Salute e Benessere
A cura di Federica Zanca
Molte volte ad ostacolarci nella vita di tutti i giorni non sono tanto le preoccupazioni o il rimuginare sugli stessi pensieri, come dentro ad un loop, quanto piuttosto l’ego che tende, senza che ce ne accorgiamo a primeggiare e a voler imporre i propri paradigmi.
Ora riporto una breve storiella tratta dal libricino “50 racconti per meditare e da regalare” di Ramiro A. Calle che spiega in modo semplice questo mio breve pensiero introduttivo.
Un discepolo iniziò ad essere spesso tormentato e confuso perché ai tanti interrogativi esistenziali che si poneva non trovava le risposte tanto anelate. Voleva scoprire l’essenza e il senso della vita attraverso la ragione e l’intelletto, senza pertanto, rendersi conto che esistono delle realtà che sfuggono al raziocinio e dunque non possono essere riconducibili alla parola. Era disperato al punto tale che sollecitò un incontro speciale con il suo mentore spirituale.
All’alba il precettore e il discepolo si sedettero placidamente per scambiarsi le rispettive impressioni. Il discepolo angosciato confessò:” Oh mio venerabile Maestro sono ad un importante crocevia, vorrei scoprire chi sono, ma non ci riesco. Alle volte provo un tale sconforto da pensare che sia meglio perfino abbandonare la ricerca spirituale; altre volte sono talmente ossessionato dal desiderio di scoprire chi sono che la mia mente non trova un attimo di pace e non riesco a conciliare il sonno. Mi pare di impazzire…Idee, concetti, supposizioni, dottrine…”
Alchè il Maestro intervenne: “Così non troverai mai la pace interiore, né potrai apprendere la realtà suprema”
“Ma allora cosa posso fare?” continuò il discepolo sconfortato. “Ho così tante domande…”
Il mentore lo interruppe: “E qual è la domanda che ti poni più spesso?”
Rispose: “Sicuramente quella più frequente è chiedermi cosa o chi sono io?”
Il Mentore a quel punto si mise a ridere ed esclamò a gran voce con una sicurezza disarmante: “ Oh sciocco! E allora per quale motivo vogliamo un io?”
In quell’istante il tormentato discepolo fu colto da un lampo di profonda e rivelatrice comprensione e riuscì a superare e ad andare oltre quel macchinoso e angusto ragionamento.
Il racconto per indicare che alcuni dei più grandi scogli verso la realizzazione del sé sono il legame con il nostro piccolo io e l’attaccamento al senso di individualità e separatezza quando, in realtà, è proprio l’io che provoca inquietudini perché attaccandoci a quest’ultimo ignoriamo la nostra natura reale.
L’attaccamento al nostro piccolo io, infatti, impedisce di percepire lo schermo cosmico da quale quell’io si crea e viene attribuito attraverso il vincolo con la mente e il corpo. Tale piccolo io è un riflesso che viene da noi confuso con la realtà; esso è di fatto transitorio e non dobbiamo farci da esso confondere perché sarebbe come l’attore che si identifica con il personaggio che rappresenta sulla scena.
Farsi influenzare troppo dal nostro piccolo io significa non rendersi conto della dimensione cosmica che trascende ogni essere umano e farsi altresì catturare da sciocche meschinità e apparenze; il nostro limitato io incatena, privando l’uomo della possibilità di vivere un’esperienza ad un livello di coscienza superiore. In uno stato di profonda meditazione, invece, il piccolo io svanisce e la persona riacquista un’esperienza dell’essere molto più profonda attraverso la quale inizia a germogliare l’essenza della saggezza che è ciò che conduce all’emancipazione interiore.
Dice il saggio Shankaracharya: “Tra tutte le cause, la Saggezza è l’unica che procura libertà perfetta. Come senza fuoco non vi è possibile conoscenza, così la Libertà perfetta non si raggiunge senza la Saggezza”.
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