Dai racconti di Pino Volpe

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Racconti

A cura di Pino Volpe

Le ferite dell’acqua

L’acqua può essere ferita? No di certa, parchè appena “tagliata” ricongiunge i due lembi senza soluzione di continuo alcuna. Sono quelle ferite dello spirito che non lasciano segno di se, passando senza dolore. Sono le offese patite dai genitori ad opera dei figli cattivi, le accuse degli amici, false, che poi cadono nel nulla. Non di certo il Padre ha voluto e desiderato porre rimedio ai cattivi esempi, ai cattivi, sottili consigli concessi a piè pari da linguacce sordide e malevole. Ma l’acqua, ferita, rimargina subito le sue ferite, i suoi guai, le sue dolorose lacerazioni. L’acqua è d’esempio a noi ed all’umanità intera per come da Sua Santa Volontà.

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La ragazza Ucraina

Era riuscita a fuggire da Mariupol in fiamme e massacrata ed era giunta alla frontiera Polacca dopo dieci giorni di camminata a piedi dopo che uno shrapnel le aveva semidistrutta l’auto su cui viaggiava, un Lada Niva vecchia e decrepita, episodio in cui erano morti mamma e marito. Ferita e dolorante, poste le figliolette di appena due e tre anni dentro un precario passeggino con sole tre ruote, si era incamminata, superata Odessa la martire, verso la frontiera Ucraino-Polacca, senza tante speranze. Nonostante tutto era riuscita a giungervi dopo sei giorni di fame, sete e disperazione attraversando più volte, senza paura invero, le linee Ucraine, Russe e passato terre di nessuno più e più volte fino a Leopoli. Poi ripartita ed arrivata al confine, sfinita, smagrita e senza più respiro, aveva consegnato la sua bambina piccola ad una sconosciuta, pensando di darla ad una amica Polacca e tenendo la grande con se. Da quel momento in poi nessuna notizia della piccola, sparita nel nulla. La ricerca fu spasmodica, insieme alla polizia Polacca e ai tanti cooperanti Polacchi ed Ucraini, ma niente potette essere fatto. L’unica speranza che le fu concessa fu di pensare che la bambina potesse essere stata venduta a qualche famiglia benestante a cui non era stata concessa l’adozione di alcun bambino e che non fosse stata venduta a trafficanti d’organi senza scrupoli. Rifocillata e curata fu inviata, col primo convoglio possibile, in Italia. Durante il viaggio, in Slovacchia, un dolore, sottovalutato dal medico a bordo, la colpì al torace ed al braccio sinistro, ma tanto non avrebbe potuto fare nulla se non porla a riposo. Arrivata a Roma, oramai libera, affidata la bambina di tre anni, momentaneamente, ai Carabinieri, si è sentita di nuovo male. Nessuno dei medici presenti ha potuto salvarla. E’ morta oggi senza soffrire e senza riprendere conoscenza. La bimba, oramai incosciente orfana, non si è accorta di nulla. Ora riposa in pace tra le braccia del Padre. Aveva solamente ventinove anni.

Il bambino di Mariupol

E’ proprio lui, il bambino ritratto nella foto diffusa dall’ANSA e concessa ai quotidiani di tutto il mondo. Gli esperti hanno capito, non so come, che quel fucile-mitragliatore aveva sparato e forse anche ucciso. Il bambino dimostra di avere undici anni circa e lo sguardo è quello di una persona ben addestrata e che conosce bene la morte per averla guardata profondamente negli occhi.

Le Brigate Sirio-Cecene

Non bastano più le brigate di soldati di leva, demoralizzati e decimati dagli Ucraini in armi. Ora la Russia incassa le cambiali Siriane e Cecene e manda in campo ventimila ultranazionalisti Ceceni, vere belve umane, e Siriani ex ISIS, Talebani e delinquenti comuni Siriani ex alleati di Assad II di Siria, che se li è tolti dalle scatole in un momento di pacificazione nazionale. Tutti sono dei tagliagole che però hanno di fronte dei veri omaccioni Ucraini che nulla hanno ad invidiare negli umani delle due brigate. Certo il livello soglia del combattimento si è alzato notevolmente e tanti si dovranno guardare le spalle, politici Ucraini in testa. Si sa per certo che gli Ucraini gli sparano addosso non solo con le armi convenzionali, ma anche con bazooka anticarro per non dar loro alcuna chance. Se ne vedranno delle belle ed ognuno avrà carne per i loro denti. Eppure non ho visto ferocia negli occhi di molti Siriani, forse stanchi delle guerre combattute in patria e casualmente ancora vivi, passati indenni tra i proiettili amici per andare a morire per mano di nemici sconosciuti. Ed i Ceceni venuti da li presso porta per portare morte e distruzione tra nemici fratelli fino a pochi anni prima che a loro non han fatto niente e niente loro han fatto ad essi. Così va la vita la e così va la guerra ovunque. Son tutti li a combattere per nessun ideale ma per obbedire alla follia di un capo che manco li conosce e che non è li a combattere come han fatto, e per questo son stati uccisi, i quattro generali Russi caduti,  in questa guerra sporca, dall’inizio dei combattimenti in terra Ucraina. Eppure anche loro son stati bambini e poi ragazzi a Damasco, Groznyj, magari ragazzi in armi contro i loro aggressori Russi o Isis, ma che non hanno affatto avuto fanciullezza e gioventù. Ora cercano con la violenza di rubare la fanciullezza e la gioventù ad altri bambini, ragazzi, bambini e ragazzi soldato che, spero, da grandi non diventino come loro in una altra, delle tante guerre, promesse e poi mantenute, di qua e di là per tutto il mondo.

 I ragazzi di Novosibirsk

Come tutti i ragazzi di leva della loro età, i ragazzi di Novosibirsk avevano ricevuto un’istruzione militare di base con in più l’insegnamento di qualche trucchetto da parte di un sergente maggiore veterano della guerra in Afganistan, che si era prestato volentieri ad istruirli meglio a tal uopo. Ma ciò che nessuno li aveva abituati a sentire era l’odore di morte dei cadaveri bruciati dei loro commilitoni  dentro i carri armati colpiti dalle armi anticarro dei soldati Ucraini. Tutti avevano detto loro e li avevano rassicurati che sarebbe stata solo un’esercitazione ai confini della Russia, lato Ucraina, e non un vero atto di aggressione come lo era stato per l’annessione della penisola di Crimea. Solo un’esercitazione o al massimo una guerra lampo scagliata con tutta la forza di tremila carri armati e di centottantamila soldati Sovietici. Niente di tutto ciò attendeva quei ragazzi non abituati ad essere scagliati alla ventura contro forze Ucraine si più deboli, ma molto motivate dalla difesa del suolo patrio, e poi gli Ucraini erano stati fratelli fino a poco tempo prima al tempo non remoto della Presidenza Gorbaciov, e come si può sparare, senza trarne rimorso, contro di loro. Niente pace ma aggressione, niente esercitazione ma guerra, niente saluti ma pallottole vere. Questi ragazzi, scelti e presi a forza dai confini della Russia al posto dei commilitoni della Russia centrale, le cui madri erano di certo più aggressive delle loro e più vicine a Mosca, non avevano potuto opporsi al volere indiscusso del nuovo Czar Putin, indiscusso leader di tutte le Russie da un ventennio, quando con un colpo di stato mascherato aveva detronizzato l’alcolizzato Yeltsin. Ora solamente dei sottili fazzoletti li separavano dalla morte dei loro compagni d’armi. Centotrenta carri armati della lunghissima colona che stava per prendere d’assalto Kiev erano stati colpiti dai micidiali bazooka Ucraini consegnati loro dai paesi amici dell’Ovest ed i ragazzi dentro non avevano avuto scampo alcuno ed erano bruciati vivi dentro le loro scatole blindate. Erano morti in cinquecentoventi dentro i carri armati, che si andavano ad aggiungere ai novemila già morti in combattimento sul suolo di tutta l’Ucraina. E doveva essere una guerra lampo. Solo Hitler aveva saputo fare una vera guerra lampo e quasi stava per sottomettere tutta l’Europa e vincere la Seconda Guerra Mondiale agli albori, se gli Stati Uniti d’America non fossero entrati in guerra causa la sconsiderata azione contro la base navale di Pearl Arbour, condotta con estremo tempismo e coronata da successo dalle forze armate Nipponiche nel Dicembre del ’41. Unica vittoria aereo-navale del Giappone. Ora loro non potevano fare altro che aspettare, oppure un ordine di avanzata con i pericoli insiti in tale azione o sperare, cosa auspicata da tutti, nelle risultanze dei negoziati di pace in corso. Oppure in un possibile colpo di stato contro il monarca Putin. Sembrava sapessero da non precisate fonti, che l’aereo presidenziale, fosse già con i motori accesi per trasferire Putin in Cina, suo futuro luogo di residenza e possibile morte al tipo Trotsky, o Lev Trockij all’anagrafe, nemico storico di Acciaio, o meglio Stalin, il Piccolo Padre di tutti i Russi della metà del secolo scorso. Aspettavano e pregavano che l’ordine di avanzare ed attaccare, in questa guerra fratricida, non giungesse mai. Ora un vento impetuoso aveva spazzato l’odore pestilenziale di carni bruciate e si respirava meglio. Proprio in quel momento giunse l’ordine di gettare ai fianchi della strada, invasa da carcasse e quindi impercorribile, i resti dei carri armati bruciati ed i loro macabri abitanti. Dei giganteschi Caterpillar si fecero strada tra i mezzi in strada, posti di lato e pulirono la strada in men che non si dica. Poi i mezzi in uso, lentamente avanzarono, e la colonna infinita, lunga sessanta chilometri, di mezzi armati e non, si mise in moto verso Kiev, la martire dell’Occidente, con il suo carico di giovani soldati, ora morti viventi. Un nuovo Afganistan per la vecchia Grande Madre Russia.