A cura di Raffaele Musumeci
Si apre con un omicidio, si chiude con un suicidio. In mezzo, una lunga galleria di orrori, morti, paure, menti plagiate. Nulla a che vedere con la rassicurante, confortante visione dell’al di là che Cristina Torrisi aveva mostrato nel suo penultimo (capo) lavoro, “La vite e il Tralcio”. In “Prigioniera”, Dio non c’è, o se c’è, è voltato da un’altra parte mentre il lettore è costretto suo malgrado a seguire la discesaagli inferi della protagonista, Edga, una vispa e avvenente giovane dell’alta borghesia torinese
d’inizio Novecento, che, ammaliata dal fascino di un misterioso conte, lo segue nella sua magione, venendo via via spogliata dei suoi affetti, della sua vitalità, della sua gioia di vivere, della sua dignità di donna...
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