
ARTE
A cura di Maria Cristina Torrisi
Un’opera tornata al suo antico splendore grazie ad una campagna di restauro durata più di quattro anni, attira oggi l’interesse della critica.
Si tratta della Pala d’altare di San Leo, “Madonna in Trono con Bambino tra i Santi”, che Annalisa Dì Maria, esperta internazionale di Leonardo da Vinci e degli artisti della corrente neoplatonica, attribuisce alla mano del maestro fiorentino Sandro Botticelli.
Tali studi saranno resi noti in una futura pubblicazione nella quale saranno messi in chiaro tutti gli studi di ricerca condotti.
Intanto, desiderando scoprire qualche notizia in più, ho voluto sentire Annalisa, più volte ospite di Nuove Edizioni Bohémien, per un’ intervista di anticipazione degli studi svolti.
1 Annalisa, Ti ringrazio per questa intervista. Sappiamo che la pala ha subito nel tempo dei danni che hanno celato l’antico splendore. Oggi ritorna alla luce e nel volto della Madonna vi è l’effige di Simonetta Vespucci, la musa di tutta la vita del Botticelli.
R. Si. Vedendo la pala, ho capito subito, da molti aspetti pittorici e iconografici, che si trattava proprio di Botticelli e della sua Bottega. Da più di 20 anni porto avanti uno studio su un movimento artistico e culturale che riprese vita durante il Rinascimento in maniera forte, e cioè il Neoplatonismo. I miei studi si sono concentrati soprattutto su quegli artisti che erano sostenitori di esso e che erano abituali frequentatori dell’Accademia Neoplatonica di Firenze, fondata da Marsilio Ficino nel 1462 a Villa Careggi, a Firenze, su volere di Cosimo il Vecchio. E in tutti questi anni, mi sono concentrata soprattutto sulla tecnica, sul simbolismo e sui temi delle opere realizzate da questi grandi artisti, e Botticelli, insieme a Leonardo da Vinci, fu uno dei più illustri rappresentanti di questo movimento.
2 La pala è sempre stata attribuita al maestro Frosino ma in effetti sembrerebbe che la storia sia stata tramandata in maniera errata.
R. Sappiamo che esiste un documento datato verso la fine del XV secolo, di un certo Vecchietti, importante notaio fiorentino, che commissionò al Maestro Luca di Frosino per la Comunità di San Leo, un’opera, di cui però nel documento non si evince bene di che opera si tratti. Quindi ci piace pensare che si tratti di un dipinto che raffiguri i due Santi Marino e Leone, come oggi vediamo in questa pala. Il Maestro Frosino, visse a Firenze ed ebbe una sua bottega, ma il suo stile era completamento diverso da quello di questa pala. Una prova di questo è l’Annunciazione di Pesaro del 1507, commissionata allo stesso dai Servi di Maria, e le varie testimonianze del catalogo di Federico Zeri, mette in evidenza il fatto, come pensavo anche io, che forse Luca di Frosino e il Maestro di Marradi avessero un legame, evidente nel loro stile e che legherebbe entrambi alla bottega del Ghirlandaio. Ma soprattutto con la pala che noi vediamo oggi, l’approccio tecnico e scientifico anche nelle misure della descrizione dell’opera nel foglio del Vecchietti, non va.
3 Tu hai affermato che la pala fu portata qui probabilmente per sostituire il dipinto di Frosino quando fu riaperta la Cattedrale nel 1700.
R. Si, poiché, qualora Frosino avesse realizzato questa pala di cui ci parla il Vecchietti, e considerando che la Cattedrale, il luogo storico in cui doveva essere collocata questa grande pala, fu derelitta per quasi un secolo, l’opera originale di questo artista probabilmente, andò perduta o spostata in un luogo a noi oggi sconosciuto, ma di sicuro non è il dipinto che noi vediamo oggi.
4 Sappiamo che l’opera si trovava in cattivo stato di conservazione.
R. Nei secoli la pala ha subìto vari restauri ma di sicuro resta nell’opera lo stile inconfondibile di Botticelli e della sua scuola. Grazie ai raffronti stilistici e alle analisi scientifiche, si è potuto riscontrare che nell’opera, oltre alla mano del Maestro Botticelli, ci sarebbe anche la mano di alcuni suoi allievi.
5 Cosa testimonia la storia in merito?
R. Dal 1492 in poi, dopo la morte del Magnifico e dei suoi storici amici Pico della Mirandola e Angelo Poliziano avvenuta nel 1494, Botticelli cadde in una profonda depressione e tornò a lavorare come in origine abbandonando l’iconografia neoplatonica e tornando a uno stile più austero cristiano facendosi aiutare molto in questo dai suoi allievi.
6 Le sue opere incontrarono nei secoli successivi una sorta di limbo…
R. Tali opere, ammassate nei depositi del tempo, tra cui quelli della Chiesa, venivano inviate nei luoghi per sostituire opere mancanti, ovviamente previa aggiunta degli elementi iconografici tipici del luogo e dei santi da rappresentare, infatti la corona che oggi noi vediamo sulla testa della Vergine, come si è potuto vedere dalle immagini scientifiche, fu aggiunta successivamente e dunque in uno dei tanti rimaneggiamenti dell’opera.
7 Come hai già affermato, le opere di Botticelli, dopo la sua morte avvenuta nel 1510, caddero nel dimenticatoio insieme a lui, e se ne ebbe la riscoperta solo nell’800 grazie ai preraffaelliti. Quale altro particolare possiamo aggiungere nelle opere del Botticelli?
R. Sicuramente i due Santi ai lati, oggi San Marino e San Leone, che ritroviamo in altre opere di Botticelli. Potrebbero essere le effigi di Pico della Mirandola e Angelo Poliziano che lui riporta in altre opere. Un’opera che rappresenta quasi un viaggio compiuto dai due santi. Un viaggio nel tempo, da Firenze fino a giungere nel Montefeltro, passando di luogo in luogo e portando in ogni sua stazione alla perdita di un tassello, ma mai la perdita dello spirito del grande artista gioiello dell’Italia rinascimentale. Ma ci sono diversi altri dettagli che portano alla mano di Botticelli.
8 Mi hai riferito che la pala era legata sino ad oggi a un documento che si è scoperto non riferirsi all’opera in oggetto e di un altro autore e che oggi ha fatto perdere le sue tracce.
R. Le opere di Botticelli, insieme a lui, caddero nel più totale dimenticatoio. Ognuno nel tempo ha voluto apportare una modifica al dipinto, come fosse di suo diritto, ma quello che nessuno ha osato e voluto modificare fu il volto e l’impostazione della bellissima Simonetta che oggi rivive in un territorio non suo, ma si rende in questo luogo testimone della forza che la bellezza assume, e di come essa possa sormontare qualunque difficoltà. Quest’opera di diritto del Comune di San Leo.
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