Recensioni / Cinema
A cura di Vittorio De Agrò
Il biglietto d’acquistare per “La vera storia di Victor Frankenstein” è : neanche regalato
“La vera storia di Victor Frankenstein” è un film del 2016 diretto da Paul McGuigan, scritto da Max Landis, con Daniel Radcliffe, James McAvoy, Jessica Brown Findlay, Andrew Scott.
Per favore basta! Non ne possiamo più di rivisitazioni, interpretazioni, e riletture del romanzo di Mary Shelley. La “povera” Shelley potesse tornare in vita avrebbe tutto il diritto di sporgere denuncia per oltraggio al suo estro creativo.
Lo spettatore è davvero stanco di vedere film in cui i registi tentano di essere originali e accattivanti non solo stravolgendo l’essenza e anima del romanzo, ma addirittura riscrivono la storia spostando la prospettiva dal “mostro” a quello dello scienziato e in quest’ultimo caso a quella del celebre Igor, assistente del folle e geniale Dottor Frankenstein.
Ma può Igor, il gobbo assistente, diventare bello, sorridente e dritto oltre che geniale con le sembianze di Daniel Radcliffe?
Può innamorarsi e iniziare una romantica storia d’amore con una bella acrobata da circo?
La risposta è no, non tanto perché siamo dei puristi, ma piuttosto perché la sceneggiatura è debole, confusa e priva di linearità.
Igor, secondo l’ottica dello sceneggiatore Landis, è la vera creatura creata dalla maniacale e delirante mente di Victor Frankenstein (Mc Avoy), quest’ultimo è in questa rilettura un giovane uomo schiacciato dalla dura e anaffettiva presenza paterna e dai sensi colpa per provocato la morte del caro fratello più piccolo.
Per Mc Guigan, Victor Frankenstein, è sì, un uomo di scienza, ateo, ma ciò nonostante punta a diventare una forma Dio per l’umanità in grado di poter dare la vita e di sconfiggere la morte, da considerare solo un passaggio temporaneo.
La scelta di scrivere un testo assai rischioso e potenzialmente ambizioso sulla continua lotta tra scienza e fede poteva essere interessante e avvincente, ma per poi naufragare miseramente nello sviluppo e in una messa in scena visivamente bella da vedere, ma dal punto di vista recitativo e registico assai modesti e poco incisivi.
Lo spettatore fa fatica a rimanere coinvolto in una storia che sbanda di continuo rimbalzando dal genere horror classico a un genere religioso-filosofico senza mai assumere una vera identità.
E’ un peccato avere sciupato i talenti di due giovani e promettenti attori come Radcliffe e in particolare McAvoy, il quale ci prova con passione e intensità a dare al suo Frankenstein una personalità, un’anima, ma essendo alla fine troppo eccessivo e caricaturale.
La parte finale dove finalmente il testo si ricongiunge con la storia originale , se possibile,è anche la peggiore per stile e scrittura mortificando l’idea d diversità che la scrittrice inglese ha voluto trasmetterci.
Lo spettatore non potrà fare altro dopo questo aver assistito a questo scempio di correre a casa e di rifarsi la bocca vedendosi comodamente sul divano la versione con l’indimenticabile Boris Karloff (1931) e la parodia di Mel Brooks del 1974.
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