ITINERARI DELLO SPIRITO
A cura di Giuseppe Raimondo
BEATI I COSTRUTTORI DI PACE …
… perché essere “figli di Dio” non è solo un dono, ma anche una scelta!
Da quasi una quindicina di giorni ormai l’attenzione del mondo sembrerebbe aver abbandonato l’emergenza covid 19 per spostarsi a quanto sta accadendo tra la Russia e l’Ucraina … un conflitto che potrebbe anche sfociare in una guerra di carattere mondiale.
Tra il serio ed il faceto sui social girano post del tipo “fine del lavoro come virologo … inizio di un nuovo lavoro come esperto in conflitti e scontri diplomatici-militari”!
Al di là della battuta, sono in tanti che da subito hanno iniziato a mobilitarsi per organizzare raccolte umanitarie a favore dei fratelli ucraini, così come pure spazi per accoglierli. Per non parlare poi dei tanti momenti, tra veglie e liturgie, che stanno raccogliendo tanti cristiani a pregare per la pace.
In momenti come questi la beatitudine evangelica “beati i costruttori di pace” sembrerebbe prendere vita senza alcuna esitazione!
Ma è davvero così semplice?
Basta davvero esclusivamente “fare” qualcosa per essere “costruttori di pace”?
O la beatitudine interessa piuttosto qualcosa di più profondo come il nostro “essere”?
«Invito tutti il 2 marzo, mercoledì delle Ceneri, a fare una giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti che in quel giorno si dedichino con intensità alla preghiera e al digiuno».
Con questo monito del Santo Padre Francesco abbiamo iniziato il tempo di grazia della Quaresima.
Tempo di grazia perché ci viene letteralmente regalato dalla bontà divina per “fare il punto della situazione” sulla nostra vita e “riorientare”, così, i nostri passi sulla via del bene in questi 40 giorni che ci separano dall’evento della nostra salvezza, la Pasqua del Signore.
Siamo invitati a digiunare e pregare per la pace.
Sì! Perché come ci istruisce Gesù nel santo vangelo «certi demoni – e qui, senza illazioni, non posso non pensare non solo a tutte le guerre che si combattono ingiustamente nel mondo, ma anche ai loro fautori – si scacciano solo con la preghiera e col digiuno» (Mt 17,21).
La liturgia del mercoledì delle ceneri ci ha aiutato a meditare su questi aspetti, aggiungendone un terzo: l’elemosina.
Digiuno, elemosina e preghiera, costituiscono a mio avviso i tre pilastri su cui siamo invitati a verificare la nostra capacità relazionale.
In quanto uomini e donne, creati ad immagine e somiglianza di un Dio che è “comunità” – comunione di persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo – non possiamo perdere di vista una caratteristica così importante del nostro essere, lasciandoci distrarre dalle mille occupazioni che riempiono le nostre giornate, ma soprattutto dalle nostre capacità che spesso ci portano a credere che “bastiamo a noi stessi”, potendo fare a meno degli altri!
Il digiuno ci aiuta a verificare il rapporto con noi stessi! Ci permette di dare il giusto peso alle cose, riuscendo a riconoscere il superfluo dall’essenziale … ciò che più conta nella vita da ciò di cui si può fare benissimo a meno.
Quanti impegni ci distraggono dal vivere bene i nostri ruoli! Quante distrazioni ci allontanano da tutto quanto in realtà costituisce la ragione del nostro esistere!
“Digiunare” ci aiuta a “ricentrarci” sull’essenziale!
L’elemosina – da non ridurre esclusivamente al semplice gesto con cui diamo degli “spiccioli” a chi è meno fortunato di noi – è il modo più bello per verificare la relazione con gli altri! Quanto tempo … spazio … energie riesco a condividere con chi mi sta accanto?
Sì! Perché “prossimo” sono anzitutto le persone più vicine a noi prima ancora che quanti soffrono a chilometri di distanza.
Senza nulla togliere alle tante persone che nel mondo soffrono per la cattiveria umana, per i quali dobbiamo sempre sentirci “responsabili” nel nostro piccolo, è doveroso chiedersi sempre che senso ha impegnarsi per i lontani quando non riesco ad andare d’accordo col familiare, l’amico, il vicino di casa … è autentico quel gesto che compio agli occhi di Dio?
«Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,45)! “Più piccolo” non è solo il povero, il lontano, chi soffre … ma ogni singolo “fratello/sorella” che ci vive accanto!
La preghiera è poi lo strumento per eccellenza per entrare in relazione con la divinità … è quel dialogo intimo, spontaneo, naturale con cui viviamo il nostro essere “figli” alla presenza di un “Padre” amorevole.
Preghiera … non preghiere!
Le preghiere sono formule riconosciute di cui possiamo avvalerci, sicuramente! Ma non sempre riescono ad essere “preghiera”! Non sempre perché spesso, nel nostro incalzare formule, lo facciamo senza neanche avere piena consapevolezza di quello che stiamo dicendo e, in tal caso, le “troppe parole” non possono sostituire la “pienezza” di un dialogo che è fatto anzitutto di ascolto, prima ancora che di qualcosa da dire.
La quaresima è il tempo che ci viene dato per verificare tutto questo!
Verificare il nostro essere uomini/donne creati per l’Amore!
Amore a noi stessi, amore agli altri, amore a Dio!
Non uno senza l’altro!
Mai uno senza l’altro!
Le tre dimensioni non sono slegate l’un dall’altra, ma costituiscono tre sfaccettature diverse e complementari dell’unico Amore!
Questo itinerario di verifica e “correzione” inizia con un gesto molto significativo: l’imposizione delle ceneri sul capo.
La cenere è ciò che resta dopo che la materia si è consumata. Essa è il frutto di una combustione, una forza della natura, capace di “finire” intere realtà e ridurle al “niente”!
La cenere pertanto non può che ricordarci la nostra debolezza, le fragilità con cui ci misuriamo ogni giorno della nostra vita. Quante lotte siamo chiamati a fronteggiare ogni giorno … sfide che ci debilitano, ci fiaccano e, talora, anche ci annientano, lasciandoci come quell’uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico e, incappando nei briganti, si ritrova “mezzo morto” sul ciglio della strada (cfr. Lc 10,27-37).
Di noi … delle nostre capacità … dei nostri sogni … della nostra vitalità non resta che “cenere” … solo polvere di quello che pensavamo essere per noi “la nostra vita”.
Le ceneri ci vengono poste, non a caso, sul capo. È un chiaro invito ad avere la giusta considerazione di noi stessi … ma c’è di più! La conversione, a cui tutto questo tempo ci richiama, letteralmente dal greco, significa “nuovo modo di pensare” (metanoèo).
Non può esistere nessun cambiamento che non parta dalla nostra testa, ossia da un nostro nuovo modo di pensare e guardare alle cose!
Dobbiamo cambiare la prospettiva con cui ci relazioniamo con noi stessi, con gli altri e, quindi, anche con Dio! Dobbiamo cambiare mentalità!
In questo caso a darci la forza per farlo sono proprio le nostre sconfitte!
Il figlio minore della parabola del Padre misericordioso ci insegna che, proprio quando tutto sembra essere finito, inizia il tempo nuovo: «mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio» (Lc 15,18-19).
Il cambiamento di mentalità parte da un attento e serio esame di coscienza: «quanti salariati in casa di mio Padre hanno pane in abbondanza, ed io qui muoio di fame» (Lc 15,17)!
Ricordiamoci sempre, allora, chi siamo e a cosa siamo chiamati!
Richiamiamo al nostro cuore la nostra natura di “figli” chiamati a godere l’eternità dell’Amore! Amore che il “pane del cammino”, l’Eucaristia, ci fa pregustare già fin da subito, alimentando e accrescendo la nostra fame di infinito!
Non accontentiamoci delle carrube destinate ai maiali! Non accontentiamoci di tutto quanto su questa terra, illudendoci di renderci liberi, ci rende schiavi di sistemi che continuano a metterci in ginocchio, costringendoci a rotolare nel fango!
Spieghiamo le ali e libriamoci in volo!
Riacquistiamo la nostra postura, quella che il Risorto ci ha meritato … rimettiamoci “in piedi” … da uomini “liberi” … da “salvati”!
Pensare in modo nuovo per … per “agire” in modo nuovo!
Mons. Tonino Bello ci insegna che l’itinerario quaresimale che “parte dalla testa” con il rito dell’imposizione delle ceneri, ci accompagna “ai piedi” … ai piedi dei nostri fratelli … nella contemplazione del rito esplicativo del giovedì santo!
Agire in modo nuovo, rinnovando le nostre relazioni, significa essere capaci di lavare i piedi gli uni degli altri. Era questo un gesto umile, riservato unicamente agli schiavi. Un gesto che Cristo sceglie di elevare a simbolo del servizio a cui ogni cristiano è chiamato!
L’unico capace a potersi inginocchiare ai piedi dei fratelli è solo l’uomo veramente libero! Libero dai pregiudizi, dai preconcetti, dalle logiche di questo mondo che incatenano e impoveriscono …
Solo in questa prospettiva “servire” equivale a “regnare”! Perché un servizio agli altri sulla stregua di quello di Cristo ci permetterà di partecipare della sua stessa vita!
Qualcuno a questo punto si chiederà cosa centri tutto questo con l’essere costruttori di pace.
La pace, carissimi amici, non è un obiettivo da raggiungere! Essa è un cammino da realizzare ogni giorno! E questo cammino non dipende dagli altri! Dipende solo da te!
La pace dipende da come il singolo riesce a lavorare su se stesso e sulle sue capacità relazionali!
La pace di cui parliamo è la shalom, ossia quel benessere che si riferisce all’insieme di salute, armonia, pace interiore, calma e tranquillità.
Ecco perché per essere costruttori di questa pace/shalom è fondamentale iniziare a lavorare su se stessi … sul proprio essere!
Se riusciremo ad essere uomini e donne di pace in questo modo, non soltanto potremo aspirare alla pace planetaria, ma saremo noi stessi “costruttori di pace”!
Riusciremo a diffonderla attorno a noi come una buona fragranza che andrà ad inebriare l’intero mondo.
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