Recensione ed Eventi / Cinema
A cura di Vittorio De Agrò
Il biglietto d’acquistare per “Il viaggio di Arlo” è: 5) Sempre
“Il viaggio di Arlo” è un film d’animazione del 2015 di Pete Sohn, scritto da Meg LeFauve.
Non avremmo voluto essere nei panni dl regista e dello sceneggiatore Pixar chiamati a doversi confrontare con il campione d’incassi “Inside out”. Eppure Pete Sohn e LeFauve sono riusciti con “il viaggio di Arlo”, ha firmare un altro gioiellino della galassia Disney. E se volete, paradossalmente, vincono la sfida abbassando l’asticella dei contenuti e la complessità della scrittura che aveva reso “Inside Out” un film poco adatto ai bambini.
“Il viaggio di Arlo” si muove all’interno del solco narrativo dei film Disney più classici avendo chiaramente “Il Re Leone” come punto di riferimento.
Arlo è un dinosauro, il terzo figlio di una famiglia di apatosauri contadini impegnati nel duro lavoro dei campi.
Arlo non ha ancora trovato la sua strada, un’identità precisa e soffre nel non poter reggere il confronto con i fratelli e di non essere un figlio degno di stima per il padre Papo. Un padre che in vero è certo del valore del figlio e cerca in tutti i modi di spronarlo e scuoterlo fino al giorno in cui perderà la vita mentre sono sulle tracce di un predatore che gli deruba delle loro riserve di grano. Un atipico predatore avendo le sembianze di un bambino delle caverne che dopo un’iniziale diffidenza stringe da parte di Argo ritenendolo responsabile della morte di suo padre, diventerà il suo compagno nel viaggio che il nostro protagonista compierà per tornare a casa.
Attenzione però alla parola “viaggio” che nel nostro caso ha una doppia valenza: letterale e morale. La prima permette allo spettatore di seguire le avventure della simpatica coppia e agli incontri che faranno con i diversi personaggi che abitano il pianeta dai dinosauri allevatori ai predoni e infine agli sciacalli. Ciò che però piace e commuove di più è il viaggio interiore che compie Arlo. Lo spettatore lo accompagna nel passaggio dalla fase adolescenziale a quella adulta. Un percorso lungo il quale riesce a prendere coscienza delle proprie potenzialità, togliendosi di dosso le proprie sicurezze e soprattutto può guardare in faccia le proprie paure e andare oltre.
Ci sentiamo tutti un po’ Arlo e lo siamo stati in momenti diversi delle nostre vite e magari in formule diverse abbiamo affrontato lo stesso viaggio. Arlo cambia, matura, diventa grande e scopre in Spot un amico, una figura familiare con cui condividere le proprie paure, sogni e desideri. Arlo e Spot così diversi così uguali, Il primo parla per entrambi. Il secondo ascolta, grugnisce diventando però il punto di riferimento e modello di coraggio e istinto da seguire .E’ un film delicato e affascinante per merito dall’ambientazione naturalistica e paesaggistica ricostruita in maniera davvero credibile e veritiera. Un film semplice, pulito e dotato di umanità e di calore che ruota intorno ad un’all’idea di famiglia come punto di riferimento. Il finale toccante e intimistico piace e commuove confermando che a volte il silenzio e le immagini valgono più di molte inutili parole.
Il viaggio di Arlo è stato anche il nostro e il suo mettere l’orma accanto a quella del padre non può non essere uno stimolo per tutti noi a fare lo stesso.
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