio. Quell’uomo rimase lì tutta la notte stringendo con forza la mano del padre. Anch’io piansi anche se con forza tentai di trattenere le lacrime; le vibrazione di quei due cuori che si dicevano addio erano così potenti da non poter rimanere indifferenti. La forza del cuore che esprime con la naturalezza della vita una dimensione sopranaturale, cioè che supera la natura, che sta sopra pur discendendo da essa. Ma cosa intendiamo per cuore? << Per noi occidentali il termine “cuore” evoca soprattutto la vita affettiva. Un cuore può essere innamorato, ma anche sensibile, generoso, caritatevole o coraggioso. Un uomo può avare un cuore d’oro o un cuore di pietra, può essere senza cuore o avere il cuore in mano. Per la Bibbia invece, il cuore è una realtà più ampia, che include tutte le forme della vita intellettiva, tutto il mondo degli affetti e delle emozioni, nonché la sfera dell’inconscio in cui affondano le radici, tutte le attività dello spirito>>  (M. Cocagnac in “I simboli biblici”, Dehoniane, 1994). Ma allora cosa intendo quando scrivo cuore pensante? Io penso che questa sia la sintesi perfetta della dinamica della ricerca spirituale. Mi spiego, la definizione che do di spiritualità è la seguente: spiritualità è uguale al lavoro del pensiero che tenta di nominare, tematizzare le esperienze del cuore, cioè, secondo la Bibbia, dello spirito. Il cuore senza la dimensione del pensiero rischia di scadere nel sentimentalismo anche quello religioso; e viceversa il pensiero senza le ragioni del cuore rimane prigioniero “dell’esattezza” che spesso confonde come verità. E se andate a leggere il diario di Etty Hillesum, e ve lo consiglio, troverete certamente questa tensione spirituale di ricerca e consapevolezza. Cito Etty: “Nei problemi della vita, posso spesso passare per una persona intelligente, invece nel profondo di me stessa, sono come catturata da un gomitolo aggrovigliato e, malgrado tutta la mia lucidità di pensiero, talvolta, non sono che una paurosa sprovveduta”. Ho tratto le parole che Etty Hillesum ha scritto nella prima pagina del suo diario. È all’inizio della ricerca, partita proprio da una posizione assolutamente agnostica e indifferente rispetto al problema religioso, ma nonostante ciò riconosce di essere catturata da una dimensione che non conosce bene e che lei chiama gomitolo aggrovigliato; stiamo parlando del cuore, cioè della realtà  spirituale. Gli interrogativi che ci siamo posti, fin qui, certamente tracciano un percorso di senso e, come già  preannunciato in un precedente articolo, il prof. Vito Mancuso teologo ci aiuterà a leggere alcuni stralci del diario di Etty Hillesum iniziato a scrivere il 9 marzo 1941 e chiuso nell’ottobre del 1942.

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<<Noi figli del Novecento – parla Mancuso – non possiamo più credere al senso della vita a buon prezzo; la tragedia che questo secolo ha rappresentato è tale da non farci credere più immediatamente che la vita, la natura, la storia abbiano un senso. Il punto di partenza di Etty Hillesum è il male nel mondo, lo scandalo del male e la sua lotta quotidiana per trovare un senso a tutto ciò. È nella natura, luogo che non esclude il male ma tende continuamente alla perfezione, che si incontra Dio. Per i credenti questo significa che la teologia della natura, la teologia della storia, che per secoli sono stati alla base della visione cristiana del mondo, sono da riformulare. Occorre pensare che la natura ha un senso non perché imposto dall’alto ma perché dal basso ogni giorno faticosamente si crea>> (Mancuso radio 3 – 2008).

“Forse ogni vita ha il suo senso e forse ci vuole una vita intera per trovarlo”, scrive Etty Hillesum nel suo diario. Mancuso sostiene che non c’è un senso della vita che ci piove dall’alto, ogni vita è in un processo di darsi senso e questa è esattamente l’avventura spirituale. <<I figli del Novecento non possono più accettare un senso della vita elaborato da altri, ogni persona esamina gli aspetti della vita alla luce della propria esperienza. E il senso della vita c’è ed è quello che ognuno di noi si dà e passa attraverso il momento supremo e insostituibile della libertà. L’amore per il mondo di cui parla Etty Hillesum non è qualcosa di idilliaco; come lei ha ospitato dentro di se la contraddizione della vita, ciascuno di noi può trovare mille motivi per cui la vita è meravigliosa e trovarne altrettanti per cui la vita è una tragedia nella consapevolezza di questa realtà. Si tratta di conoscere ogni frammento della verità anche se scomoda; la fede non può essere più un pretesto per chiudere gli occhi e non guardare in faccia la dura realtà della vita. Le parole di Etty Hillesum , di amore per la vita, a noi non risuonano false perché sono sempre accompagnate dalla consapevolezza dell’opposto, anzi, alcune parole nascono proprio dall’assurdo e dal male perché esiste il male. La forza di Etty Hillesum sta nel vedere la bestia umana all’opera e nel non lasciarsi trascinare a quel livello, nell’essere lei una figura angelica. Rilancia, così, la fiducia verso la vita con un movimento contrario all’odio e questo è il significato della fede: fiducia nella vita e nella possibilità di generare il bene, la giustizia, l’amore>> (Mancuso radio 3 – 2008). Ecco il vero motivo per cui Etty Hillesum decide di partire: l’amore per la vita che genera vita, bene, giustizia, bellezza. Chiudo con le parole di Etty Hillesum: “Ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo, lo rende ancor più inospitale e credo anche che questa terra potrebbe ridiventare un po’ più abitabile solo grazie a quell’amore di cui l’ebreo Paolo scrisse agli abitanti di Corinto nella sua dodicesima lettera”.