Recensione /Cinema: In Nome di mia Figlia
A cura di Vittorio De Agrò
Il biglietto d’acquistare per “In nome di mia figlia” è: Sempre.
“In nome di mia figlia” è un film del 2016 diretto da Vincent Garenq, scritto da Vincent Garenq e Julien Rappeneau, con: Daniel Auteuil, Sebastian Koch, Marie –Josèe Croze.
Il legame che unisce un padre a un figlio è più forte di qualunque cosa e del tempo.
Per un figlio un genitore è disposto a fare e a dire qualunque cosa.
Quando per la prima volta lo teniamo in braccio la prima volta, la nostra esistenza cambia.
Quello che sto per raccontarvi non è un semplice film tratto da una storia vera, è bensì la bellissima e tragica storia d’amore di un padre nei confronti della propria figlia.
Una storia vera fino a stamattina a me sconosciuta, che la Good Films ha avuto il merito di farci conoscere e che dal 9 giugno vedremo nelle nostre sale.
Non è una storia di eroi, avventure, sparatorie e passione.
> E’ semplicemente e drammaticamente la vita di un uomo comune, un contabile francese, Andrè Bamberki (Auteuil) che aveva una bella moglie Dany (Croze) e due figli e un tranquillo lavoro in Tunisia negli anni Settanta.
Una tranquillità che subisce una prima grande scossa quando Dany accetta la corte di un fascinoso medico tedesco, Dieter Krombach (Koch), costringendo Andrè all’inevitabile divorzio.
Sei anni dopo Andrè si è ricostruito una vita e ha affianco una nuova compagna.
I figli, come purtroppo accade tra genitori divorziati, si dividono tra la Francia e la Germania dove ora vive Dany con Dieter.
E’l’estate del 1982, quando Andrè accompagna i figli all’aeroporto affinché raggiungano la madre per le vacanze.
Sarà l’ultima volta che Andrè vedrà l’amata figlia Kalinka.
Infatti, pochi giorni dopo riceve la terribile notizia dell’improvvisa morte della ragazza avvenuta nella casa di Krombach.
Andrè si precipita sconvolto e incredulo in Germania volendo sapere le cause della morte.
Ha inizio così un giallo lungo e sofferto durato trent’anni. Infatti, l’uomo con caparbietà e determinazione si rende subito conto che la ricostruzione dei fatti della morte della figlia raccontata dal Dottor Krombach è contraddittoria e soprattutto la stessa autopsia rivela l’agghiacciante scoperta di una violenza sessuale.
Andrè rendendosi conto che Krombach è l’assassinio della figlia incomincia una battaglia legale e personale per trascinare l’uomo in Francia e sottoporlo a giudizio.
> Lo spettatore assiste alla traversata del deserto di questo Don Chiosciotte francese animato dal desiderio di giustizia e soprattutto dall’amore per figlia contro la burocrazia della giustizia francese e il “mobbing” di quella tedesca.
Una tragedia che diventa farsa e ciò nonostante Andrè non ha mai il minio cedimento, nonostante la stessa Dany sia passiva e omertosa sul ruolo dell’ex amante tedesco.
Il regista Vincent Garenq in conferenza stampa ha voluto precisare che la sua intenzione in questo film non era tanto raccontare l’Odissea giudiziaria che affronta il protagonista, quanto piuttosto focalizzare l’attenzione dello spettatore sulla lucida e feroce ossessione del protagonista di dare un volto all’assassino della figlia e di processarlo.
Non è una storia di vendetta, ma semmai di ostinata fiducia nella Giustizia, infatti, Andrè non cede mai a desideri più biechi.
Una storia vera che nel corso della proiezione assume i contorni del noir e della caccia all’uomo tipica dei film americani, ma stavolta dietro non c’è una sceneggiatura ben scritta, ma la cruda, cinica e spietata verità dei fatti.
La regia di Garenq è essenziale, pulita, diretta e brava nel costruire un prodotto avvolgente, potente e d’impatto emotivo.
E’ un film che non può non scuotere il cuore e l’anima dello spettatore anche per merito dell’intensa e nello stesso tempo controllata interpretazione di Daniel Auteuil.
L’attore francese conferma il suo talento e poliedricità nell’interpretare personaggi veri senza mai eccedere e dando loro dignità e forza.
Lo stesso regista e autore Garenq ha dichiarato che fin dall’inizio della scrittura ha immaginato Auteuil per il ruolo, ritenendolo perfetto poiché già apprezzato per le sue doti nel film “Un cuore in inverno”.
Il finale è molto toccante, emozionante e intimo nel consegnare allo spettatore l’immagine di un padre che finalmente ha mantenuto la promessa fatta sulla tomba della figlia e tornare a vivere, anche se con il cuore pieno di dolore.
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